sabato 13 giugno 2020

Una strategia di ripresa che guardi al mondo attuale

C’è urgente bisogno di una strategia di ripresa dopo i terribili eventi connessi al Covid-19. Una ripresa che deve avere, in modo indispensabile e inderogabile, le caratteristiche di sostenibilità, inclusività, concretezza ed efficienza. La ripartenza si interseca con la battaglia contro il cambiamento climatico, con la tutela delle ultime aree naturali del pianeta, con la conservazione della biodiversità, con la preservazione degli ultimi popoli viventi allo stato di natura, con la riduzione del consumo delle risorse non rinnovabili, con il riequilibrio delle diseguaglianze divenute fortissime. In Italia si intrecciano i fili di una ripresa condizionata dal rispetto di un programma da attuare con efficienza, e di una stasi che forma una solida trama da molto tempo prima del coronavirus. Non sarà facile trasformare l’insieme, se non in un pizzo, almeno in un tessuto nuovo e leggero. Fra gruppi di esperti ad hoc, villa Pamphili, articoli di ogni commentatore, intellettuale, scrittore, etc. che si conosca o meno, speriamo di passare alla pratica prima dei pensare che la teoria esaurisca il compito, magari per sfinimento.

D’altro canto, a ben guardare abbiamo visto anche risvolti interessanti di questa crisi, che potrebbero essere accolti fra le novità, come il digitale ormai ubiquo: su tutte, la capacità della Natura di rigenerarsi in brevissimo lasso di tempo, le meduse nei canali di Venezia, il cielo blu e trasparente che mostra paesaggi lontani, un’inaspettata pletora di fauna selvatica a passeggio in borghi e città, un calo stimato in meno 11.000 in Europa, di cui 1.500 in Italia, decessi legati allo smog. Undicimila morti in meno in poco più di tre mesi non sono uno scherzo, sono un dato da inserire nelle analisi. 
In aggiunta, l’impennata dell’uso della bicicletta, accompagnato dal calo drastico della vendita di automobili tradizionali, con motore a combustione interna, mostrano la capacità delle persone di cambiamento delle proprie abitudini, prima considerate inamovibili dai commentatori, politici e non, a sostegno del fossile (sembra niente, ma è una categoria assai diffusa: attribuiscono alla società scelte che non vogliono fare).
Ma la trasformazione deve arrivare in profondità. Si possono ridurre i viaggi aerei visto che le conferenze possono essere fatte da remoto, magari salvando i momenti di confronto più importanti, si può ricorrere maggiormente al treno per i viaggi lunghi, si può utilizzare verdure a chilometro zero, si può. Fino alle grandi compagnie energetiche, che dovranno abbandonare petrolio, gas, carbone e metano in favore di rinnovabili e soluzioni per incrementare l’efficienza. Con lo shale gas ormai (fortunatamente) fuori mercato per l’abbattimento dei prezzi del petrolio. 
Tutto ciò può modificare conseguentemente la geopolitica internazionale, aprendo la strada ad una forma di “democrazia energetica” basata sulle fonti rinnovabili, per loro natura diffuse sul territorio invece che concentrate in giacimenti in possesso del Paese che li ospita. Da un sistema economico e produttivo fondato sul prezzo del petrolio ad un sistema fondato su sole e vento - e bassi consumi, indispensabili per basarsi su sole e vento. Le fonti energetiche fossili ci hanno consentito uno sviluppo e una ricchezza a disposizione che non ha eguali nella storia: per fare il bucato in lavatrice di classe A, quindi ad elevata efficienza, occorrerebbe un’ora di lavoro di quindici persone, mentre occorrerebbero mille e seicento persone per muovere e viaggiare con un’automobile di media cilindrata. Ciascuno di noi segue un livello di vita superiore a quello di re ed imperatori del passato, che avevano schiavi o persone al servizio. Ma tutto ciò è stato ottenuto depauperando risorse non rinnovabili, inquinando l’ambiente, e creando diseguaglianze maggiori a quelle rilevabili in ogni era del passato. Il prezzo è talmente alto che pone a rischio la nostra stessa sopravvivenza come specie sulla Terra: un problema mai visto nella storia umana alla cui analisi non possiamo sfuggire. 

Il nostro Paese ha molto da fare, a partire da un ammodernamento strutturale che ancora latita e non ci consente di completare l’attraversamento del guado verso un pieno sviluppo. Dal dopoguerra in poi, siamo partiti in quarta e poi rimasti a metà. Non basta infatti guardare al Pil e alla posizione che occupiamo in una banale classifica mondiale, come ormai si sono accorti in molti della generazione successiva a coloro che pareva non se ne accorgessero.
Ora i nodi vengono al pettine, e sono stati evidenziati da un’epidemia che nessuno aveva previsto, ma che tutti sanno che prima o poi arriva. Ci ha messo in grandi difficoltà: ora non possiamo assolutamente adagiarci, non è più tempo. 
La strategia di ripresa deve essere inserita nel contesto attuale, non c’è tempo per erronei ritorni al passato. Vediamo perciò cosa deciderà il governo, e in quali modi - ripeto, che siano immediatamente pratici e concreti - verrà progettata un’adeguata strategia per il futuro prossimo.

PS:  i paragoni energetici fra le tecnologie moderne e il lavoro umano sono tratti da “Energia per l’astronave Terra”, Armaroli e Balzani, Zanichelli.

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