venerdì 8 dicembre 2023

Paradossi e conferenze (mondiali)

 Credevamo di cambiare il mondo, quando l’ONU ha iniziato le Conferenze sui cambiamenti del clima, ma siamo già alla ventottesima Conferenza delle Parti, la famosa Cop 28, e si fatica a notare decisioni davvero efficaci. 

La XXVIII Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è in corso all’Expo City di Dubai, con la Presidenza degli Emirati Arabi Uniti, e terminerà il 12 dicembre 2023. Le incompetenze dei “grandi” sul tema che devono affrontare sono emerse immediatamente con le parole del Sultan Al Jaber, Presidente della Conferenza e capo della delegazione degli Emirati Arabi, che afferma che con l’eliminazione dei combustibili fossili si ritornerebbe all’era delle caverne. Non è dato sapere se si tratti di semplice ignoranza che porta a dichiarazioni da Bar Sport o di difesa dei propri interessi di produttori di petrolio. Infatti, è proprio del petrolio, che dobbiamo fare a meno.

I primi giorni della Conferenza sono stati caratterizzati anche da un rinnovato dibattito sul nucleare. Una ventina di Paesi, fra cui la Francia, gli Stati Uniti, il Regno Unito, hanno sottoscritto un patto per triplicare entro il 2050 la produzione di energia atomica, dato che la stessa non incide sulle emissioni climalteranti. Va detto subito, però, che il “nucleare pulito” di cui hanno vagheggiato immediatamente i giornali non esiste, e se si triplicherà qualcosa sarà il nucleare tradizionale, ben insediato come è noto proprio in Francia, negli USA e nel Regno Unito. Più difficile sarebbe un ritorno al nucleare dell’Italia, per una serie molto lunga di ragioni, fra cui le caratteristiche del  territorio, l’impegno finanziario richiesto, l’opposizione delle popolazioni locali, e tutte le difficoltà connesse a far tornare qualcosa che non c’è da trent’anni. (Di proposito non cito se non in parentesi il mai risolto problema della sistemazione delle scorie radioattive altrimenti qualcuno che legge e afferma che tale informazione è “ideologica” c’è di sicuro).

Interpellata sul tema, Meloni non chiude, anche se cita la fusione nucleare ovvero tutt’altra cosa, e Picchetto Fratin parla di “small modular reactors”, vale a dire la stessa cosa di un reattore tradizionale ma più piccolo, fino a 300 MW, e modulare, cioè più semplice da costruire e installare. Sarà interessante - se l’ipotesi andrà avanti, cosa che dubito - vedere quale Comune italiano si candiderà ad ospitare il piccolo reattore ma pur sempre reattore. 


Vedremo come finirà la Cop 28 e con quale dichiarazione di intenti, tenendo conto che il tempo è uno dei fattori in gioco. E’ uscito uno studio di cui ci parla la rivista Nature che afferma che siamo vicini ad alcuni “punti di non ritorno” che incombono sullo stato del pianeta Terra, come se manomettendo il telaio si deteriorasse tutta la tela della vita. Si legge inoltre nello studio che sono necessarie azioni incisive a breve termine, dato che in pratica non c’è più tempo. E’ sufficientemente grave? Non si tratta di tesi esposte da estremisti ambientalisti, ma di uno studio scientifico. Se qualcuno non capisce la differenza, è meglio che approfondisca i suoi studi, magari prima di intervenire in tv o sulla carta stampata.


Nel frattempo, sarebbe interessante rilevare il grado di inquinamento prodotto dalle due principali guerre in corso, dove Russi e Ucraini, Israeliani e Palestinesi si ammazzano reciprocamente ogni giorno - oltre ovviamente all’orrore delle violenze. Come se il mondo fosse infinito, nessuno ha capito nulla di ciò che è realmente, della portata planetaria delle distruzioni locali. Per non parlare del denaro speso in armi, in bombe destinate ad esplodere, ammazzare e devastare un territorio.

Il paradosso è che facciamo una Conferenza internazionale per salvare il mondo mentre accettiamo la guerra e la distruzione come mezzo di confronto fra Paesi. 

I richiami alla pace vanno sempre bene, ma in questi casi non servono: l’unico modo per farli smettere sarebbe un intervento delle grandi potenze mondiali, perché di questo si tratta, di confronti fra le grandi potenze. Lì, si gioca la partita, su un terreno ben più vasto della Striscia di Gaza, ed è su quel terreno che potrebbero, se ci fossero leaders di livello adeguato, porre fine al massacro.


PS: una risposta riguardo l’inquinamento prodotto dalle guerre mi arriva da un’articolo pubblicato sull’ultimo numero di Qualenergia, ed in particolare dalla guerra in Ucraina, e la aggiungo qui.  Uno studio valuta in 120 milioni di tonnellate di CO2 le emissioni causate dal conflitto, in modo diretto e indiretto, nei suoi primi dodici mesi, quanto quelle dell’intero Belgio nello stesso periodo.

Federico Butera, “Guerra al clima”, Qualenergia 4, 2023.


L’articolo citato sui punti di non ritorno si trova al seguente link:


“Catastrophic change looms as Earth nears climate “tipping points”, Jeff Tollefson, Nature, 

https://www.nature.com/articles/d41586-023-03849-y







venerdì 10 novembre 2023

Economia, industria, ecologia si incontrano alla Fiera di Rimini

 Per avere un’idea delle potenzialità industriali, economiche, occupazionali, oltre naturalmente a quelle di miglioramento delle condizioni dell’ambiente, della green e circular economy bisogna fare un salto in questi giorni a Rimini, dove ogni anno si tiene la Fiera Ecomondo. 

Dall’energia ai rifiuti, dal ciclo dell’acqua alle tecnologie a basso impatto, dall’agricoltura al recupero del suolo, al monitoraggio ambientale, ai veicoli, all’industria tessile. Tutti coloro che, nel tempo, paventavano un “ritorno alla candela” su suggerimento ambientalista possono farsi un viaggetto al mare per vedere di persona di cosa si tratta. E non da ora: sono ventisei anni, dall’ottobre 1997, che si tiene a Rimini l’appuntamento con l’economia e l’ecologia. Perché le due cose devono andare insieme, economia ed ecologia, apparentemente agli antipodi, sostanzialmente legate nel mondo moderno.


