giovedì 23 febbraio 2023

Bandi green e rinnovabili: la Regione Emilia Romagna si impegna, ma il ritardo c’è ancora

 Fa piacere, anche se in un’ottica di lungo periodo, evidenziare il cambiamento avvenuto nelle istituzioni riguardo i temi energetici e ambientali negli ultimi vent’anni: si è passati da piani energetici obsoleti già al tempo in cui venivano proposti e largamente tradizionali a programmi green che un tempo stavano soltanto nei sogni degli ambientalisti.

Anche la Regione Emilia Romagna non si sottrae a questa evoluzione positiva che ha interessato le politiche riguardanti energia, ambiente, e ora (correttamente) anche lavoro, con una spinta in avanti negli anni recenti che delinea un cambio netto di visione. Vorrei segnalare il piano triennale di attuazione 2022-2024 del Piano Energetico Regionale 2030 (approvato con delibera n.112 del 6 dicembre 2022) e i primi tre bandi ad esso collegati, attivi in questi giorni se qualcuno fosse interessato. 


Si tratta di un primo bando da 13 milioni di Euro a fondo perduto (domande da indirizzare alla Regione dal 31 gennaio al 22 febbraio 2023) rivolto alle imprese che intendono fare interventi di riqualificazione energetica, di realizzazione di impianti a fonti rinnovabili per l’autoconsumo, di adeguamento antisismico.

Il secondo bando impegna 30 milioni di Euro per le stesse finalità ma destinati agli edifici pubblici (domande da presentare dal 14 marzo al 27 aprile 2023).

Infine, il terzo bando mette in campo 2 milioni di Euro per sostenere la costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili (domande dal 9 febbraio al 9 marzo 2023). 

Una Comunità Energetica Rinnovabile, prevista dalla normativa europea e italiana, è un’associazione di cittadini, imprese, amministrazioni locali, avente lo scopo di produrre, consumare e scambiare energia prodotta, ovviamente, con fonti pulite. Si tratta di un concetto innovativo che può produrre benefici economici e ambientali notevoli, e rientra nella linea politica di decarbonizzazione - e in questo caso, di evidente democratizzazione - dell’energia dell’Unione Europea.


Si legge sul sito (all’indirizzo in calce) che il Piano triennale di attuazione del piano energetico regionale aggiorna alcuni obiettivi, e fra questi indica una quota di copertura dei consumi finali rinnovabile del 22% al 2024, raggiungibile con un tasso di crescita del 3% annuo: una crescita interessante, che evidentemente avrebbe avuto altre cifre se si fosse partiti prima negli anni, e sarebbe stato più facile ottemperare i target UE, come è noto molto sfidanti. Nello specifico, l’Unione ha fissato l’obiettivo di raggiungere il 45% di rinnovabili sui consumi finali al 2030, mentre le emissioni climalteranti dovranno calare del 55% rispetto al 1990 sempre al 2030. E’ necessario uno sforzo notevole per rispettare limiti così stringenti, e le politiche dovranno concretizzarsi in esperienze e azioni tangibili rispettando una tabella di marcia che non ammette sconti.


In sostanza, va bene e soprattutto va bene il cambio netto di prospettiva avvenuto negli ultimi anni, ma per rispettare gli obiettivi dell’Unione Europea in materia di energia e emissioni sarà necessario fare di più, cifre alla mano. 


Il sito della Regione Emilia Romagna con i dati qui forniti:


https://energia.regione.emilia-romagna.it/notizie/in-evidenza/energia-pulita-piano-da-8-5-miliardi-gia-pronti-tre-bandi-da-45-milioni




mercoledì 1 febbraio 2023

Tagliare le emissioni è indispensabile, ma non basterà

 Un nuovo studio, di cui ci informa Scientific American, ribadisce un concetto già emerso in altri studi analoghi del recente passato: tagliare le emissioni di gas climalteranti è indispensabile, ma al punto in cui ci troviamo non basterà, occorre anche rimuovere carbonio dall’atmosfera se intendiamo raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sostanziati nelle politiche che numerosi Paesi del mondo a partire dall’Unione Europea vogliono mettere in atto.


