venerdì 8 dicembre 2023

Paradossi e conferenze (mondiali)

 Credevamo di cambiare il mondo, quando l’ONU ha iniziato le Conferenze sui cambiamenti del clima, ma siamo già alla ventottesima Conferenza delle Parti, la famosa Cop 28, e si fatica a notare decisioni davvero efficaci. 

La XXVIII Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è in corso all’Expo City di Dubai, con la Presidenza degli Emirati Arabi Uniti, e terminerà il 12 dicembre 2023. Le incompetenze dei “grandi” sul tema che devono affrontare sono emerse immediatamente con le parole del Sultan Al Jaber, Presidente della Conferenza e capo della delegazione degli Emirati Arabi, che afferma che con l’eliminazione dei combustibili fossili si ritornerebbe all’era delle caverne. Non è dato sapere se si tratti di semplice ignoranza che porta a dichiarazioni da Bar Sport o di difesa dei propri interessi di produttori di petrolio. Infatti, è proprio del petrolio, che dobbiamo fare a meno.

I primi giorni della Conferenza sono stati caratterizzati anche da un rinnovato dibattito sul nucleare. Una ventina di Paesi, fra cui la Francia, gli Stati Uniti, il Regno Unito, hanno sottoscritto un patto per triplicare entro il 2050 la produzione di energia atomica, dato che la stessa non incide sulle emissioni climalteranti. Va detto subito, però, che il “nucleare pulito” di cui hanno vagheggiato immediatamente i giornali non esiste, e se si triplicherà qualcosa sarà il nucleare tradizionale, ben insediato come è noto proprio in Francia, negli USA e nel Regno Unito. Più difficile sarebbe un ritorno al nucleare dell’Italia, per una serie molto lunga di ragioni, fra cui le caratteristiche del  territorio, l’impegno finanziario richiesto, l’opposizione delle popolazioni locali, e tutte le difficoltà connesse a far tornare qualcosa che non c’è da trent’anni. (Di proposito non cito se non in parentesi il mai risolto problema della sistemazione delle scorie radioattive altrimenti qualcuno che legge e afferma che tale informazione è “ideologica” c’è di sicuro).

Interpellata sul tema, Meloni non chiude, anche se cita la fusione nucleare ovvero tutt’altra cosa, e Picchetto Fratin parla di “small modular reactors”, vale a dire la stessa cosa di un reattore tradizionale ma più piccolo, fino a 300 MW, e modulare, cioè più semplice da costruire e installare. Sarà interessante - se l’ipotesi andrà avanti, cosa che dubito - vedere quale Comune italiano si candiderà ad ospitare il piccolo reattore ma pur sempre reattore. 


Vedremo come finirà la Cop 28 e con quale dichiarazione di intenti, tenendo conto che il tempo è uno dei fattori in gioco. E’ uscito uno studio di cui ci parla la rivista Nature che afferma che siamo vicini ad alcuni “punti di non ritorno” che incombono sullo stato del pianeta Terra, come se manomettendo il telaio si deteriorasse tutta la tela della vita. Si legge inoltre nello studio che sono necessarie azioni incisive a breve termine, dato che in pratica non c’è più tempo. E’ sufficientemente grave? Non si tratta di tesi esposte da estremisti ambientalisti, ma di uno studio scientifico. Se qualcuno non capisce la differenza, è meglio che approfondisca i suoi studi, magari prima di intervenire in tv o sulla carta stampata.


Nel frattempo, sarebbe interessante rilevare il grado di inquinamento prodotto dalle due principali guerre in corso, dove Russi e Ucraini, Israeliani e Palestinesi si ammazzano reciprocamente ogni giorno - oltre ovviamente all’orrore delle violenze. Come se il mondo fosse infinito, nessuno ha capito nulla di ciò che è realmente, della portata planetaria delle distruzioni locali. Per non parlare del denaro speso in armi, in bombe destinate ad esplodere, ammazzare e devastare un territorio.

Il paradosso è che facciamo una Conferenza internazionale per salvare il mondo mentre accettiamo la guerra e la distruzione come mezzo di confronto fra Paesi. 

I richiami alla pace vanno sempre bene, ma in questi casi non servono: l’unico modo per farli smettere sarebbe un intervento delle grandi potenze mondiali, perché di questo si tratta, di confronti fra le grandi potenze. Lì, si gioca la partita, su un terreno ben più vasto della Striscia di Gaza, ed è su quel terreno che potrebbero, se ci fossero leaders di livello adeguato, porre fine al massacro.


PS: una risposta riguardo l’inquinamento prodotto dalle guerre mi arriva da un’articolo pubblicato sull’ultimo numero di Qualenergia, ed in particolare dalla guerra in Ucraina, e la aggiungo qui.  Uno studio valuta in 120 milioni di tonnellate di CO2 le emissioni causate dal conflitto, in modo diretto e indiretto, nei suoi primi dodici mesi, quanto quelle dell’intero Belgio nello stesso periodo.

Federico Butera, “Guerra al clima”, Qualenergia 4, 2023.


L’articolo citato sui punti di non ritorno si trova al seguente link:


“Catastrophic change looms as Earth nears climate “tipping points”, Jeff Tollefson, Nature, 

https://www.nature.com/articles/d41586-023-03849-y







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