Quest’anno, sono oltre 1.500 espositori, con un incremento del 10% soltanto rispetto allo scorso anno, per 150 mila metri quadrati di spazi espositivi. Una crescita continua dell’industria e dell’economia green, qui ben rappresentata, che non ha visto recessioni in questi anni, nonostante guerre, pandemie, e difficoltà di vario genere. Il programma di quattro giorni ha visto anche decine di convegni e incontri sugli argomenti più disparati, con la partecipazione di esperti e rappresentanti delle istituzioni dal livello locale all’Unione Europea. 

L’edizione 2023 ha visto alcuni focus tematici specifici: stato di implementazione nazionale delle priorità e dei progetti faro PNRR con particolare attenzione alle filiere RAEE, carta-cartone, tessile, plastica; stato di adozione, a livello europeo ed internazionale, dell’economia circolare in termini di efficienza nei processi e nei prodotti, ecodesign, riciclo e uso delle materie prime seconde nelle filiere industriali in vari settori; ripristino e rigenerazione degli ecosistemi,  dei suoli e dell’idrosfera con approfondimenti sulla produzione e valorizzazione sostenibili delle risorse agro-forestali, l’uso sostenibile della risorsa idrica e del mare (blue economy), la gestione e valorizzazione integrata delle acque reflue e dei rifiuti organici municipali;  città verdi e circolari, più fresche e salutari, più efficienti nella gestione e consumo del cibo, della risorsa idrica, dell’energia e dei rifiuti; ricerca e innovazione con i finanziamenti europei diretti a sostenerle; nuove normative, procedure e policies nazionali ed europee, investimenti e financing, start up, creazione di partenariati, formazione e comunicazione.

Oltre a ciò, gli Stati Generali della Green Economy hanno lo scopo di costruire una strategia per il futuro. Come si legge sul sito: “ Gli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy, formato da 68 organizzazioni di imprese, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e con il patrocinio della Commissione europea, vedono quest’anno la loro XII edizione. Essi hanno l’ambizione di promuovere un nuovo orientamento dell’economia italiana verso una green economy per aprire nuove opportunità di sviluppo durevole e sostenibile ed indicare la via d’uscita dalla crisi economica e climatica”.


Tutto questo mostra che c’è moltissimo lavoro da fare in un ambito che è il solo capace di delineare un futuro accettabile, e auspicabilmente desiderabile, nel difficile contesto internazionale attuale. C’è un mondo da costruire poco alla volta, capace di rispondere alle sfide più gravose. Il cambiamento climatico dovuto e guidato dal sistema tradizionale economico e industriale è la maggiore, seguita da tutte le altre, inquinamento, biodiversità, depauperamento delle risorse, ma la prospettiva non è soltanto in risposta ad un problema che abbiamo creato - e già così non è poco - la prospettiva è positiva perché è capace di realizzare poco alla volta un futuro migliore sotto moltissimi aspetti, la salute, l’equità, l’ambiente di vita e quello naturale.

La Fiera Ecomondo fa ben sperare e guardare al futuro con fiducia.


Link al sito:

www.ecomondo.com




mercoledì 27 settembre 2023

Abbiamo ancora bisogno dell’ambientalismo?

 Stiamo assistendo ad una sorta di polarizzazione degli atteggiamenti nei confronti del problema ambientale, con movimenti che attuano forme se non estreme comunque invasive ed eclatanti di protesta (blocco del traffico sui principali assi viari, vernice lavabile su opere d’arte, etc) ed esponenti del giornalismo ed opinionismo nei media che portano avanti una vera e propria crociata contro idee ed espressioni ambientaliste fatta di articoli, testi e dibattiti. Di certo una situazione simile non porta bene allo sviluppo di un approccio serio al tema dell’impatto antropico sull’ambiente, e sarebbe necessario un intervento nel dibattito capace di orientare l’attenzione verso il problema reale e le sue caratteristiche. Perché non lo si risolve paventando il peggio, e non lo si risolve negandolo. L’ambientalismo più razionale e fondato nei fatti oggettivi necessita di una scossa, e di un risveglio potente.


I contenuti non mancano. Oltre al tema del cambiamento climatico e del riscaldamento globale, ormai entrato nella consapevolezza diffusa se non altro perché stimabile ad occhio nell’evoluzione degli eventi meteorologici nel giro di pochi anni, se ne elencano molti altri, che vanno dalla riduzione dell’estensione delle foreste primarie, al calo della biodiversità, alla diffusione nell’ambiente marino e terrestre delle microplastiche, all’inquinamento di aria, acqua e suolo a livello locale e a livello planetario. L’influenza di quasi otto miliardi di persone ma soprattutto di un sistema di consumo di risorse e produzione di rifiuti che non ha eguali nella storia e, a conti fatti, ha prodotto ricchezza soltanto per una parte della popolazione mondiale impattando pesantemente su tutti sono effetti non più trascurabili. 


Per rendersi conto dell’estensione attuale delle foreste c’è una mappa interattiva molto interessante all’indirizzo riportato in calce, dove in verde scuro sono rappresentate le foreste intatte, in verde chiaro quelle non più vergini ma alterate o degradate, in altri colori quelle perdute. Ed è impressionante osservare che le foreste veramente primarie, cioè mai disboscate dall’uomo, sono rimaste poche e spesso separate a formare ecosistemi importantissimi ma non più direttamente connessi fra loro. I disboscamenti procedono da decenni, fra i contrasti di coloro che vorrebbero salvarle e coloro che, quando possono (si pensi all’Amazzonia in Brasile durante il governo Bolsonaro), decidono di utilizzarle come risorsa. Ma le foreste vergini sono una risorsa finita e non rinnovabile, che una volta distrutta non tornerà più se non abbiamo la pazienza di attendere alcune ere geologiche. 


La biodiversità, una bella parola che definisce la ricchezza di specie viventi del pianeta, è in calo continuo ad un ritmo elevatissimo. Si legge sul sito istituzionale dell’Ispra: “Diversi studi riportano che il numero delle specie viventi sul pianeta possa variare da 4 a 100 milioni. Solo una parte di esse, però (da 1,5 a 1,8 milioni), è attualmente conosciuta e, come dimostrano le scoperte recenti, è possibile che ci siano ancora mammiferi sfuggiti all’osservazione degli zoologi. Si ritiene che molte specie vegetali e animali di ambienti tropicali o marini non siano mai state osservate, per non parlare degli invertebrati e dei funghi.”

E ancora: “si stima che ogni giorno scompaiano circa 50 specie viventi. L’estinzione è un fatto naturale, che si è sempre verificato nella storia della Terra. Mediamente, una specie vive un milione di anni. Il problema è che attualmente la biodiversità si riduce a un ritmo da 100 a 1000 volte più elevato rispetto al ritmo ‘naturale’. Questo fa ritenere che siamo di fronte a un’estinzione delle specie superiore a quella che la Terra ha vissuto negli ultimi 65 milioni di anni, persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri.”

