venerdì 30 dicembre 2022

Cambia il clima sull’Italia

In un comunicato stampa di oggi Legambiente definisce il 2022 appena trascorso “anno nero” per il clima nel nostro Paese. I dati riportati sono pesanti ed in effetti confermano ciò che a memoria ricordiamo dell’anno appena trascorso: eventi meteorologici estremi sempre più frequenti, frane, alluvioni, colate di fango, caldo forte di lunga durata in estate, assenza di neve in inverno e scarsità sui monti, piogge e nebbie. Le “quattro stagioni” sembrano un ricordo lontano, a parte l’estate dalle tinte sempre più africane.


Passando ai numeri, gli eventi meteorologici estremi sono aumentati di +55% in un solo anno, e nello specifico, si è trattato di 310 fenomeni meteorologici e idrogeologici intensi capaci di causare danni alle persone o alle infrastrutture, con 104 alluvioni, 81 trombe d’aria e venti forti, 29 grandinate, 18 mareggiate, 11 frane, 13 esondazioni fluviali, e 28 casi di danni causati da siccità prolungata. I danni alle persone sono stati anche gravissimi, con 29 morti. Tutte le regioni sono state colpite, da Nord a Sud.

Il 2022 si caratterizza anche per un lungo periodo di siccità. Secondo l’istituto ISAC del CNR, nei primi sette mesi dell’anno le piogge sono diminuite del 46% rispetto alla media degli ultimi trent’anni. Ricordiamo tutti la prolungata secca del Po, e l’abbassamento del livello delle acque nei grandi laghi subalpini. 

Il caldo estivo è stato eccezionale, con temperature in giugno e luglio al di sopra della media di oltre 3 gradi, e durata fuori dall’ordinario di oltre tre mesi. Non sono mancati picchi dannosi per la salute umana, come in agosto quando le temperature hanno superato i 40 °C a Palermo, Catania, Reggio Calabria. Queste cifre hanno conseguenze devastanti: secondo il Ministero della Salute, sono stati oltre 2300 i decessi causati dalle ondate di calore anomale. 


E fa bene Legambiente a ricordare i casi emblematici, fra le alluvioni nelle Marche, a Ischia, e forse quello che colpisce di più, il distacco di una porzione del ghiacciaio della Marmolada lo scorso 3 luglio, con la conseguenza di 11 vittime e 8 feriti che si trovavano sul posto. Il fatto che un ghiacciaio sia già in sofferenza all’inizio dell’estate dà una misura del problema e un quadro molto preoccupante della situazione.

Le grandi montagne sono, nel nostro immaginario, quanto di più poderoso la Natura abbia creato. Ce le immaginiamo lì dove si trovano da sempre, immutabili, enormi, solide, e i ghiacciai che le ricoprono ci sembrano immensi, irraggiungibili, inattaccabili. Ora non lo sono più, siamo arrivati alla loro portata e li stiamo sciogliendo, poco a poco ma inesorabilmente. Poche cose ci appaiono così possenti come le montagne. Poche cose ci ricordano così profondamente che stiamo attaccando i sistemi naturali con forza e durata mai viste prima nella storia umana. L’enorme catino, l’ammanco di ghiaccio sulla vetta della più grande montagna delle Dolomiti è un monito, non dimentichiamolo, e non è retorica ricordarlo. 


“I monti stanno immobili, ma noi dove ci fermeremo?” 

Friedrich Hölderlin



Il comunicato stampa di Legambiente si trova al seguente link:


https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/emergenza-clima-il-2022-anno-nero/


venerdì 2 dicembre 2022

Piccoli passi avanti (a voler essere positivi)

 Davvero non c’è molto da dire sugli esiti della recente CoP 27, visto che non sono riusciti ad accordarsi su limiti alle emissioni, a parte però una novità importante: la creazione del fondo di sostegno ai Paesi più colpiti dal cambiamento climatico. 

Dopo trent’anni di dibattito, infatti, è stato deciso di creare il fondo Loss and Damage con cui sarà possibile rimediare alle perdite e ai danni causati dagli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti per il climate change nei Paesi in via di sviluppo che sono maggiormente esposti nonostante non abbiano contribuito al problema. 

Si tratta di un risultato lungamente atteso e fondamentale nel procedere all’adattamento e alla mitigazione della crisi climatica globale per una serie di ragioni: la giustizia climatica, perché questi Paesi subiscono danni ingenti dovuti ad un fenomeno a cui non hanno partecipato e di cui non sono beneficiari in termini di sviluppo economico tradizionale, la spinta alla migrazione, dato che una parte rilevante dei migranti sono migranti ambientali che fuggono da condizioni insostenibili in territori che un tempo consentivano almeno un’economia di sussistenza, lo sviluppo sostenibile senza passare (o quasi) da quello tradizionale, visto che numerosi Paesi in via di sviluppo devono avere la possibilità di passare direttamente alle fonti rinnovabili e alle tecnologie moderne di risparmio energetico senza attraversare due secoli di inquinamento come il mondo occidentale ha fatto altrimenti l’obiettivo di +1,5°C sarebbe largamente fuori portata.

Dunque una notizia positiva c’è, anche se siamo consapevoli che non basta. Come ha detto il Segretario generale dell’ONU Antonio Guterres “CoP 27 si è conclusa con molti compiti e poco tempo”.


Un’altra notizia positiva, almeno nelle premesse, arriva sul fronte della deforestazione con l’elezione nuovamente di Lula al governo del Brasile. Come sappiamo, le foreste soprattutto quelle considerate “primarie” o comunque in ottimo stato ecologico, sono uno dei pilastri del mantenimento di un clima vivibile sulla Terra e l’enorme foresta dell’Amazzonia, con la sua ricchezza di specie animali e vegetali e la sua estensione, è uno dei fattori irrinunciabili. Lula ha partecipato alla CoP 27 in Egitto insieme a Maria Osmarina da Silva Vaz de Lima, già ministra dell’Ambiente brasiliana nel mandato di Lula del 2003-2008, che si è espressa con chiarezza contro la deforestazione e in salvaguardia delle minoranze etniche che abitano l’Amazzonia. Dopo i disboscamenti di Bolsonaro speriamo che il nuovo governo inverta la rotta, anche in collaborazione con gli altri Paesi. Anche in questo caso, è un tema di giustizia: se il Brasile (e non solo, ma tutti i Paesi che possiedono sul loro territorio un bene naturale importante per il mondo) ha una risorsa di così grande valore deve essere aiutato a conservarla, cioè a non intaccarla per ragioni economiche. La foresta dell’Amazzonia, così come le altre foreste rimaste quasi intatte nel mondo (e sono ormai poche), costituisce un bene fondamentale per tutti e tutti devono contribuire alla sua conservazione.

Speriamo dunque che lo spirito torni ad essere quello del “summit per la Terra” di Rio de Janeiro del 1992, non per niente organizzato nei pressi della foresta più grande del mondo.


Sul fronte energetico, il nuovo governo italiano per ora parla solo del costo delle bollette, che va bene ma non basta, e staremo a vedere quali politiche energetiche metterà in atto. Il fatto che Cingolani sia rimasto consulente del Ministero dell’Ambiente è a mio parere un fatto positivo viste le sue competenze in materia. Vedremo nei prossimi mesi, ma ora si può già affermare che il tema del passaggio ad un sistema energetico più pulito e magari capace di coinvolgere il sistema industriale, dei servizi, dell’edilizia,  deve tornare centrale in una prospettiva di sviluppo sostenibile.






giovedì 10 novembre 2022

Sono trent’anni, ma è (sempre) il momento di fare sul serio

 Ci siamo, è da poco iniziata la CoP 27, ovvero la ventisettesima (!) Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) la Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Questa volta si tiene a Sharm el Sheikh, in Egitto, dove sono attesi i leaders di tutti, si spera, i Paesi del Mondo. 

