lunedì 5 giugno 2017

G7 dell'Ambiente mentre gli US si sfilano dall'Accordo di Parigi

Mentre a Bologna si sta svolgendo la settimana ricca di appuntamenti sui temi ambientali che culminerà con il G7 dell'Ambiente i prossimi 11 e 12 giugno, sono intervenuti alcuni fatti notevoli, fra cui senz'altro il ritiro da parte di Donald Trump dell'adesione degli Stati Uniti all'Accordo di Parigi. Un fatto di cui si è parlato molto su cui vale la pena fare il punto.

Innanzitutto, l'aspetto legale, riguardante un accordo che si era voluto vincolante. Gli USA hanno aderito pochi mesi prima che finisse il mandato di Barack Obama e della sua amministrazione, poi sostituiti da Donald Trump, che invece non ne vuole sapere. Questo alternarsi di posizioni così diverse su temi che riguardano tutti costituisce un pericoloso precedente per la comunità internazionale, che vede limitata la capacità di impegnarsi dei propri e degli altrui governi su questioni ritenute fondamentali, superata dagli interessi politici interni locali. Altri potrebbero seguire gli USA, in una corsa al ribasso con conseguenze nefaste. La buona notizia è che nessuno per ora sembra volerlo fare, e le dichiarazioni contro al decisione del Presidente USA si sono sprecate. L'Accordo dunque è e resterà in vigore, anche senza la partecipazione di uno dei Paesi maggiormente inquinanti del mondo.
In secondo luogo, le conseguenze interne agli Stati Uniti stanno fiorendo con una velocità mai vista prima, e sono tutte di segno contrario alla scelta di Trump: numerose amministrazioni cittadine e Stati importanti come la California hanno annunciato che rispetteranno l'accordo, mentre imprese ad alta tecnologia e innovazione stanno protestando per le nuove strade che si aprono alle vecchie manifatture vc e alle energie più "sporche". Questo potrebbe essere l'inizio di un fronte ambientalista USA più forte e decisivo di quanto si sia mai visto in precedenza, in cui aziende, amministrazioni e ambientalisti perseguono sostanzialmente obiettivi molto simili, o addirittura comuni.
Pero ora, però, la leadership sui temi ambientali - che contrariamente a quanto sostengono loro, gli US non hanno mai avuto - resta in capo all'Europa, che se togliesse di mezzo definitivamente nazionalismi e populismi interni ad ogni Paese diventerebbe in breve un player di prima grandezza sul piano mondiale.

Ma che cos'è l'Accordo di Parigi, e perché ci si batte tanto per la sua implementazione? Ricordo in breve che si tratta di un accordo a cui hanno aderito 195 Paesi (praticamente tutta la comunità internazionale) avente lo scopo di ridurre significativamente le emissioni di anidride carbonica ed altri gas che vanno ad alterare la composizione atmosferica, fino a causare un cambiamento del sistema climatico mondiale quale non si è mai avuto prima nella storia umana. Non lo si è mai avuto prima nei termini della sua intensità e della sua velocità, mai così elevate in precedenza, in presenza di sostanze climalteranti capaci di restare nell'atmosfera per secoli, influenzando il mondo nel futuro. L'Accordo si basa sull'aumento della temperatura globale media, e non sulle emissioni che sarebbe stata scelta più stringente, che dovrebbe restare entro 2°C di incremento, e tendenzialmente meglio se entro 1,5°C.  Considerando che siamo già ora oltre 0,7°C di incremento, si capisce che la sfida posta e notevole. Per raggiungere l'obiettivo gli Stati devono predisporre dei Piani di intervento che mostrino la volontà di agire e i risultati che ciascun Paese intende raggiungere. Gli ambiti di intervento riguardano un po' tutti i settori, da quello energetico, a quello industriale, a quello dei trasporti, e dell'agricoltura.
Gli impegni nazionali saranno resi noti e rivisti ogni 5 anni per renderli più ambiziosi, facendo il punto sui progressi fatti, e nel quadro di responsabilizzazione di ogni Paese viene rafforzato il sistema di compensazioni economiche che servono ad aiutare in Paesi in via di sviluppo per la mitigazione e l'adattamento con aiuti concreti. Vengono posti in risalto il ruolo dello sviluppo tecnologico e il ruolo della conservazione delle foreste.

Gli esiti ci parlano di un mondo del futuro, più pulito e rinnovabile, ambientalmente sostenibile, e non del passato con le miniere di carbone, le ciminiere fumanti, lo smog.
Che soltanto gli Stati Uniti si rifiutino di fare questa scelta sembra quasi un paradosso, visto che spesso le nuove tecnologie, comprese quelle a basso impatto, vengono dalla loro ricerca industriale, e gli stessi dati sul cambiamento del clima in atto provengono sovente da istituti di ricerca statunitensi. Resta da sperare che tecnologia, pensiero innovatore, rispetto per l'ambiente abbiano il sopravvento nonostante il veto della politica, di una politica chiusa, retriva, ultimo affanno di un mondo superato.

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Il 5 giugno Piazza Maggiore a Bologna sarà sede di un concerto straordinario, Concerto per la Terra, la sera successiva del 6 giugno ci si trova in Piazza Nettuno per una fiaccolata in difesa del futuro di noi tutti organizzata dal PD bolognese, e queste sono solo alcune delle numerosissime iniziative in programma in questi giorni.

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