In altre parole, ogni giorno scompaiono 50 specie viventi di cui spesso non conosciamo nemmeno l’esistenza! La velocità è talmente elevata che il ritmo dell’estinzione è paragonabile a quello che portò alla scomparsa dei dinosauri. Non c’è nemmeno bisogno dell’asteroide, facciamo tutto da soli.


Di inquinamento locale si parla da due secoli, almeno dall’invenzione della tonalità di colore denominata “fumo di Londra” (un grigio scuro), mentre di microplastiche si parla da tempi recenti. Si legge su National Geographic che “In uno degli ultimi conteggi, risalenti al 2022, gli scienziati giapponesi dell'Università di Kyushu hanno stimato la presenza di 24.400 miliardi di frammenti di microplastiche negli strati più superficiali degli oceani, l'equivalente di circa 30 miliardi di bottiglie da mezzo litro”.  Trenta miliardi di bottiglie di plastica che non vediamo nemmeno ed entrano nella catena alimentare fino al nostro piatto. Non si sa ancora con esattezza quali siano le conseguenze sulla salute.


Tralascio il clima e i gas climalteranti perché è uno degli argomenti più spesso affrontati in questo blog. 


Altro che “ecoballe”, siamo in una fase di grave ed esteso attacco allo stato dell’ambiente, cioè quel posto dove dobbiamo vivere, e dove siamo vissuti sin qui. E’ necessario mettere i piedi per terra e studiare i mezzi per ridurre gli impatti ambientali, senza estremismi o scenari irrealizzabili, e senza resistenze che non fanno che ampliare il problema. Probabilmente è normale che, di fronte a cambiamenti necessariamente importanti, si muovano gli estremi e soprattutto si mettano di traverso i difensori dello status quo, ma il tempo è l’altra variabile di cui spesso dimentichiamo l’importanza. 

L’ambientalismo scientifico è l’unica strada che può portarci fuori dalla gabbia in cui ci siamo infilati (per questo non rientra nei palinsesti televisivi e raramente sulla carta stampata), senza dimenticare, come scrisse Konrad Lorenz, che soltanto “rendendoci conto veramente di quanto è grande, di quanto è bello il nostro mondo” potremo non disperare.

Apriamo gli occhi e interveniamo prima che sia tardi. Sia che abbiamo o no la sensibilità di un Konrad Lorenz. 



Gli indirizzi dei siti menzionati:


https://intactforests.org/world.webmap.html


https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/biodiversita







mercoledì 13 settembre 2023

Una risorsa di plastica

 La filiera della plastica è, e può essere sempre più se ben gestita, un ambito fondamentale dell’economia circolare e in generale della green economy. La plastica non è una risorsa da eliminare, ma da utilizzare correttamente - va da sè che il primo passo consiste nel non disperderla nell’ambiente - creando un sistema che consenta il miglior utilizzo possibile minimizzando gli impatti ambientali. Un circolo chiuso, nel quadro dell’Economia Circolare.

Si è appena conclusa (lo scorso 8 settembre) Plast, la manifestazione dedicata al settore, alla Fiera di Milano e dopo 5 anni di assenza, a cui hanno partecipato 1.510 espositori da 55 Paesi. Gli esempi di riciclo sono numerosissimi e spesso sorprendenti, come il livello di innovazione tecnologica, molto avanzato. La fiera ha offerto persino un servizio esclusivo di calcolo della propria “Carbon Footprint di Organizzazione” (Impronta di Carbonio aziendale) per verificare la sostenibilità dell’impresa.


Il ramo presenta dati economici positivi. Secondo quanto riferisce Il Sole24ore, uno studio di MECS Amaplast sul settore delle tecnologie per la plastica e la gomma, il fatturato nel 2022 è stato di oltre 4 miliardi di Euro, con un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente, in particolare con un export positivo e fortemente in crescita, +8,5%.

Da un’altra analisi effettuata da Teh Ambrosetti emerge il fattore moltiplicatore del settore,  risultando infatti che ogni 100 Euro investiti se ne generano €218, mentre contemporaneamente si stima di poter incrementare il recupero da ora al 2030 fino ad oltre il 19%, raggiungendo l’obiettivo del 10% dei rifiuti in discarica con 5 anni di anticipo. 


Naturalmente, tutto ciò non significa che non sia utile e benefico ridurre l’utilizzo della plastica nella nostra vita quotidiana: rinunciare alla plastica monouso, al sacchetto sostituito da una borsa riutilizzabile, alla bottiglietta quando si può portare una borraccia, al contenitore sempre nuovo quando sono in vendita prodotti sfusi o confezioni separabili, sono comportamenti virtuosi che qualora venissero portati avanti da tutti porterebbero a ridurre considerevolmente gli sprechi e migliorare la gestione dei rifiuti. Ma la completa eliminazione della plastica dal nostro mondo sarebbe impossibile se non dannosa allo stato attuale, e una corretta gestione circolare di quanto ci serve comunque sembra un obiettivo concreto e raggiungibile. 


La Green Economy si fonda anche su questo, e rappresenta una prospettiva di crescita non fittizia, creata ad arte, o costruita sulla creazione di nuovi bisogni spesso realmente inutili, ma necessaria.


Per saperne di più:


https://www.plastonline.org


https://www.ilsole24ore.com/art/plastica-italia-filiera-25-miliardi-fatturato-centro-questione-ambientale-AFYEoYk?refresh_ce=1








giovedì 24 agosto 2023

Ogni tanto, rivedere i dati fa bene

 Abbiamo appena superato il luglio più caldo sulla Terra in 174 anni di rilevazioni, mentre la temperatura dei mari è stata la più alta per il quarto mese consecutivo. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi QUESTO è il problema prioritario che dobbiamo tutti affrontare.

I dati vengono da un rapporto del NOAA (ente governativo statunitense a cui facciamo spesso riferimento in questo blog), l’indirizzo web per maggiori dettagli è scritto in calce. 


Secondo i dati, la temperatura media in luglio è stata di 1,12 °C sopra la media del periodo, e poiché luglio è il mese più caldo dell’anno, luglio 2023 è stato il mese più caldo in assoluto, da quando vengono registrate le temperature. Inoltre, luglio 2023 è stato il quarantasettesimo luglio consecutivo e il cinquecentotrentatreesimo mese consecutivo con temperature sopra la media del ventesimo secolo. Se questa non è una tendenza in atto, vorrei sapere cosa lo è.