In questi giorni, estenuanti trattative, come ogni volta, cercheranno di ottenere accordi per limitare le emissioni climalteranti ed evitare che il cambiamento del clima terrestre vada fuori controllo. Quest’anno sono trascorsi esattamente trent’anni dal 1992, anno in cui si tenne lo storico Summit della Terra a Rio de Janeiro, spartiacque fra il mondo dello sviluppo economico irresponsabile riguardo le conseguenze ambientali e il mondo che ha acquisito una coscienza delle conseguenze globali delle proprie azioni. Il tema degli effetti planetari dell’inquinamento dell’aria causato dalle attività economiche è quindi entrato nella politica attiva da almeno trent’anni, ma nonostante tale rilevante periodo di tempo ancora oggi si fatica ad assumere un punto di vista scientifico ambientale nelle scelte politiche concrete e negli orientamenti dei partiti, in ogni Paese. In Italia, questo rimane un grande (forse il maggiore) vulnus nella teoria e nella pratica politica, con pochissime analisi e ancora meno revisioni. Ora il massimo che si riesce ad ottenere è che l’aspetto tecnico che questi temi includono sia affidato a tecnici, non sempre, ma se accade è già un passo in avanti.  

Tre anni dopo gli accordi di Rio si tenne la prima Conferenza delle Parti a Berlino, nel 1995. Da allora sono state organizzate 27 CoP, e il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi, e il problema non accenna ad essere risolto, anzi peggiora. Se volessimo sintetizzare brevemente quali siano stati gli effetti di tali impegni, si potrebbe ridurre ad una frase: non siamo fuori dalla fase più difficile, ma è stato evitato il peggio. In altre parole, il mondo sta ancora andando verso una gravissima crisi climatica, ma la velocità con cui si sta muovendo il tal senso è un po’ inferiore a quella che si avrebbe se non avessimo fatto nulla sin qui. In sostanza abbiamo contenuto le emissioni, e le loro conseguenze, in un andamento che resta in crescita. 

Per risolvere davvero il problema dobbiamo ora agire con maggior decisione rispetto al passato, limitando fortemente gli inquinanti derivanti dalla combustione di composti contenenti carbonio, e facendolo a livello mondiale. Volendo essere pessimisti, la sfida appare davvero enorme e quasi impossibile da farsi in tempi brevi, ma vale anche il contrario, ovvero volendo essere ottimisti, non è da trascurare il fatto che la generazione attuale al governo in tutto il mondo è mediamente diversa da coloro che governavano trent’anni fa: ha acquisito consapevolezza del problema e non lo nasconde come era d’uso anche soltanto dieci o quindici anni fa. Contemporaneamente, le tecnologie che consentono di evitare i combustibili fossili sono più diffuse e meno costose, e possono trasformare i Paesi di più antica industrializzazione e sostenere i Paesi in via di sviluppo nel loro percorso. Non hanno controindicazioni. Sono alla portata. 

Uno dei nodi da risolvere, di cui si parla ogni volta alle CoP, è quello della giustizia climatica, in base al quale i Paesi che hanno goduto di un lungo periodo privo di vincoli ambientali e sono più ricchi ora hanno l’obbligo morale di aiutare i Paesi che hanno inquinato di meno a passare direttamente alle fonti pulite e a proteggersi dai fenomeni legati al cambiamento climatico che già li investono. Un’analisi delle ragioni che spingono i migranti ad attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa porterebbe facilmente al problema del cambiamento del clima locale che riguarda molte zone dell’Africa, ma invece di approfondire questi aspetti si preferisce fare demagogia sulla pelle di coloro che si trovano a fuggire dalla propria casa su barconi e gommoni, dando una prova chiarissima del basso livello del dibattito che prevale nella  politica italiana. 

Al punto in cui si trova l’Italia, e tutta l’Europa, la speranza è che si promuovano fonti pulite, efficienza, stili di vita sostenibili, cooperazione con gli altri Paesi con intensità maggiore, senza fermarsi e nemmeno temporeggiare. Sono anni che l’elettricità pulita nel nostro Paese è ferma intorno al 35% - con variazioni dipendenti dalle condizioni stagionali - e nessuno ha mai chiarito le ragioni per cui ci si è fermati lì. Occorre procedere e smetterla di attribuire difficoltà inesistenti. Dobbiamo fare la nostra parte e abbiamo solo da guadagnarci sotto ogni profilo, ambientale ed economico. 

La CoP 27 di Sharm è in corso, e vedremo quali risultati porterà. Una cosa è certa, ovvero il fatto che è importantissima, il fulcro attorno al quale ruota il nostro futuro, e la seguiremo ogni giorno, come sempre da trent’anni. 

Per saperne di più, il sito ufficiale dell’UNFCCC e della CoP27 è il seguente:

https://unfccc.int/cop27




lunedì 24 ottobre 2022

Record solare in Europa

 A volte è bello leggere anche notizie positive, o fermarsi ad osservare gli aspetti positivi che pure ci sono e possono aiutare a perseguire la via giusta per uscire dalla crisi energetica e climatica (ma non solo) che stiamo vivendo. 

Secondo il think tank Ember, che opera per promuovere il passaggio nel mondo dalle fonti fossili alle fonti energetiche pulite stando a quanto si legge sul sito, in Unione Europea la scorsa estate abbiamo raggiunto una produzione solare record, addirittura il 12% dell’elettricità, aumentando notevolmente la quota rispetto alla stagione precedente, quando ci si fermava soltanto al 9%. Si tratta di un dato incoraggiante. Il sito di Ember è molto chiaro e ricco di dati, ma scarno di parole per cui occorre avere già un’idea del tema di cui si occupa. Vale la pena di consultarlo se si è alla ricerca di numeri, grafici e indicatori utili sul tema energetico con la finalità di favorire il passaggio alle energie rinnovabili. Riporto l’indirizzo in calce.  

Secondo lo studio riguardante l’Europa, il 12% di solare ha consentito di risparmiare 29 miliardi di euro di gas, stimati sul prezzo medio del gas nel periodo fra maggio e agosto 2022.  In termini di produzione energetica si tratta di 99,4 TWh, una quantità senza dubbio rilevante che sommata alla altre fonti rinnovabili segna cifre sempre più importanti (ricordate quando Ministri in carica sostenevano che con le rinnovabili si poteva raggiungere solo lo zero virgola?). In percentuale, le principali riguardano il 12% di eolico e 11% di idro, quote non lontane dal 16% del carbone, ancora diffuso un molti Paesi dell’Unione. 

I record solari sono stati battuti in 18 dei 27 Paesi UE, mentre 10 Stati superano il 10% di elettricità solare, con le quote maggiori spettanti a Olanda (23%), Germania (19%) e Spagna (17%). Per confronto, il solare fotovoltaico in Italia contribuisce all’elettricità mediamente per circa 8-9% (dati Terna).


Sostiene Ember che per raggiungere gli obiettivi a protezione del clima che l’UE si è data al 2030 questo tasso di crescita deve continuare regolarmente, evitando colli di bottiglia rappresentati dalle regole e alle decisioni interne a ciascun Paese - come è accaduto in Italia, ne abbiamo parlato nel post precedente. Risulta chiarissimo anche il fatto che il solare e tutte le fonti rinnovabili possono dare un contributo importante nel momento in cui la pratica normale finora di acquisto di una quota rilevante di gas dalla Russia è messa in discussione dalla crisi in corso, e speculazioni sui mercati rendono estremamente volatili i prezzi dell’energia. In Italia sarebbe ora che si superassero veti e blocchi burocratici che possono solo danneggiare il settore e ovviamente i cittadini in conseguenza dell’inerzia.