L’articolo di Chelsea Harvey dal titolo “Global carbon removal efforts are off track for meeting climate goals” (link in calce) spiega già nel sottotitolo che la rimozione del carbonio dall’aria è una parte indispensabile dell’azione a protezione del cima e che ciò che si sta facendo ora non è assolutamente sufficiente per ottemperare agli impegni presi a Parigi - che richiedono di restare sotto i +2°C di riscaldamento globale e possibilmente sotto +1,5°C.

Per stabilizzare la temperatura media globale della Terra entro tali limiti (che “sembrano bassi”, ma non lo sono affatto) bisogna arrivare ad un bilancio zero entro poche decadi - per farsi un’idea, entro il 2050, come scelto dall’Unione Europea - il che significa che fra meno di trent’anni le emissioni nette, ovvero il bilancio fra le quantità emesse e le quantità assorbite, di composti climalteranti dovranno azzerarsi e il bilancio essere in perfetto equilibrio. La Natura si regge su equilibri (non assoluti, ma a lunghissima scadenza) e noi dobbiamo adeguarci a fare altrettanto se vogliamo rispettarne le leggi.

Da dove provengano le emissioni ormai lo sappiamo bene, dalle attività di produzione di energia a vario titolo, dalle industrie, dagli usi civili, dai trasporti, dagli allevamenti; dove si trovino gli assorbimenti è meno noto, anche perché il tema resta un po’ sullo sfondo. Principalmente, i cosiddetti “pozzi di carbonio” naturali (carbon sink) sono le foreste e gli oceani. In effetti, oltre a produrre e richiedere meno CO2, risparmiando, riciclando, passando alle energie alternative, risulta rilevante assorbirne quanta possibile. La via maestra per questo scopo è piantare alberi e vegetazione in genere, la migliore macchina di assorbimento di carbonio che si conosca, e possibilmente smettere di disboscare, soprattutto le foreste primarie o quasi primarie che sono ricchissime di vegetazione e biodiversità e svolgono un ruolo insostituibile negli equilibri planetari.

L’articolo spiega che, ad oggi, non siamo sulla strada giusta e che ciò che si fa in questo ambito è largamente insufficiente. Occorre insomma, rimuovere più carbonio dall’atmosfera di quanto accada attualmente con metodi che si basano principalmente sull’uso che si fa del suolo e della vegetazione.


Sono allo studio, o sulla via della realizzazione (dopo molti anni di studi e di progettazioni) impianti per la cattura e il sequestro della CO2, che potrebbero aggiungersi agli altri metodi. Il rischio, particolarmente grave qualora la tecnologia si diffondesse, è quello che essa venga percepita come una sorta di via libera (di nuovo) alle fonti fossili tanto poi il carbonio viene rimosso dall’aria. Questo è un rischio serio, viste le immani fatiche volte a modificare il modello di sviluppo attuale troppo invasivo per l’ambiente, e viste le resistenze che ancora oggi molti oppongono ad un vero cambiamento. 

Però non si possono sottovalutare gli studi - ormai numerosi - che ci avvertono del fatto che trovare tecniche nuove per la rimozione del carbonio dall’aria che vadano ad aggiungersi a quelle tradizionali è indispensabile. In sostanza, le tecnologie per la cattura della CO2 dovrebbero aggiungersi alla riforestazione e alla riduzione delle emissioni se vogliamo salvare il pianeta su cui viviamo, ma assolutamente non sostituirvisi.  Non basta cioè, dati alla mano, ridurre le emissioni e magari azzerarle al 2050, occorre anche rimuovere CO2 dall’atmosfera con ampie riforestazioni e tecniche per la cattura, purché tutte queste linee di azione procedano insieme. 

Le stime numeriche ci indicano la necessità di  rimuovere dall’aria un ulteriore miliardo di tonnellate di carbonio rispetto al presente, ogni anno da oggi al 2030. Si tratta di un tema non da poco, che apre un ampio ragionamento sulla ricerca, le nuove tecnologie, le applicazioni delle stesse.


Il link all’articolo citato:


https://www.scientificamerican.com/article/global-carbon-removal-efforts-are-off-track-for-meeting-climate-goals/


 



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