La grafica rappresenta alcuni degli aspetti più significativi del clima dello scorso mese di luglio, con scioglimento dei ghiacci artici e antartici, temperature elevatissime, uragani. Aggiungiamo gli incendi, appiccati ogni estate, il depauperamento delle grandi foreste primarie, e abbiamo un quadro preoccupante che, ogni tanto, vale la pena di riprendere in considerazione.

Gli effetti riportati hanno delle cause, individuabili nel sistema economico mondiale globalizzato che ha moltiplicato gli spostamenti delle merci, nella sovrappopolazione che causa un’impronta ecologica per forza ampia, e nella continua emissione in atmosfera dei composti derivanti dalla combustione, ovvero dei gas climalteranti. 

Superare questi ostacoli nella presente fase storica è la maggiore sfida che abbiamo davanti. Ogni tanto, rivediamoli, i dati. Ci aiuta a ricollocarci nel contesto giusto.










https://www.noaa.gov/news/record-shattering-earth-had-its-hottest-july-in-174-years




martedì 25 luglio 2023

Con luci ed ombre, ma la decarbonizzazione va avanti

 Calo netto dei prezzi, diminuzione dei consumi, riduzione delle emissioni climalteranti, riduzione del ricorso al gas e al carbone, aumento del contributo delle fonti rinnovabili e dell’import di elettricità.

Questo in estrema sintesi è quanto emerge dall’Analisi trimestrale che ha pubblicato Enea del sistema energetico italiano.


Più in dettaglio, i consumi di energia sono calati del -5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le emissioni di gas ad effetto-serra lo sono del -9%, il gas di -16%, il carbone di -15%, le rinnovabili sono aumentate del +5% e l’importazione di elettricità del +22%. 

In particolare, il giorno di Pasquetta il nostro Paese funzionava quasi soltanto ad energia pulita: eolico e solare FV hanno coperto, nella fascia oraria dalle 13 alle 15 del 10 aprile, oltre l’80% della domanda.

 

Le cause della diminuzione dei consumi vengono individuate nel settore civile (con -12%) come conseguenza della maggior efficienza rispetto agli anni passati e per il clima mite che ha caratterizzato i primi mesi del 2023, consentendo un notevole risparmio di gas, nell’industria (-10%) per via del calo importante (fino al 20%) della produzione nei settori gas intensive, mentre sono in controtendenza i consumi nei trasporti, che aumentano del +3%.

Si legge inoltre che, dopo una lunga serie di variazioni negative, migliora l’indice di transizione energetica elaborato da Enea, con un bel +14%, soprattutto per il netto calo del consumo di carbone, per la diminuzione dei prezzi, e  per la contrazione delle produzioni energivore.


Per quanto riguarda il contesto europeo, si legge nell’Analisi: “Nella prima metà del 2023 è continuata la fase di debolezza delle economie dell’area euro (per il secondo trimestre consecutivo il PIL è lievemente diminuito nel I trimestre e ha ristagnato in primavera), con in particolare un'ulteriore flessione dell'attività manifatturiera (a fronte dell’espansione nei servizi). Nonostante il deciso ritracciamento dei prezzi all’ingrosso del gas e dell’elettricità (45 €/MWh la media del gas al TTF nel I semestre 2023, -70% rispetto al II semestre 2022), nella zona euro è continuata la contrazione dei consumi di energia (-5% nel I trimestre), a causa dei nuovi cali della domanda di gas naturale (-14%) ed elettricità (-4%). Contrazione simile è stimata per le emissioni di CO2, comunque non sufficiente ad avvicinare la traiettoria attuale a quella coerente con il target 2030”.


Riguardo le emissioni, nonostante la riduzione a livello europeo non siamo quindi allineati alla traiettoria idonea a centrare gli obiettivi al 2030.

Inoltre, il fatto che la riduzione dei consumi e delle emissioni derivi anche da una contrazione dell’attività industriale evidenzia chiaramente un quadro solo parzialmente positivo: la sfida era, e resta, il disaccoppiamento dei consumi di energia fossile dalla crescita economica, in un contesto industriale che deve diventare sempre più green e sostenibile. 


Riguardo, infine, la sicurezza energetica si legge che “il contenimento dei consumi di gas ed elettricità ha garantito nell’inverno appena trascorso margini di capacità accettabili sia nel sistema gas sia nel sistema elettrico”. Nel periodo agosto 2022-marzo 2023 i consumi di gas sono stati inferiori di circa 10 miliardi di metri cubi, corrispondenti  a -18% rispetto alla media 2017-2022, dunque oltre il target UE del -15%. Smentiti dunque, come abbiamo già evidenziato in questo blog, gli esperti di energia (nonché sostenitori delle fonti fossili) ospiti dei programmi televisivi che lo scorso inverno ci avvertivano allarmati che col gas e la luce non saremmo arrivati a Capodanno. 


Il documento completo si trova al seguente indirizzo:


https://www.media.enea.it/comunicati-e-news/archivio-anni/anno-2023/energia-analisi-enea-nuovo-calo-di-consumi-5-ed-emissioni-9-nel-primo-semestre-2023.html





martedì 11 luglio 2023

Transizione ecologica (più) veloce cercasi

 Fa caldo? Sì, fa caldo, e a livello globale ancora di più. Se, infatti, in Italia il giugno dello scorso anno sembra essere stato assai peggiore dal punto di vista termico del giugno appena trascorso, sul piano planetario non è così, visto che abbiamo appena superato tutti i record precedenti. E da alcuni anni è un continuo superamento di valori alti già registrati, in una tendenza sempre crescente. 

Secondo la WMO (World Meteorological Organization), il mondo “ha appena avuto la settimana più calda mai registrata, che fa seguito al giugno più caldo mai registrato, con temperature della superficie del mare senza precedenti e un’estensione minima record del ghiaccio marino antartico”.

Secondo l’osservatorio sui cambiamenti climatici dell’Unione Europea, giugno è stato il mese più caldo a livello globale, superando di poco più di 0,5°C la media per il periodo compreso fra il 1991 e il 2020 (vale a dire una media su un periodo già caratterizzato dal riscaldamento globale) e superando di molto il giugno 2019, che era il record precedente. Inutile dire che tutto ciò va ad incidere pesantemente sulla nostra salute, sugli ecosistemi, sull’ambiente naturale così come lo conosciamo.