Sul sito sono presenti anche grafici molto chiari riguardo gli andamenti e le prospettive, utili per stabilire politiche energetiche opportune.

Il link è il seguente: 


https://ember-climate.org/insights/research/record-solar-summer-in-europe-saves-billions-in-gas-imports/ 



 


giovedì 13 ottobre 2022

La credibilità ambientalista si conquista con i fatti, non con le parole

 “11 GW di nuove rinnovabili italiane sbloccati nel 2022, di cui 9,5 GW pronti ad entrare in esercizio nei prossimi mesi e nella prima metà del 2023. Cifre che fanno impallidire i risultati degli anni precedenti e che racconta una nuova fase di crescita per l’energia pulita nazionale. I numeri li ricorda oggi il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE) in una nota stampa, con l’obiettivo di fare chiarezza tra quanto già fatto dal Governo per sostenere le FER e quanto ancora da fare. Un intervento che cerca di rispondere alle diverse polemiche e preoccupazioni in merito al completamento dell’assetto normativo, e su cui oggi pesa (e non poco) il cambio di Esecutivo.”

Questo è quanto si legge sul sito www.rinnovabili.it in merito alla situazione riguardante le nuove rinnovabili. La speranza è che il nuovo esecutivo non fermi un processo che va invece alimentato, senza deviare su binari impercorribili a breve, privi comunque di benefici immediati e problematici (come, ad esempio, il nucleare). A questo proposito, vedremo cosa saprà fare il governo e chi saranno i Ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente, che usualmente includono le deleghe relative all’energia.

Non si sentiva parlare da tempo del tema energetico con l’intensità attuale, dovuta al contesto che tende ad allontanarci dal gas metano, sia pure in prospettiva, e ad avvicinarci a forti produzioni rinnovabili, accompagnate da risparmio energetico. In realtà, avremmo dovuto introdurre misure di contenimento dei consumi ben prima dell’attuale crisi energetica e avremmo dovuto farlo per ragioni climatiche e ambientali: chiudere le porte dei negozi con il riscaldamento o il raffrescamento in funzione, abbassare l’illuminazione pubblica nelle ore centrali della notte, evitare di vivere in case riscaldate a 25 gradi in inverno sono misure di buon senso se si tiene conto di ciò che comporta produrre energia, soprattutto se viene prodotta in modo tradizionale con le fonti fossili inquinanti. Ma l’ambiente fatica a farsi rispettare oltre le chiacchiere in proposito, e le misure serie vengono prese solo in stato di emergenza.

Politicamente, il Paese ora sarà governato dalla coalizione di centrodestra, che di sicuro non ha mai brillato sul fronte ambientalista e in particolare su quello del rapporto fra energia e ambiente, accanto ad una minoranza di centrosinistra molto ristretta in Parlamento (penalizzata dalla legge elettorale in vigore) che dal canto suo allo stesso modo non ha mai brillato sul fronte ambientalista, eccezion fatta per alcuni (pochi) provvedimenti a volte assunti. L’Italia è infatti ferma da anni riguardo le nuove installazioni di eolico e fotovoltaico, con le rinnovabili che nell’insieme si attestano intorno al 35-38% sul totale elettrico, e della scelta di rallentare la diffusione delle rinnovabili che ora ci penalizza sono responsabili anche governi di centrosinistra, come il governo guidato da Matteo Renzi, all’epoca nel Partito Democratico. La ragione per cui ci si dovesse fermare intorno al trentacinque per cento (dell’elettricità) non è chiara, mentre è chiaro il favore fatto ai grandi gruppi del gas e del petrolio. Se qualcuno vuole ricordare entrando un minimo nel dettaglio cosa è successo alcuni anni fa, c’è un dossier di Legambiente molto chiaro all’indirizzo riportato in calce: i grafici in particolare sono molto eloquenti e mostrano il crollo degli investimenti nelle rinnovabili durante i governi Monti, Letta e Renzi negli anni 2011-2016.


Ha fatto bene Enrico Letta a scegliere in questa campagna elettorale di promuovere il tema ambientale ed energetico, ma farlo ora dopo che governi di centrosinistra (incluso il suo prima di Renzi) sono stati attivi nel rallentare o peggio nell’arrestare la grande crescita delle fonti pulite che si era faticosamente riusciti a creare, non appare credibile e l’elettorato non è più disponibile a cascarci. Fate le cose quando siete al governo, invece di parlarne per poi farne altre, e forse riguadagnerete la fiducia degli elettori - fra i numerosi suggerimenti che piovono da ogni parte orientati a portare il Partito Democratico fuori dalla débâcle in cui si trova questo forse è tra i più efficaci.


Dunque, ora non ci resta che stare a vedere cosa accadrà con il nuovo esecutivo, ma la spinta

derivante dalla situazione geopolitica che si è venuta a creare è notevole e, se ben gestita, può portare ad indirizzare la società verso la costruzione di un sistema energetico complessivamente migliore di quello del passato.


Il brano iniziale è tratto dal sito di Rinnovabili.it:


https://www.rinnovabili.it/energia/politiche-energetiche/nuove-rinnovabili-italiane-sbloccati-11-gw-2022/


Il dossier di Legambiente “Stop alle rinnovabili in Italia” si trova al seguente link:


https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/dossier_stopallerinnovabiliinitalia2015.pdf





 


venerdì 16 settembre 2022

Per adattarci a catastrofi quotidiane: fare marcia indietro

 Immenso, profondo cordoglio per le vittime, i familiari delle vittime, l’intero disastro causato dall’alluvione che ha coinvolto una parte delle Marche. Onde di piena che hanno travolto ogni cosa, fango a fiumi, tanta pioggia in poche ore quante ne cade abitualmente in un anno. Una catastrofe.


Una delle tante, catastrofi. Perché questo è il nuovo clima, di oggi e di domani, quello che noi abbiamo generato con secoli di emissioni inquinanti che hanno alterato l’atmosfera dell’intero globo. Dopo una lunghissima estate calda, soffocante, con picchi di 39-41°C, iniziata in maggio e che ancora in settembre continua al sud, le prime perturbazioni arrivano su un territorio secco, un mare caldissimo, e scaricano tutta la loro potenza fatta di acqua e vento. Di acqua c’era bisogno, ma come i climatologi evidenziano, essa arriva sempre più concentrata, non diffusa per il bene del terreno, ma in forma di diluvio che spazza via la parte superficiale, inondando ovunque.

Se questo è il nuovo clima, domandiamoci se i nostro territorio è gestito al meglio per farvi fronte. La risposta è no, non lo è, al contrario, il Bel Paese è stato nel tempo ampiamente cementificato, sono state lottizzate ampie porzioni per farne villette a schiera, o capannoni senza criteri adeguati al terreno su cui si trovano, sono state costruite città o paesi dove passano fiumi costretti fin sotto alle case, ci sono interi villaggi costruiti dentro le aree golenali, sono stati canalizzati i fiumi, bonificate le paludi, tagliati boschi e trasformati campi arati in centri commerciali. Abbiamo bisogno di centri commerciali? Ce ne sono ovunque e ti vendono di tutto, sempre dotati di ampi parcheggi mentre se cerchi un parcheggio altrove ci passi un’ora, supermercati dove si spende, a detta loro, sempre meno, senza che nessuno si interroghi sulle ragioni del basso costo - magari facilmente individuabili nello sfruttamento della manodopera. (Poi fanno credere ai commercianti col piccolo negozio che il loro problema siano le tasse, ma questa è un’altra storia).

