giovedì 10 novembre 2022

Sono trent’anni, ma è (sempre) il momento di fare sul serio

 Ci siamo, è da poco iniziata la CoP 27, ovvero la ventisettesima (!) Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) la Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Questa volta si tiene a Sharm el Sheikh, in Egitto, dove sono attesi i leaders di tutti, si spera, i Paesi del Mondo. 

In questi giorni, estenuanti trattative, come ogni volta, cercheranno di ottenere accordi per limitare le emissioni climalteranti ed evitare che il cambiamento del clima terrestre vada fuori controllo. Quest’anno sono trascorsi esattamente trent’anni dal 1992, anno in cui si tenne lo storico Summit della Terra a Rio de Janeiro, spartiacque fra il mondo dello sviluppo economico irresponsabile riguardo le conseguenze ambientali e il mondo che ha acquisito una coscienza delle conseguenze globali delle proprie azioni. Il tema degli effetti planetari dell’inquinamento dell’aria causato dalle attività economiche è quindi entrato nella politica attiva da almeno trent’anni, ma nonostante tale rilevante periodo di tempo ancora oggi si fatica ad assumere un punto di vista scientifico ambientale nelle scelte politiche concrete e negli orientamenti dei partiti, in ogni Paese. In Italia, questo rimane un grande (forse il maggiore) vulnus nella teoria e nella pratica politica, con pochissime analisi e ancora meno revisioni. Ora il massimo che si riesce ad ottenere è che l’aspetto tecnico che questi temi includono sia affidato a tecnici, non sempre, ma se accade è già un passo in avanti.  

Tre anni dopo gli accordi di Rio si tenne la prima Conferenza delle Parti a Berlino, nel 1995. Da allora sono state organizzate 27 CoP, e il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi, e il problema non accenna ad essere risolto, anzi peggiora. Se volessimo sintetizzare brevemente quali siano stati gli effetti di tali impegni, si potrebbe ridurre ad una frase: non siamo fuori dalla fase più difficile, ma è stato evitato il peggio. In altre parole, il mondo sta ancora andando verso una gravissima crisi climatica, ma la velocità con cui si sta muovendo il tal senso è un po’ inferiore a quella che si avrebbe se non avessimo fatto nulla sin qui. In sostanza abbiamo contenuto le emissioni, e le loro conseguenze, in un andamento che resta in crescita. 

Per risolvere davvero il problema dobbiamo ora agire con maggior decisione rispetto al passato, limitando fortemente gli inquinanti derivanti dalla combustione di composti contenenti carbonio, e facendolo a livello mondiale. Volendo essere pessimisti, la sfida appare davvero enorme e quasi impossibile da farsi in tempi brevi, ma vale anche il contrario, ovvero volendo essere ottimisti, non è da trascurare il fatto che la generazione attuale al governo in tutto il mondo è mediamente diversa da coloro che governavano trent’anni fa: ha acquisito consapevolezza del problema e non lo nasconde come era d’uso anche soltanto dieci o quindici anni fa. Contemporaneamente, le tecnologie che consentono di evitare i combustibili fossili sono più diffuse e meno costose, e possono trasformare i Paesi di più antica industrializzazione e sostenere i Paesi in via di sviluppo nel loro percorso. Non hanno controindicazioni. Sono alla portata. 

Uno dei nodi da risolvere, di cui si parla ogni volta alle CoP, è quello della giustizia climatica, in base al quale i Paesi che hanno goduto di un lungo periodo privo di vincoli ambientali e sono più ricchi ora hanno l’obbligo morale di aiutare i Paesi che hanno inquinato di meno a passare direttamente alle fonti pulite e a proteggersi dai fenomeni legati al cambiamento climatico che già li investono. Un’analisi delle ragioni che spingono i migranti ad attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa porterebbe facilmente al problema del cambiamento del clima locale che riguarda molte zone dell’Africa, ma invece di approfondire questi aspetti si preferisce fare demagogia sulla pelle di coloro che si trovano a fuggire dalla propria casa su barconi e gommoni, dando una prova chiarissima del basso livello del dibattito che prevale nella  politica italiana. 

Al punto in cui si trova l’Italia, e tutta l’Europa, la speranza è che si promuovano fonti pulite, efficienza, stili di vita sostenibili, cooperazione con gli altri Paesi con intensità maggiore, senza fermarsi e nemmeno temporeggiare. Sono anni che l’elettricità pulita nel nostro Paese è ferma intorno al 35% - con variazioni dipendenti dalle condizioni stagionali - e nessuno ha mai chiarito le ragioni per cui ci si è fermati lì. Occorre procedere e smetterla di attribuire difficoltà inesistenti. Dobbiamo fare la nostra parte e abbiamo solo da guadagnarci sotto ogni profilo, ambientale ed economico. 

La CoP 27 di Sharm è in corso, e vedremo quali risultati porterà. Una cosa è certa, ovvero il fatto che è importantissima, il fulcro attorno al quale ruota il nostro futuro, e la seguiremo ogni giorno, come sempre da trent’anni. 

Per saperne di più, il sito ufficiale dell’UNFCCC e della CoP27 è il seguente:

https://unfccc.int/cop27




In evidenza

Tutte le stagioni in una settimana. E dovremo abituarci.

  Il cambiamento climatico presenta ormai con evidenza empirica praticamente tutte le caratteristiche previste da anni dai modelli climatici...

Più letti