Quesì dati sono incontrovertibili, e si susseguono da decenni, quando (venti o trenta anni fa) i decisori politici nella quasi totalità negavano il trend, facendoci perdere così del tempo prezioso, che ora paghiamo a prezzo alto, nel ritardo che abbiamo accumulato e nelle conseguenze concrete che dobbiamo sopportare. La caldissima estate del 2022 ha comportato 22.000 morti legati al calore eccessivo in Europa, di cui 18.000 in Italia. 

Ora sono rimasti in pochi a negare l’evidenza, ma restano forme di resistenza che possono ritardare colpevolmente il processo che orami tutti chiamano “transizione ecologica”. A tal proposito, Giorgia Meloni ha affermato che va fatta, ma “non possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese”, mentre il ministro Pichetto Fratin loda il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) da poco inviato alla Commissione Europea per il suo realismo lontano da pretese velleitarie. Dichiarazioni che, insieme ad una prima scorsa veloce del PNIEC stesso, indicano un agire timido, impostato nella difesa prioritaria dello status quo economico ed imprenditoriale italiano. L’errore è già presente qui, nell’impostazione politica; al contrario, la transizione ecologica, che è e sarà sempre più la via maestra mondiale, è una formidabile occasione per guardare avanti e impostare un futuro di sviluppo del nostro Paese - sviluppo che non si trova nei cardini e nei percorsi della crescita vissuta dall’Italia nel dopoguerra. Quella del governo (sostenuta dal contrasto esplicito alle tesi ambientaliste del coro dei quotidiani di parte destra) è un’impostazione di minima, fra l’altro già superata nei fatti da molte imprese italiane, che sfugge al confronto vero con il tema principale del nostro tempo.

Impostare una strada diversa diventa il perno di qualsiasi proposta concreta per il futuro, da fare adesso e velocemente, del nostro Paese.




martedì 27 giugno 2023

Sempre più Comuni Rinnovabili (ma ancora non basta)

 Come sempre da alcuni anni, luci ed ombre sul progresso delle fonti rinnovabili nel nostro Paese: secondo l’ultimo Rapporto “Comuni Rinnovabili 2023”  di Legambiente aumentano i nuovi impianti e i Comuni ad energia pulita, ma il nostro Paese non è ancora sulla via giusta per raggiungere gli obiettivi al 2030 (che ci portano, fra l’altro, a dover coprire con le rinnovabili più del 60% della domanda soltanto elettrica nazionale).

Non siamo fermi, comunque, e ben 3.535 comuni italiani producono localmente energia elettrica rinnovabile in misura superiore ai consumi dei residenti: 100% elettricità pulita ed oltre.

I Comuni che vedono impianti ad energia pulita sul proprio territorio sono numerosi in generale, e nel 2022 ben 7.317 territori municipali in Italia hanno visto la realizzazione di nuovi impianti ad energia pulita. Si tratta di realtà positive e in continuo miglioramento, visto che l’installazione di nuovi impianti a livello comunale cresce di +14,4% rispetto soltanto all’anno precedente 2021.

Ampliando lo sguardo, i Comuni 100% rinnovabili, vale a dire inclusa la produzione termica, rimane stabile ad una quota sicuramente bassa: 40 Comuni soltanto. Questo dato fotografa nel contesto municipale lo storico ritardo che caratterizza le rinnovabili termiche nel nostro Paese (in Italia nel 2021 la quota dei consumi finali lordi coperta da fonti rinnovabili termiche è pari al 19,7% (GSE); non male nella vecchia ottica “fossile”, insufficiente nell’ottica attuale in vista degli obiettivi green da raggiungere).


Questi dati sono parzialmente positivi, ma le lentezze e gli ostacoli burocratici sono ancora all’opera e frenano il cambiamento, rendendo quindi necessaria e non più rinviabile una velocizzazione degli iter autorizzativi che davvero apra le porte a tutto ciò che è fattibile in breve tempo e senza particolari difficoltà o problematiche paesaggistiche, a partire dal fotovoltaico sui tetti di tutti i capannoni industriali, commerciali, destinati all’agricoltura o ad altre necessità (coperture di parcheggi, per es.). Con l’espansione delle strutture destinate alla logistica, o al grande commercio, non si vede perché non si obblighino gli investitori almeno a realizzare capannoni dotati di pannelli solari e pavimentazioni dei parcheggi che consentano il passaggio nel terreno dell’acqua piovana. Non sono scelte inutili, al contrario, fanno la differenza, e non dovrebbe essere consentita la realizzazione di strutture prive di impianti destinati a coprire il fabbisogno energetico della struttura stessa in modo pulito e magari produrne in eccesso mettendola in rete. 

C’è ancora molto lavoro da fare per proseguire sulla strada della transizione energetica già imboccata rispettando una tabella di marcia che ci consenta di raggiungere gli obiettivi prefissati. Risulta che a livello nazionale i progetti in attesa superano quelli approvati, ma non possiamo permetterci altri indugi.


Il Rapporto Comuni Rinnovabili 2023 si scarica qui (pdf di 49 pagine):


https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2023/06/Comuni-Rinnovabili-2023.pdf



giovedì 8 giugno 2023

Piogge più intense e edificazioni in eccesso: la famosa mano dell’uomo

 L’alluvione in Emilia-Romagna, ed in particolare in Romagna dove ha allagato una porzione rilevante di territorio della pianura e causato frane sui rilievi dell’Appennino, è stato un evento devastante, di grande portata, e comunemente inaspettato. Nel giro di due giorni, e dopo che una settimana prima il territorio era già stato colpito da pesanti precipitazioni, la pioggia incessante, battente, costante, ha scaricato acqua su terreni che solo tre settimane prima erano considerati siccitosi, mentre i fiumi si sono gonfiati in una notte quando erano quasi asciutti nel mese precedente. I torrenti che scendono dall’Appennino erano in piena come raramente si osserva, e l’esondazione è stata praticamente inevitabile. I danni, incalcolabili quelli relativi alle vittime, sono nel complesso enormi.


Tutta la Romagna, e tutta l’area di pianura Padana dal medio corso del Po fino all’Adriatico è considerata allagabile in caso di eventi estremi dalla mappatura del territorio dell’Ispra, così come molte altre zone d’Italia. Contemporaneamente, gli eventi estremi stanno aumentando in frequenza e in intensità, nel contesto del cambiamento climatico in atto da anni.


Traggo l’immagine e le frasi seguenti da una pubblicazione scientifica che prende in considerazione il territorio italiano (dunque non descrive fenomeni generali lontani dal contesto) e che risale al 2009. Ve ne sono altre risalenti ad anni prima. Perché questa scelta? Perché non si dica che non era previsto; al contrario, nel corso degli anni le evidenze in proposito sono diventate sempre più chiare.