Cosa possiamo fare per porre rimedio? Per adattarci al nuovo, brutto, clima? Rinaturalizzare. Togliere di mezzo le cementificazioni che trasformano i fiumi in scivoli velocissimi per l’acqua, abbattere (proprio cosi) tutte le costruzioni che si trovano in aree pericolose, piantare alberi, ricreare paludi. RICREARE PALUDI: un controsenso dopo che le abbiamo distrutte per secoli e lo stesso vocabolo “bonifica” allude a qualcosa di buono. Invece va fatto, scegliendo accuratamente il luogo. Se vogliamo difenderci, dobbiamo prendere esempio dai sistemi naturali e dalla loro resilienza, flessibilità, adeguatezza. 

E infine, dobbiamo smetterla di consumare suolo. Anche in questo caso, un appunto per coloro che operano nelle istituzioni: “smettere” significa fare basta adesso, non fra dieci anni. Consumo di suolo zero significa zero adesso. Non va posto più un mattone su suolo nuovo, va invece ricostruito dove esiste già, magari con l’obiettivo del risparmio energetico.

Se non facciamo pace con la Natura, dopo esserci illusi di poterla dominare, sarà lei a distruggere noi e il nostro modo di vivere imbelle.






venerdì 2 settembre 2022

Una riforma non più rinviabile

 L’Unione Europea sta preparando “un intervento di emergenza e una riforma strutturale del mercato dell’energia”. Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen durante una conferenza stampa a Bled in Slovenia.

“L’impennata dei prezzi dell’elettricità mostra chiaramente i limiti dell’attuale funzionamento del mercato che era stato concepito in un contesto molto diverso”, ha detto Von Der Leyen. Il tema della continua impennata dei prezzi del gas e della necessità di una riforma del mercato sarà oggetto di discussione nella riunione di emergenza dei ministri dell’Energia dell’UE che si terrà a Praga il 9 settembre. (Il Sole 24 Ore del 29 agosto).


Il passo più importante da fare è proprio questo, una vera riforma del mercato dell’energia, altrimenti non saremo in grado di affrontare il problema degli altissimi costi che vanno a gravare su imprese e cittadini. La riforma deve essere europea, non ci sono gli estremi per intervenire su scala nazionale, come alcuni hanno proposto, in un sistema energetico fortemente interconnesso sia fisicamente sia commercialmente. Il fatto che la Spagna sia intervenuta per calmierare il prezzo del gas è dovuto alla peculiarità del suo sistema, con poche connessioni col resto d’Europa e una forte presenza delle rinnovabili - già oggi l’eolico da solo eguaglia in potenza i cicli combinati a gas, e il PNIEC spagnolo punta al 74% di rinnovabili al 2030. 

Attualmente, il prezzo del gas naturale in tutta Europa si forma al TTF (Title Transfer Facility) in Olanda. Tempo fa, per via dei prezzi allora generalmente più bassi sul mercato spot il medesimo venne preferito ai più sicuri contratti a lungo termine, andando incontro però ad un rischio maggiore di volatilità. Dapprima, il risveglio economico seguito ai lockdown mondiali a causa della pandemia poi la guerra della Russia contro l’Ucraina hanno generato la possibilità di speculazioni e di politiche volte a peggiorare la situazione (Putin ha compreso subito quale fosse la sua arma migliore contro l’Europa), ed il prezzo del gas ha cominciato ad oscillare vertiginosamente verso l’alto. Il prezzo dell’elettricità su base oraria, giorno per giorno,  si forma in base al “prezzo marginale”, ovvero l’ultimo kilowattora più caro che in quel momento va a soddisfare la domanda: quindi il prezzo del gas trascina con sé anche quello dell’elettricità, soprattutto in Paesi come il nostro in cui l’elettricità è fatta principalmente con il gas. Però anche da noi le rinnovabili coprono sempre più una parte consistente della generazione elettrica, e non si vede perché dovremmo pagare l’elettricità prodotta con l’acqua, il Sole o il vento al prezzo di quella prodotta con il gas. E’ del tutto evidente che bisogna sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del gas, visto che i tempi sono cambiati e regole stabilite anni fa non hanno più ragione di esistere. 

Abbiamo mercificato tutto ed affidato il metano ai futures e ai derivati, ma per ora Sole e vento sono ancora liberi ed inesauribili - non giurerei sul fatto che a nessuno verrà in mente di farlo - e possono contribuire in misura determinante alla generazione elettrica. Nella fase attuale e nel futuro prossimo sarà ancora presente una quota di metano, che può dare stabilità al sistema elettrico soprattutto in presenza di una quota rilevante di rinnovabili intermittenti, con le fonti rinnovabili, e senza carbone e petrolio (quest’ultimo resterà, per un periodo almeno, limitato al settore dei trasporti).

Quanto alle misure per il risparmio energetico, esse sono sacrosante: dovremmo risparmiare energia per rispondere alla crisi climatica e ambientale e dovevamo farlo ben prima della crisi energetica. Come l’orchestra del Titanic, continuano a suonare mentre affondiamo, reagendo solo se scoppia una crisi che investe l’economia. Invece,  le porte chiuse nei negozi quando hanno riscaldamento o condizionamento acceso, i termosifoni a temperature ragionevoli e non da Tropici in gennaio, le luci delle insegne spente di notte, insieme alle mille soluzioni che la tecnologia ci offre, come i lampioni stradali che si accendono solo quando passa qualcuno, dovrebbero essere una risposta messa in campo già da anni per contenere un cambiamento climatico che investe la nostra società e la nostra stessa vita in misura potente e grave. Questo momento di crisi energetica può a questo punto diventare occasione, se ben gestita, per cambiare davvero direzione, verso un futuro di bassi consumi, efficienza e fonti energetiche pulite.





martedì 16 agosto 2022

Che gli eletti facciano la loro parte sulla transizione energetica

Bene, ora che conosciamo le liste elettorali per le elezioni del 25 settembre prossimo siamo a posto e possiamo passare ai problemi concreti. Con una postilla: che le rinnovabili corrono seri rischi, poiché se la sinistra è mediamente scarsa sulle politiche energetiche e ambientali, la destra è zero. Il rischio concreto se vincerà la destra, come prevedono tutti i sondaggi, è che si progettino centrali nucleari (di III Generazione, poiché la IV ancora non c’è) da sistemare sul nostro territorio, e si arresti quel poco che si sta facendo per la transizione ecologica nel campo dell’energia, e in ogni altro campo. Una prospettiva buia che spazzerebbe via le incertezze del passato, contenenti comunque aperture, scegliendo nettamente la strada del ritorno al nucleare e alle fonti fossili.

Sull’ultimo numero della rivista Qualenergia, dal titolo “Come uscire dalla crisi del gas”, sottotitolo “Sobrietà, rinnovabili ed efficienza”, a pagina 11 Sergio Ferraris scrive: “L’eolico off-shore galleggiante è una delle nuove frontiere delle rinnovabili. Le pale eoliche galleggianti offrono solo vantaggi. Sono installabili tra i 20 e i 40 km dalla costa e nonostante i loro 250 metri d’altezza appaiono all’orizzonte come una pagliuzza alta 6 millimetri a un metro di distanza, hanno un capacity load elevato del 40% e consentono delle eccellenti economie di scala viste le grandi potenze delle singole pale, oggi di 15 MWe. Oltre a ciò sono un’ottima occasione di sviluppo dei territori. Gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna, la Scozia e persino la Grecia stanno ristrutturando alcuni porti per renderli dei veri e propri hub per l’eolico off shore galleggiante, mentre sul fronte italiano tutto sembra bloccato, nonostante te siano arrivate a Terna 31 GWe di richieste d’allacciamento per quest fonte rinnovabile.(...)”.  Aggiungiamo che l’eolico off shore (sistemato cioè al largo della costa marina) non presenta evidentemente i problemi paesaggistici che spesso ostacolano lo sviluppo dei parchi eolici sulla terraferma.

Ora, come sia possibile che in Italia ancora oggi tutto sembri bloccato, come sia possibile che arriviamo sempre in ritardo, che nessuno riesca a sveltire gli iter e aprire varchi nelle selve burocratiche che frenano il nostro Paese lasciandolo sempre dov’è, rimane in gran parte un mistero. Dei meandri decisionali i cittadini non sanno nulla. Ma sarei pronta a scommettere che se qualcuno si muovesse per costruire una centrale nucleare, o una a carbone, gli iter miracolosamente velocizzerebbero il tutto, con grande soddisfazione dei portatori degli interessi in gioco. Resta il fatto oggettivo che i cittadini hanno fermato il nucleare due volte, e possono farlo anche una terza volta.

In Emilia Romagna si parla da tempo della realizzazione di impianti eolici al largo della costa ravennate e riminese. Troppo spesso però gli enti locali hanno espresso dubbi e perplessità che speriamo ora vengano superati: lo stesso Presidente Stefano Bonaccini ha più volte ribadito che l’amministrazione regionale intende andare avanti con l’eolico off shore. Sarebbe davvero una svolta notevole, un beneficio per la regione e per il nostro Paese, un segnale che si possono fare davvero cose concrete, al di là delle parole.

Nel contempo, Ravenna si è candidata ad ospitare un rigassificatore, ovvero una nave che contiene un impianto capace di riportare il gas liquefatto (condizione necessaria al trasporto via mare) allo stato aeriforme. Da tempo sostengo che sono necessari in Italia alcuni rigassificatori per diversificare i Paesi di approvvigionamento del gas, dato che 60 Mtep di gas naturale non sono sostituibili immediatamente con fonti rinnovabili. Non c’è alcun dubbio che nessun rigassificatore sostituirà mai un tubo diretto, e che rigassificare richiede energia, ma la situazione attuale non lascia altre vie d’uscita, almeno temporaneamente.

Il vero punto centrale è che le scelte vanno fatte nell’ottica della decarbonizzazione, ovvero contenendo i consumi energetici, migliorando l’efficienza e promuovendo le fonti rinnovabili. Si tratta di una prospettiva perfettamente realizzabile e a cui dobbiamo dedicarci con impegno. La crisi climatica globale richiede un cambiamento radicale e urgente che può, se ben condotto, costituire un beneficio per la nostra società. 

Dunque, se una richiesta pressante va fatta a coloro che saranno eletti in Parlamento e a coloro che costituiranno il nuovo Governo essa è che non fermino le rinnovabili, già troppe volte ostacolate, e che non arrestino la cosiddetta transizione ecologica, perché sarebbe un danno gravissimo, forse il peggiore che potrebbero fare.






 



mercoledì 10 agosto 2022

In sintesi

 Oggi, per punti:


. i giochi non sono fatti, non si vince nei sondaggi, ma nelle urne;

. serve puntare ai contenuti, creare consenso nel merito, e finirla con i dettagli sulle alleanze;

. riguardo le liste, non considero uno scandalo che vi siano alcune candidature che non provengono dal territorio interessato, purché il metodo e il merito siano sensati, a partire dalle competenze e dalle qualità riconosciute del candidato;

. a tutti coloro che si improvvisano esperti di energia nei salotti tv va detto con grande rispetto che non si tratta di un tema che si può improvvisare, come emerge dal livello del dibattito medesimo che si viene a creare;

. a tutti coloro che si improvvisano esperti di energia nei salotti tv della destra tassapiattista va detto con chiarezza che IL NUCLEARE DI IV GENERAZIONE ANCORA NON ESISTE.


Col caldo, bisogna essere sintetici.




giovedì 4 agosto 2022

Votiamo candidati che mettano al primo posto il cambiamento climatico e la transizione ecologica dell’economia e dell’energia

 Come sempre, anche se forse non viene percepito come si dovrebbe, gli elettori hanno una grande forza in quanto possono orientare l’esito del voto andando oltre la semplice scelta della formazione politica. I candidati hanno - eccome - un peso negli esiti e ne va tenuto conto, magari con una selezione tematica che oggi può essere decisiva.

Il tema della crisi climatica è sotto gli occhi di tutti, e la necessità di costruire un sistema economico, sociale, finanziario, industriale, agricolo e dei servizi sostenibile è la chiave di volta di qualsiasi strada per il futuro, il perno di ogni cosa, e di questo parliamo da anni su questo blog (colgo l’occasione per ringraziare chi mi segue). Oltre ad essere fra le fondamenta, si tratta anche di una questione urgente, non più rinviabile, e richiede competenza. 

Possiamo fare in modo che questo punto sia un criterio selettivo. 


Su questo mi esprimo con una dichiarazione di voto: NON voterò nessuno che non ponga il tema del cambiamento climatico e della transizione ecologica dell’economia e dell’energia al primo posto. Nessuno che non abbia competenze in materia. E invito tutti a fare altrettanto. 


Chissà che non riusciamo ad incidere sull’ottusità dei partiti politici, capaci di parlare di ambiente ma non di fare scelte concrete.







sabato 30 luglio 2022

La sfida ambientale? E’ alla base di tutto

 Ciò che è successo sulla scena politica italiana ha lasciato sgomenti, ma dopo la sorpresa iniziale (seppure preceduta da qualche avvisaglia) va fatto un passo avanti sulla base di considerazioni razionali e non basate sull’emotività del momento. Il 25 settembre si vota e non sarà facile portare elettori ai seggi, in periodo estivo, dopo uno spettacolo che certo non depone a favore di una ritrovata serietà della politica. Come era prevedibile, i partiti, e nello specifico i partiti della destra (speriamo solo italiana) affiancati dai 5Stelle, sotto gli occhi di tutti hanno silurato Mario Draghi probabilmente soltanto sulla base di un calcolo di convenienza che li vedrebbe ora favoriti alle elezioni.


Lasciando l’insopportabile valzer delle alleanze ai rotocalchi televisivi, i temi da affrontare ci sono e sono pregnanti, e dovrebbero trovarsi alla base del dibattito pre-elettorale. Credo che siano riassumibili in tre punti sostanziali: 

. Costruire una rinnovata fiducia nelle istituzioni, sempre messa a dura prova dalla politica italiana;

. Porre al centro la questione ambientale, che riguarda l’economia, la finanza, il lavoro, le risorse, l’energia, la ricerca, l’ambiente ovviamente, il futuro;

. Rinnovare la qualità (elevata ma con problemi e diseguaglianze) del servizio sanitario nazionale pubblico, nella prospettiva dell’aumentato rischio di epidemie che il cambiamento climatico e la globalizzazione comportano.