Sullo studio in questione si legge, fra l’altro, che “su tutto i territorio italiano è in corso una lieve diminuzione delle precipitazioni totali, una diminuzione significativa del numero dei giorni piovosi, un prevalente aumento dell’intensità delle precipitazioni con valori e livelli di significatività variabili a seconda della regione in esame”. Lo studio suddivide il nostro Paese in cinque macro aree nelle quali la Romagna si trova nella zona Nord-Est-Sud (stante la nomenclatura usata) in acronimo NES. L’immagine utilizza linee di vari colori, mostrando andamenti nel tempo un po’ differenziati, ma sostanzialmente coerenti, come si vede chiaramente in figura. Essa ci mostra che, in sintesi, le precipitazioni rimangono all’incirca le stesse - con differenze fra le varie aree - i giorni piovosi calano notevolmente, e di conseguenza l’intensità delle piogge aumenta. I tre grafici sono chiarissimi in proposito.

In particolare, il fenomeno è più netto proprio nella zona denominata NES che va dal medio corso del Po all’Adriatico, includente anche la Romagna, e che corrisponde alla linea blu, insieme alla linea rossa che rappresenta invece il Nord-Ovest (Piemonte ed Emilia). Questo significa che l’intensità delle precipitazioni aumenta proprio nella zona classificata ad alto rischio allagamento dall’Ispra.


Si legge ancora “in generale, la diminuzione degli eventi di bassa intensità e l’aumento degli eventi più intensi è il sintomo di una estremizzazione della distribuzione delle precipitazioni italiane”.  Lo studio si spinge oltre, analizzando gli andamenti delle ondate di calore (triplicate in 50 anni), inondazioni costiere (inclusa Venezia), eventi siccitosi, prevedendo un aumento dei fenomeni nei decenni futuri (rif. in calce).


Il disastro avvenuto evidentemente non è solo dovuto al cambiamento climatico: la zona interessata è ampiamente modificata dall’intervento umano. Si trattava per via naturale di zone in gran parte paludose, dove finivano fiumi e torrenti appenninici, di cui ora restano scampoli nei Parchi e nelle zone protette (Parco del Delta del Po, Valli di Comacchio, Valli di Argenta, e altre). Le acque piovane venivano assorbite da canneti, paludi, acquitrini, i fiumi assestavano il loro corso come accade naturalmente nei corsi d’acqua non regimentati.

Ora, il territorio è caratterizzato da fiumi costretti fra stretti argini, costruzioni anche in aree troppo vicine agi argini stessi, campi coltivati, e insomma tutto quanto ci si può aspettare in una delle zone più sviluppate d’Italia. Il problema è che ora occorre rivedere almeno in parte il tipo di sviluppo e le modalità con cui viene realizzato tenendo conto del contesto naturale e delle risultanze scientifiche in tema di clima. Coloro che affermano che le alluvioni ci sono sempre state dicono una cosa ovvia; il tema è come cambiano ora e nel prossimo futuro sulla base degli studi scientifici e le modalità con le quali reagisce un territorio ampiamente antropizzato. 

Mille volte è stato detto che l’Italia è un Paese fragile, ma si contano con le unità gli interventi in difesa del territorio. Gli eventi franosi, le alluvioni ormai sono a cadenza mensile, ma il consumo di suolo nuovo procede senza sosta. Cambiare strada sarà una bella sfida.



Lo studio citato, inclusi i grafici nell’immagine:


Baldi, Brunetti, Cacciamani, Maugeri, Nanni, Pavan, Tomozeiu “Eventi climatici estremi: tendenze attuali e clima futuro sull’Italia”, su “I cambiamenti climatici in Italia: evidenze, vulnerabilità, impatti” a cura di S. Castellari e V. Artale, Bononia Univ. Press.





martedì 16 maggio 2023

La Cina raggiungerà quest’anno il nuovo picco delle emissioni, ma potrebbe essere l’ultimo

 Le emissioni di biossido di carbonio - CO2 - della Cina sono cresciute del 4% nei primi mesi del 2023 in rapporto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo un picco che rappresenta un record per il grande Paese asiatico, al di sopra di 3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti, scrive Lauri Myllyvirta (lead analyst al Centre for Research on Energy and Clean Air, CREA) su Carbon Brief.


Le emissioni record raggiunte dalla Cina sarebbero causate, secondo l’analisi, da tre fattori principali: un rimbalzo dell’economia cinese dopo il lungo periodo di restrizioni dovute al Covid, misure economiche di stimolo, e bassa generazione da fonte idraulica dovuta alla siccità. Questi fattori avrebbero determinato un aumento della domanda di combustibili fossili, corrispondenti per ogni fonte a +5,5% di petrolio, +3,6% di carbone, +1,4% di gas, derivanti principalmente dalla produzione energetica, dai trasporti, dalla produzione di cemento.

Con tutta probabilità, visto l’impegno del governo sul fronte economico, l’anno in corso segnerà un picco di emissioni mai visto prima.


Ma sul medio periodo le cose starebbero in forma un po’ diversa (per fortuna). 

L’impegno cinese sul versante delle fonti rinnovabili ha portato ad una capacità installata che, insieme al nucleare (che ha altri problemi, ma non emette CO2) supera il 50% del totale. Le installazioni solari quest’anno sono triplicate rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quelle eoliche hanno registrato un +32%, e complessivamente si prevede che quest’anno la nuova capacità solare ed eolica installata raggiungerà i 160 GW. I grafici mostrano andamenti in forte crescita, nettamente superiore agli ultimi anni, quando avevano già tutti un notevole andamento crescente. Questo significa che l’impegno cinese sulle rinnovabili non è venuto meno, anzi, è maggiore di prima, tanto che se la tendenza continuerà la Cina supererà previsioni che solo poco tempo fa erano consolidate fra gli analisti, ma che appaiono oggi eccessivamente deboli.

Contemporaneamente, la Cina fa ancora largo uso di carbone e nuovi impianti vengono realizzati, ma pare che la necessità di tali impianti sia fondamentalmente a copertura della domanda di picco, cresciuta notevolmente in anni recenti (lo scorso anno l’estate straordinariamente calda ha portato a un uso diffuso di condizionatori).

Le previsioni degli analisti sostengono che nei prossimi anni il contributo delle centrali a carbone potrebbe diminuire (in accordo, del resto, con gli impegni presi) in concomitanza alla percentuale sempre maggiore di fonti pulite, e che nel complesso le emissioni di carbonio sarebbero vicine, o già prossime, al picco storico, vale a dire al periodo in cui inizierebbero a calare. L’outlook prevede il picco addirittura quest’anno, e sarebbe seguito negli anni prossimi da un declino strutturale del livello delle emissioni.