Dopo decenni di aperta ostilità dei partiti tradizionali, ora sembra che il mondo politico sia più aperto alle prospettive che una azione complessiva volta alla sostenibilità comporta, e va premuto il pedale dell’acceleratore. Non si tratta di riportare l’Italia alla candela, come non molti anni fa si ammoniva, non si tratta nemmeno di attuare la decrescita felice, ricordando ad un’espressione più moderna, si tratta al contrario di promuovere un rinnovamento complessivo del sistema economico, industriale, finanziario, dei servizi, che adegui l’Italia alle sfide attuali (non a quelle del Novecento, già finito) e la prepari al futuro. Economia circolare, energie rinnovabili, efficienza, innovazione di processo e di prodotto, ecodesign, finanza verde, chimica verde, riciclo dei rifiuti e termovalorizzazione della (minima) frazione restante, ecolabel, ecoaudit, agricoltura biologica, allevamenti biologici, turismo sostenibile, città verdi, trasporto su ferro, elettrificazione del parco veicolare, trasporto pubblico, edifici pubblici incluse le scuole a consumo zero. C’è un mare di cose da fare. Che possono dare nuova spinta al nostro Paese, questa volta per nulla ostacolato dalla mancanza di materie prime, come si diceva un tempo, ma al contrario favorito dalla presenza di sole, e dalle storiche capacità manifatturiere. Ci sono interi settori di attività in affanno da tempo che possono ritrovare nuove prospettive nell’ambientalizzazione complessiva del nostro Paese. 

Questa è una base forte per un’agenda politica. Accanto a molti altri temi più tradizionali che toccano i diritti e le disparità spesso elevate, la sfida ambientale può fare crescere l’Italia e rinnovarla.

Porre l’ambiente al centro può inoltre essere una via per un nuovo rapporto fra uomo e natura e fra esseri umani, vuotando il contenuto del vaso delle cause delle guerre, dell’uso sbagliato del territorio, dello sfruttamento come unica via per progredire. Non può e non deve essere sempre così, ed una visione più armoniosa del mondo può aiutare a percorrere nuove strade.

Se qualcuno coglie l’opportunità e sarà in grado di passare ai fatti, credo che incontrerà anche l’apprezzamento dei cittadini e in particolare dei più giovani, direttamente toccati nel profondo da queste nuove sfide.







martedì 19 luglio 2022

Non abbiamo bisogno di una crisi di governo

Nell’impossibilità di inquadrare in un contesto fatto di regole, se non scientifiche almeno razionali, la politica in generale, e ancor meno quella italiana, bisogna affidarsi spesso alla contingenza, al sentire comune, e alle necessità concrete che delineano i contorni di una situazione oggettiva. Un territorio difficile da attraversare per tutti coloro che hanno un profilo “tecnico”, incluso Mario Draghi. Trovo chiara e comprensibile la sua posizione - non da due giorni, ma da mesi - nell’ambito in cui si trova ad operare: fare il Presidente del Consiglio in un Paese, l’Italia, dove i percorsi della politica sono incomprensibili ai più, sostenuto da una maggioranza variopinta espressione di tutto un po’, con formazioni politiche in vena di scissioni (tanto per cambiare), e una predisposizione nel complesso all’agire concreto e tecnico che si avvicina alla predisposizione al caldo di un congelatore.

Si dice spesso che Mario Draghi è (quasi) insostituibile per il ruolo internazionale che ricopre e che va a beneficio dell’Italia; nessuno dice se ce lo meritiamo, ma forse è meglio soprassedere. Penso che sì, che vada a beneficio del nostro Paese, e non solo, dell’Unione Europea intera. Non è cosa da poco nella situazione attuale, con la Russia in vena di rivendicare un ruolo importante nel panorama internazionale a costo di una guerra, con la necessità di operare per rendere sempre più autonoma l’Europa, e l’Italia ovviamente, sul fronte energetico, con la sfida posta dal cambiamento climatico al nostro modello di sviluppo economico tradizionale. 

Si dice anche che non sarebbe opportuna una crisi di governo adesso. Certo che no, non lo è, abbiamo bisogno di fare meno chiacchiere e più fatti - strano che la destra non ricorra più allo slogan “del fare” - e abbiamo bisogno di migliorare la nostra credibilità internazionale, sempre traballante. Cosa pensano i governi degli Stati europei della crisi attuale? Facile immaginare “i soliti italiani”; facciano un viaggio all’estero qualche volta invece di stare inchiodati a Roma dentro i palazzi del potere o dentro il Parlamento, ne trarrebbero beneficio, magari prima di attendere di essere inviati al Parlamento Europeo a coronamento della propria personale carriera politica. 

Che non sia opportuna una crisi di governo ora, con la pandemia, la guerra, i problemi economici, il riscaldamento globale, i ghiacciai che crollano, la siccità, lo capisce chiunque. Eccetto la destra: davvero Giorgia Meloni pensa di poter essere un Premier migliore di Mario Draghi? In molti pensano di no, i motivi se li vada a cercare.

Si dice infine che oltre mille Sindaci abbiano firmato un appello rivolto a Draghi perché resti, che numerose associazioni di volontariato abbiano firmato un appello analogo, che infine numerosissimi italiani non ne possano più dei giochi politici sulle loro spalle e desiderino che Draghi resti (se non si dice, lo ipotizzo io). 

Il Movimento 5 Stelle che doveva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno si è rivelato peggiore dei partiti che contestava nell’incarnare l’italica debolezza propositiva e fattiva, e questo gli costerà caro alle prossime elezioni. Il Movimento è finito, amen. 

Per stare ai fatti, il termovalorizzatore di Roma va realizzato, nel quadro di una corretta gestione dei rifiuti, e vanno realizzate le opere per le fonti rinnovabili sul territorio: non è più accettabile che le Soprintendenze blocchino regolarmente i progetti, anche di impianti avanzati a bassissimo impatto, mentre abbiamo estremo bisogno di fare davvero concretamente la transizione ecologica sul fronte dell’energia. Altrimenti se ne assumano la responsabilità.  Occorre intervenire e togliere veti anacronistici e frutto di disinformazione - che per qualche motivo sembra che si applichino soltanto alle rinnovabili, mai che si blocchi una funivia o il taglio di un bosco.

Per tutto ciò, mi unisco (per quello che vale) agli appelli: Mario Draghi resti, per favore. Non faccia vincere i giochi di palazzo, ma per una volta faccia vincere l’impegno concreto.








lunedì 4 luglio 2022

Una tragedia del cambiamento climatico

 Alpi senza più ghiacciai, fiumi in secca (regolati dal regime delle piogge), estati torride che iniziano in aprile e finiscono ad ottobre, seguite da un lungo autunno, aree siccitose inadatte all’agricoltura, ecosistemi che si spostano a nord velocemente, mai così nella storia della Terra. Questo è ciò che ci aspetta fra 30 anni, in Italia.

Coloro che pensano di ritardare ancora la transizione ecologica, dopo che si è volutamente ritardato ogni scelta per trent’anni, per “salvare l’industria” e l’economia del modello tradizionale, o peggio coloro che negano, sono responsabili della peggiore crisi climatica della storia dell’umanità. Coloro che pensano di adattare le leggi della Fisica alle esigenze del nostro modello sociale non sanno di cosa stanno parlando. Se va male, sono prezzolati, se va bene, sono anime belle totalmente incompetenti.


Il più sentito cordoglio per le vittime del crollo del ghiacciaio della Marmolada.

Nella foto, i contorni del ghiacciaio della Marmolada nel corso degli anni scorsi, sempre più ristretti (di Arpa Veneto).






venerdì 1 luglio 2022

Situazione positiva? Sì, ma con giudizio

 Le ultime elezioni amministrative hanno mostrato un Partito Democratico che riesce a rappresentare il sentire comune della parte progressista della società e che riesce a smarcarsi dai luoghi comuni che pure lo riguardano. Questi credo che siano i dati principali che emergono dall’ultima tornata elettorale, tenuto conto di tutto, dei numeri complessivi che mostrano comunque una tenuta del centrodestra e soprattutto dell’astensione rilevante che ha riguardato soprattutto il secondo turno, quello dei ballottaggi. 

Non si tratta di dati di poco conto, visto che per anni abbiamo (anche in questo blog) evidenziato la carenza di profilo identitario del PD, la fatica a raccogliere le istanze e le sensibilità di coloro che dovrebbero costituire il suo elettorato, le difficoltà comunicative con ogni mezzo, inclusi i canali che offre la rete Internet. Sembra ora di assistere ad un’inversione della china, ancora non completa ma in corso, che vede un PD più aperto verso i cittadini e nello specifico verso chi non fa parte delle gerarchie, più propenso ad avvicinarsi ai problemi nuovi (ambiente, diritti, ricerca), più capace - soprattutto dopo il lockdown determinato dalla pandemia - nell’uso dei mezzi online. 

Non credo che la prova elettorale sia derubricabile come un fatto locale e limitato, credo invece che sia indicativa di una tendenza. Il PD non è apparso ammuffito, legato ai suoi schemi, lontano dai cittadini, ma è accaduto l’esatto contrario. Di tutto ciò va dato merito ad Enrico Letta e alla sua squadra, oltre che a molti dirigenti locali, che sono riusciti a svecchiare non le età, di questo non ci importa, ma i metodi. Cambia i metodi - un tempo nella sinistra statici come i fossili delle ammoniti - e cambierai anche i contenuti. 

Buon lavoro dunque a tutti i sindaci eletti, ed ottimo risultato per il PD, che deve continuare a guardare avanti.

Dalla tornata elettorale emergono spunti riguardanti anche il centrodestra: che si divide anche aspramente, che non ha una leadership riconosciuta da tutti loro, che entra in grave difficoltà quando si trova di fronte ad un centro sinistra (sopratutto PD) dinamico e capace di ragionare oltre i propri schemi classici. Dunque, una situazione speculare rispetto all’era berlusconiana, quando il capo era in grado di unire parti credo ben felici di avere qualcuno che le unisse di fronte all’elettorato. Sparito il suo ruolo guida sparisce anche l’unità un tempo tanto decantata. 

Del resto, come è noto, le vicende politiche possono prendere strade diverse da quelle previste da tutti, e questo vale anche per le prossime elezioni nazionali.


 


mercoledì 22 giugno 2022

Maturità con l'intervento di Giorgio Parisi alla Camera

Fra le tracce della prima prova dell'esame di Maturità che inizia oggi, 22 giugno, c'è un brano tratto dal discorso che Giorgio Parisi fece alla Camera  il giorno 8 ottobre 2021, in occasione dell'incontro parlamentare in preparazione della Conferenza delle Parti COP26 delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow nei primi giorni di novembre 2021. Il tema del cambiamento climatico è sempre più pressante visti i ritardi con cui si interviene per mitigare una tendenza in atto non più evitabile, visti gli allarmi che si susseguono da anni - da decenni in realtà - senza conseguenze di portata adeguata, vista la dimensione globale di un problema che richiede immediatamente modifiche radicali al sistema economico, produttivo, al nostro stesso modo di vivere e concepire il rapporto con la natura.

Nell'augurare un enorme in bocca al lupo a tutti gli studenti impegnati nell'esame, vale la pena di leggere, o rileggere, l'intervento di Parisi, Premio Nobel per la Fisica 2021:

"L'umanità deve fare delle scelte essenziali, deve contrastare con forza il cambiamento climatico. Sono decenni che la scienza ci ha avvertiti che i comportamenti umani stanno mettendo le basi per un aumento vertiginoso della temperatura del nostro pianeta. Sfortunatamente, le azioni intraprese dai governi non sono state all'altezza di questa sfida e i risultati finora sono stati assolutamente modesti. Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti: le inondazioni, gli uragani, le ondate di calore e gli incendi devastanti, di cui siamo stati spettatori attoniti, sono un timidissimo assaggio di quello che avverrà nel futuro su una scala enormemente più grande. Adesso, comincia a esserci una reazione forse più risoluta, ma abbiamo bisogno di misure decisamente più incisive.

Dall'esperienza del COVID sappiamo che non è facile prendere misure efficaci in tempo. Spesso le misure di contenimento della pandemia sono state prese in ritardo, solo in un momento in cui non erano più rimandabili. Sappiamo tutti che "il medico pietoso fece la piaga purulenta". Voi avete il dovere di non essere medici pietosi. Il vostro compito storico è di aiutare l'umanità a passare per una strada piena di pericoli. E' come guidare di notte. Le scienze sono i fari, ma poi la responsabilità di non andare fuori strada è del guidatore, che deve anche tenere conto che i fari hanno una portata limitata. Anche gli scienziati non sanno tutto, è un lavoro faticoso durante il quale le conoscenze si accumulano una dopo l'altra e le sacche di incertezza vengono pian piano eliminate. La scienza fa delle previsioni oneste sulle quali si forma pian piano gradualmente un consenso scientifico.

Quando l'IPCC prevede che in uno scenario intermedio di riduzione delle emissioni di gas serra la temperatura potrebbe salire tra i 2 e i 3,5 gradi, questo intervallo è quello che possiamo stimare al meglio delle conoscenze attuali. Tuttavia deve essere chiaro a tutti che la correttezza dei modelli del clima è stata verificata confrontando le previsioni di questi modelli con il passato. Se la temperatura aumenta più di 2 gradi entriamo in una terra incognita in cui ci possono essere anche altri fenomeni che non abbiamo previsto, che possono peggiorare enormemente la situazione. Per esempio, incendi di foreste colossali come l'Amazzonia emetterebbero quantità catastrofiche di gas serra. Ma quando potrebbe accadere? L'aumento della temperatura non è controllato solo dalle emissioni dirette, ma è mitigato dai tantissimi meccanismi che potrebbero cessare di funzionare con l'aumento della temperatura. Mentre il limite inferiore dei 2 gradi è qualcosa sul quale possiamo essere abbastanza sicuri, è molto più difficile capire quale sia lo scenario più pessimistico. Potrebbe essere anche molto peggiore di quello che noi ci immaginiamo.

Abbiamo di fronte un enorme problema che ha bisogno di interventi decisi - non solo per bloccare le emissioni di gas serra - ma anche di investimenti scientifici. Dobbiamo essere in grado di sviluppare nuove tecnologie per conservare l'energia, trasformandola anche in carburanti, tecnologie non inquinanti che si basano su risorse rinnovabili. Non solo dobbiamo salvarci dall'effetto serra, ma dobbiamo evitare di cadere nella trappola terribile dell'esaurimento delle risorse naturali. Il risparmio energetico è anche un capitolo da affrontare con decisione. Per esempio, finchè la temperatura interna delle nostre case rimarrà quasi costante tra estate e inverno, sarà difficile fermare le emissioni.

Bloccare il cambiamento climatico con successo richiede uno sforzo mostruoso da parte di tutti. E' un'operazione con un costo colossale non solo finanziario, ma anche sociale, con cambiamenti che incideranno sulle nostre esistenze. La politica deve far sì che questi costi siano accettati da tutti. Chi ha più usato le risorse deve contribuire di più, in maniera da incidere il meno possibile sul grosso della popolazione. I costi devono essere distribuiti in maniera equa e solidale tra tutti i Paesi."

 


venerdì 3 giugno 2022

Il metano ci dà un mano (ad aumentare il riscaldamento globale)

 Il metano. Pare che tutti vogliano il metano. Come niente, come se fosse innocuo. Si tratta in realtà di un potente gas serra, più potente, nella sua qualità di assorbire il calore, dell’anidride carbonica, ormai da tutti nota con la sua formula chimica CO2.