Su piano globale, questo significa che la transizione ecologica del settore energetico sta coinvolgendo sempre più anche i grandi Paesi che fino a poco tempo fa erano occupati a creare sviluppo economico per migliorare le condizioni di vita al loro interno al di là di considerazioni di stampo ambientale. La Cina è stata portata troppo spesso a supporto delle tesi negazioniste e conservative dello status quo mentre non è affatto questo il ruolo che sta ricoprendo attualmente. Al contrario, nonostante le difficoltà derivanti dal recente sviluppo, l’impegno sul fronte delle rinnovabili non viene accantonato, come confermano gli studi condotti negli ultimi anni. 

La prospettiva (di cui l’Unione Europea è sempre stata traino mondiale, anche dal canto suo non senza difficoltà) va tenuta aperta e supportata in ogni modo, con lungimiranza.


L’analisi pubblicata su Carbon Brief si trova al seguente link:


https://www.carbonbrief.org/analysis-chinas-co2-emissions-hit-q1-record-high-after-4-rise-in-early-2023/







martedì 18 aprile 2023

Inizia il calo delle emissioni del settore energetico? Probabilmente sì.

 Crescono le rinnovabili e raggiungono percentuali non certo trascurabili dell'energia elettrica: secondo Ember, nel 2022 la quota è stata del 12%, con un incremento notevole rispetto all'anno precedente che registrava un 10%.

Il think tank sulla sfida energetica Ember ha pubblicato il nuovo Rapporto sullo stato del settore di produzione di energia che prevede che già quest'anno potremmo entrare in una nuova era di calo continuo della produzione da fonti fossili e di conseguenza delle emissioni derivanti dal settore. Sulla strada della decarbonizzazione, lo scenario dell'IEA (International Energy Agency) "Net Zero emissions" pone l'obiettivo di zero emissioni per il settore energetico al 2040, mentre lo zero delle emissioni dell'economia nel suo complesso dovrebbe configurarsi nel 2050. Si tratta di obiettivi molto sfidanti, da cui emerge l'importanza e l'urgenza di un decremento continuo nel settore energetico.

Le notizie riportate sono parzialmente positive: l'intensità di carbonio della generazione di elettricità non è mai stata così bassa come nello scorso anno, quando ha raggiunto "solo" 436 gCO2/kWh, cioè l'energia più pulita che nel complesso sia mai stata prodotta, dovuta principalmente all'aumento record di solare ed eolico. Nonostante questo, le emissioni del settore sono cresciute del 1,3%, per via del fatto che sono complessivamente aumentati i consumi.  Il ricorso al carbone è cresciuto del 1,1%, in linea con gli anni precedenti, ma molto meno di quanto ci si aspettasse al principio della crisi energetica, mentre il gas è quasi stabile. 

Ma soprattutto, gli autori del rapporto ritengono che il 2023 sarà l'inizio di un calo delle emissioni provenienti dal settore di produzione di energia che continuerà in futuro, dando il via ad una nuova era di emissioni via via decrescenti.

Per quanto riguarda altre fonti, come il nucleare tradizionale (fissione), che non emettono carbonio ma presentano altri problemi di difficile soluzione, si registra in questi giorni la notizia che la Germania abbandona i reattori decidendo di chiudere le ultime tre centrali ancora attive.  La strada sembra chiara: verso le fonti pulite e l'efficienza energetica.

Per saperne di più sul rapporto Ember:

https://ember-climate.org/insights/research/global-electricity-review-2023/




venerdì 7 aprile 2023

Fotovoltaico in Sicilia: un beneficio, non certo un danno

 Davvero si fatica a comprendere quale sia lo scopo del Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani che ha deciso di sospendere il rilascio di autorizzazioni per il fotovoltaico nella sua regione, vale a dire che ha deciso di bloccare 667 richieste di nuove connessioni per una potenza di oltre 36 GW. Stando alle sue parole (Sole24Ore del 4 aprile u.s.) “dobbiamo valutare l’utile di impresa con l’utile sociale e col danno ambientale” e ancora “si tratta di investimenti notevoli che non producono posti di lavoro” e “la Sicilia paga un prezzo non dovuto per una risorsa che abbiamo”. Tutto questo specificando che le istruttorie non si fermano, ma vanno avanti. 

All’apparenza siamo all’autarchia locale dell’energia. Allora teniamoci ciascuno le nostre centrali per far funzionare la propria regione, incluse quelle che sfortunatamente inquinano perché non sono solari, così nessuno paga un prezzo non dovuto per la propria risorsa. Risulta quasi incredibile che un Presidente di Regione si esprima in questo modo, soprattutto in una fase energetica delicata in cui occorre per il bene del Paese investire sulle rinnovabili; speriamo che si tratti solo di schermaglie fra enti, alla ricerca di compensazioni.

E speriamo soprattutto che lo scontro fra istituzioni non rallenti - ancora una volta - un processo in cui siamo indietro se consideriamo le potenzialità del nostro Paese. Stando ai dati di Elettricità Futura (associazione del settore aderente a Confindustria) se procediamo come nell’ultimo periodo non raggiungeremo gli obiettivi al 2030. Figuriamoci poi se le Regioni corniciano a puntare i piedi.  Sempre Elettricità Futura sostiene che per raggiungere l’80% di rinnovabili al 2030 sarà necessario installare 85 GW per 320 miliardi di investimenti, 540 mila posti di lavoro, e 270 mliioni di tonnellate di CO2eq risparmiate. Le Regioni avranno solo da guadagnare dal processo e soprattutto quelle del Sud: proprio in Sicilia, a Catania, sono in corso progetti come quello di Enel Green Power 3Sun, una gigafactory da mille posti di lavoro dove si programma l’agrifotovoltaico o i nuovi pannelli solari bifacciali a eterogiuzione di silicio con prestazioni più elevate di quelli tradizionali, e destinata a diventare la più grande fucina di pannelli solari in Europa.  Altro che compensazioni, la Sicilia diventerà leader del settore. 


Abbiamo rilevato per un paio di decenni (questi sono stati i tempi necessari alla politica) che avevamo promosso con un sistema di incentivazioni le fonti rinnovabili senza creare una filiera del settore, ora che la stiamo creando sarebbe meglio portare avanti il tutto senza intoppi. Non si tratta solo di rispettare i target ambientali, si tratta in concomitanza di costruire un futuro per l’industria italiana che si basi sulle reali necessità e sulle risorse disponibili fra le quali non manca certo il Sole.




sabato 18 marzo 2023

Emissioni 2022: non bene, ma poteva andare peggio

 Le emissioni globali di biossido di carbonio dovute agli usi energetici sono aumentate anche nel 2022 ma meno di quanto si temesse soprattutto grazie alla forte crescita delle rinnovabili e delle tecnologie più efficienti. Come mostra il grafico, dopo il crollo delle emissioni nel 2020 a seguito del lockdown globale per la pandemia e il forte rimbalzo del 2021 con un +6%, lo scorso anno è stato registrato un incremento dello 0,9%, decisamente più basso di quanto ci si aspettasse. Il fatto però che la crescita sia piuttosto contenuta non ci esime dall’aver raggiunto il massimo storico di ben 36,8 miliardi di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera.

Come a dire, le emissioni continuano a crescere ma meno del previsto. 


Questo è il quadro complessivo che emerge dal rapporto “CO2 emissions in 2022” (scaricabile al link in calce) della Iea (International Energy Agency) riguardante le emissioni di CO2 del settore energetico.

Il rapporto riguarda le emissioni di gas ad effetto-serra (CO2, metano, ossidi di azoto) provenienti dalla produzione di energia e dai processi industriali. Questi ultimi hanno visto un calo, mentre l’energia un incremento. Tutto sommato, e nonostante quanto accaduto nei mesi scorsi, con forti oscillazioni dei prezzi dell’energia, inflazione, ritorno del carbone in numerosi Paesi in risposta alla situazione di grande incertezza dovuta anche alla guerra in Ucraina, risulta che le nuove tecnologie per le rinnovabili e per l’efficienza non hanno perso terreno ed hanno evitato ben 550 milioni di tonnellate di emissioni. Una conferma del fatto che una volta ben introdotte nel mercato le nuove tecnologie si aprono la loro strada e non si torna più indietro.

Un secondo fra i punti principali che emergono dallo studio consiste nella conferma della tendenza al disaccoppiamento - desiderio e attesa ultradecennale di tutti coloro che seguono questo tema - fra le emissioni e la crescita economica che si registra da un po’ (2021 a parte): lo scorso anno il PIL mondiale è cresciuto del 3,2%, dunque molto di più dell’aumento delle emissioni. 

Il rapporto si addentra in valutazioni riguardanti le singole fonti e i principali Paesi inquinatori, dove risulta un leggerissimo calo delle emissioni in Cina, un piccolo aumento negli USA, quindi sostanzialmente situazioni stazionarie nei due Paesi, ed una riduzione del 2,5% nell’Unione Europea dove per la prima volta la generazione di elettricità eolica e solare insieme ha superato quella del gas o del nucleare. 



Nel grafico, l’andamento delle emissioni di carbonio in atmosfera nel corso del tempo. In ordinata, le emissioni in miliardi di tonnellate.



Il rapporto  IEA “CO2 emissions in 2022” può essere scaricato qui:


https://www.iea.org/reports/co2-emissions-in-2022





giovedì 23 febbraio 2023

Bandi green e rinnovabili: la Regione Emilia Romagna si impegna, ma il ritardo c’è ancora

 Fa piacere, anche se in un’ottica di lungo periodo, evidenziare il cambiamento avvenuto nelle istituzioni riguardo i temi energetici e ambientali negli ultimi vent’anni: si è passati da piani energetici obsoleti già al tempo in cui venivano proposti e largamente tradizionali a programmi green che un tempo stavano soltanto nei sogni degli ambientalisti.

Anche la Regione Emilia Romagna non si sottrae a questa evoluzione positiva che ha interessato le politiche riguardanti energia, ambiente, e ora (correttamente) anche lavoro, con una spinta in avanti negli anni recenti che delinea un cambio netto di visione. Vorrei segnalare il piano triennale di attuazione 2022-2024 del Piano Energetico Regionale 2030 (approvato con delibera n.112 del 6 dicembre 2022) e i primi tre bandi ad esso collegati, attivi in questi giorni se qualcuno fosse interessato. 


Si tratta di un primo bando da 13 milioni di Euro a fondo perduto (domande da indirizzare alla Regione dal 31 gennaio al 22 febbraio 2023) rivolto alle imprese che intendono fare interventi di riqualificazione energetica, di realizzazione di impianti a fonti rinnovabili per l’autoconsumo, di adeguamento antisismico.

Il secondo bando impegna 30 milioni di Euro per le stesse finalità ma destinati agli edifici pubblici (domande da presentare dal 14 marzo al 27 aprile 2023).

Infine, il terzo bando mette in campo 2 milioni di Euro per sostenere la costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili (domande dal 9 febbraio al 9 marzo 2023). 

Una Comunità Energetica Rinnovabile, prevista dalla normativa europea e italiana, è un’associazione di cittadini, imprese, amministrazioni locali, avente lo scopo di produrre, consumare e scambiare energia prodotta, ovviamente, con fonti pulite. Si tratta di un concetto innovativo che può produrre benefici economici e ambientali notevoli, e rientra nella linea politica di decarbonizzazione - e in questo caso, di evidente democratizzazione - dell’energia dell’Unione Europea.


Si legge sul sito (all’indirizzo in calce) che il Piano triennale di attuazione del piano energetico regionale aggiorna alcuni obiettivi, e fra questi indica una quota di copertura dei consumi finali rinnovabile del 22% al 2024, raggiungibile con un tasso di crescita del 3% annuo: una crescita interessante, che evidentemente avrebbe avuto altre cifre se si fosse partiti prima negli anni, e sarebbe stato più facile ottemperare i target UE, come è noto molto sfidanti. Nello specifico, l’Unione ha fissato l’obiettivo di raggiungere il 45% di rinnovabili sui consumi finali al 2030, mentre le emissioni climalteranti dovranno calare del 55% rispetto al 1990 sempre al 2030. E’ necessario uno sforzo notevole per rispettare limiti così stringenti, e le politiche dovranno concretizzarsi in esperienze e azioni tangibili rispettando una tabella di marcia che non ammette sconti.


In sostanza, va bene e soprattutto va bene il cambio netto di prospettiva avvenuto negli ultimi anni, ma per rispettare gli obiettivi dell’Unione Europea in materia di energia e emissioni sarà necessario fare di più, cifre alla mano. 


Il sito della Regione Emilia Romagna con i dati qui forniti:


https://energia.regione.emilia-romagna.it/notizie/in-evidenza/energia-pulita-piano-da-8-5-miliardi-gia-pronti-tre-bandi-da-45-milioni




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