Ed in effetti il metano (CH4) in atmosfera sta aumentando velocemente, con un andamento non costante ma in crescita continua dalla metà del decennio scorso, come mostra il grafico (del NOAA). Si tratta di metano e non del prodotto della sua combustione, quindi ha varie origini: gas che fuoriesce dai giacimenti durante l’estrazione, gas disperso dai giacimenti di petrolio, gas proveniente dall’allevamento e dall’agricoltura. E’ un fatto comunque che non è mai stato così presente in atmosfera: ha raggiunto nel 2021 ben 1896 pbb (parti per miliardo, unità di misura della concentrazione di una sostanza in atmosfera), una quantità del 162% maggiore rispetto ai valori pre-industriali, dopo un incremento record di +17 in un anno.

Spiegano gli scienziati del NOAA che questa crescita si accompagna all’aumento costante di CO2 in atmosfera, con un incremento di 2,66 ppm (parti per milione) che ha portato alla cifra elevatissima di 414,7 ppm. La velocità di crescita della concentrazione di CO2 negli ultimi 10 anni è la più elevata degli ultimi 63 anni.

Il fatto più preoccupante riguarda proprio la velocità degli incrementi, che sembra non rallentare mai, ma al contrario, crescere. Il tema è stato negli ultimi tempi scavalcato dalla tragica guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, ma non è scomparso, anzi, riceverà un impulso proprio dalla guerra. Sembra che non si riesca mai a rendere razionali i modi e i fini della nostra esistenza sulla Terra. 

Il grafico mostra la concentrazione media di metano in atmosfera, a partire al 1983.

(Credits: NOAA)










venerdì 20 maggio 2022

Non ci sono più le stagioni di una volta

 Per una volta, nulla di scientifico. Almeno, non basato su risultanze o rilevazioni scientifiche. A parte i dati prelevati con un termometro.

Come sono state le stagioni inverno scorso e primavera attuale? A spanne, così: inverno mite, mai la neve, sole e bel tempo (dovremo prima o poi cambiare la nomenclatura tradizionale “bello” o “brutto” riferiti al tempo meteorologico), non è piovuto per due mesi tanto che il Po era ed è ancora in condizione di siccità, poi un breve periodo di pioggia ed ora gran caldo in maggio, con picchi delle temperature che hanno raggiunto i 34°. Area di riferimento per questa descrizione sommaria: Pianura Padana e in generale il Nord Italia. 

Uso dei maglioni invernali ridotto al minimo, abiti estivi un tempo adatti in luglio ed ora idonei alle giornate di maggio.

Come erano venti o trenta anni fa nella medesima area geografica le stagioni? Sempre a spanne, d’inverno faceva freddo, la neve era normale per un paio di mesi, in primavera pioveva, d’estate faceva caldo. L’abbigliamento vedeva le maglie in inverno,  “aprile non ti scoprire”, abiti leggeri durante il bel tempo in estate tenendo sempre conto che gli acquazzoni di agosto non erano esclusi. 

Non c’è più bisogno nemmeno delle analisi scientifiche basate sui dati delle centraline di rilevamento ambientali per accorgersi di quanto è cambiato il clima. Persino la velocità del cambiamento è percepibile: una lenta deviazione durata anni mentre ora viene premuto il pedale dell’acceleratore. 


Tutto ciò comporta lo spostamento di ecosistemi verso altre fasce climatiche, generalmente verso Nord, alterazioni dei cicli naturali, impatti sull’agricoltura e l’allevamento, conseguenze sulla salute umana. L’aria che respira un abitante qualsiasi della Terra non è più quella che respiravano i nostri nonni e che tale era da millenni.

Tendenze autodistruttive? La guerra scatenata da Putin porterebbe a pensare che l’istinto di Thanatos a volte prevalga, irresponsabilmente, stupidamente, ottusamente. Ora l’industria bellica, inquinante, pesante, metallica, esplosiva, lesiva, farà grandi profitti, mentre avremmo bisogno di migliorare la qualità della vita delle persone, ridurre le diseguaglianze, minimizzando le conseguenze ambientali del nostro vivere sulla Terra. L’industria delle armi sempre fiorente.  Diceva Albert Einstein che l’uomo ha costruito la bomba atomica ma nessun topo costruirebbe una trappola per topi; in effetti, ne stiamo costruendo migliaia di varie fogge e applicazioni, non solo atomiche, ma altrettanto pericolose. Uomini e topi. Buttando all’aria il proprio nido.


Nell’attesa delle prossime stagioni. 


venerdì 29 aprile 2022

Le foreste della vita

 “Le foreste sono la nostra più grande speranza”, titola la pagina web di Trillion Trees, una collaborazione tra World Wildlife Fund(Wwf), Birdlife International e Wildlife Conservation Society (Wcs). Il sito dell’associazione si trova all’indirizzo in calce, ed è particolarmente interessante da seguire.

Le cifre poste in evidenza sulla home page sono altrettanto interessanti: le foreste incamerano 319 Gton (miliardi di tonnellate) di CO2, sono 3.272 le specie presenti a cui si fa riferimento come indicatori della biodiversità, sono 371 milioni le persone che dalle foreste dipendono in quanto vivono accanto o in esse. Le foreste sono centrali nella ricerca delle soluzioni al problema più grande che l’umanità abbia mai affrontato, le alterazioni degli equilibri naturali a livello globale di cui il cambiamento climatico è la più evidente e grave. Le foreste infatti sequestrano il carbonio in modo naturale, agiscono come mitigatori e regolatori del clima locale e mondiale, custodiscono la maggior parte della biodiversità presente sulla Terra, forniscono sussistenza alle popolazioni che ancora vivono al loro interno o nelle vicinanze. Molte specie animali o vegetali che in esse vivono non sono ancora state scoperte. Le ultime foreste primarie rimaste vanno tutelate, mentre il rimboschimento di aree un tempo verdi può contribuire a ridurre il riscaldamento globale e a migliorare le condizioni di vita a livello locale, mitigando il cambiamento climatico, fermando l’avanzata di zone siccitose o desertiche, favorendo condizioni di naturale umidità, di ricchezza e stabilità del suolo, tutelando o recuperando ecosistemi importantissimi. 


Secondo un’analisi di Trillion Trees non ci sono solo foreste distrutte ma ci sono anche foreste che ricrescono: 59 milioni di ettari in più negli ultimi vent’anni in varie zone del pianeta. Un dato positivo. Come positiva è stata la decisione assunta per la prima volta nella storia alla Cop26 di Glasgow lo scorso anno: fermare la deforestazione al 2030. La Dichiarazione sulle foreste e l’uso del territorio, firmata da 141 Paesi,  afferma in sintesi la volontà di conservare le foreste e accelerare il loro recupero, promuovere politiche sostenibili, ridurre la vulnerabilità delle aree rurali che dalle foresta dipendono tutelando le popolazioni indigene che ancora vicino in gran parte nella natura. Gli impegni assunti devono includere gli aspetti economici e finanziari orientati allo sviluppo sostenibile.

Piantare alberi significa portare la vita.


Concludo con una breve poesia di Federico Garcia Lorca, titolo “Alberi”:


Alberi!

Frecce voi siete

Dall’azzurro cadute?

Quali tremendi guerrieri

Vi scagliarono?

Sono state le stelle?

Vengon le vostre musiche

Dall’anima degli uccelli,

Dagli occhi di Dio,

Dalla passione perfetta.

Alberi,

Riconosceranno le vostre radici 

Il mio cuore in terra?



Il sito di Trillion Trees si trova qui:


https://trilliontrees.org


La Dichiarazione della Cop26 di Glasgow è al seguente indirizzo:


https://ukcop26.org/glasgow-leaders-declaration-on-forests-and-land-use/


In evidenza

Tutte le stagioni in una settimana. E dovremo abituarci.

  Il cambiamento climatico presenta ormai con evidenza empirica praticamente tutte le caratteristiche previste da anni dai modelli climatici...

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