venerdì 25 giugno 2021

Fusione accelerata

 Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature ripropone, in versione particolarmente precisa e approfondita, il tema dello scioglimento dei ghiacciai che sta interessando praticamente tutto il pianeta.  L’articolo, dal titolo “Accelerated global glacial mass loss in tre early twenty-first century”, (“Perdita di massa glaciale globale accelerata nei primi anni del ventunesimo secolo”) esamina il tema della velocità della fusione dei ghiacciai, per nulla costante. Anzi, come si evince già dal titolo, accelerata. Un aspetto importante che ci riporta ad un parametro già più volte menzionato in questo blog: il tempo. Dopo anni (decenni) in cui la politica e’ stata inerte, se non addirittura refrattaria, quindi assolutamente inadeguata ad affrontare la questione, ora sembra che si voglia procedere verso una vera decarbonizzazione dell’economia e, ammesso che lo si faccia davvero, “fare in tempo” prima che succedano eventi irreparabili sarà la sfida prioritaria.

Meglio chiarire subito per farsi un’idea precisa che l’accelerazione e’ una variazione della velocità positiva, vale a dire che determina una velocità che cresce nel tempo. Se un ghiacciaio e’ arretrato di cinquanta metri (la riduzione lineare e’ più facile da immaginare che non la perdita di massa complessiva), poniamo, in vent’anni, nei prossimi venti non indietreggerà di ulteriori cinquanta metri, ma di più. Per esempio di settanta. Successivamente, nei futuri vent’anni, non arretrerà di settanta, ma di più. Per esempio di cento. E così via. Alla fine, non ne resterà nemmeno uno. 

Se la mente umana fatica a comprendere il concetto di crescita esponenziale, come ci hanno più volte spiegato esponendo i dati dei contagi durante la pandemia, credo che abbia qualche problema anche con la crescita accelerata. Assai più semplice da comprendere, ma ancora difficile da credere. 

La progressione trovata nella ricerca esposta nell’articolo (indirizzo in calce) non è quella scritta sopra a titolo esemplificativo, ma un vero dato numerico intero riferito ai primi anni del 21° secolo, cioè quelli che abbiamo appena vissuto o che stiamo vivendo ora.  Durante il periodo che va dal 2000 al 2019 i ghiacciai hanno perso una massa di 267+-16 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) all’anno. E veniamo all’accelerazione: lo scioglimento della massa glaciale accelera di 48+-16 gigatonnellate all’anno ogni decade. Fra dieci anni, quindi, la velocità di scioglimento dei ghiacciai sarà di 315 gigatonnellate all’anno, e se l’accelerazione stessa resterà costante, fra venti il dato sarà di 362 gigatonnellate all’anno. L’incertezza di più o meno 16 non altera il nocciolo del ragionamento.

Si tratta di un’accelerazione molto alta, che porta a velocità di scioglimento dei ghiacciai elevatissime. E non sappiamo nemmeno se essa sia costante. 

Naturalmente, ci sono differenze a livello locale, fra i ghiacciai artici e antartici e i ghiacciai montani, e fra questi ultimi nelle varie regioni della Terra. Ma il dato è ormai più che allarmante, esso e’ parte del quadro reale che sta prendendo forma anticipato dai vari studi che tentano di capire come diventerà il clima terrestre a seguito del cambiamento esteso e profondo indotto dalle attività umane, con cui dovremo fare i conti. Sappiamo che non basterà nemmeno più ridurre gli inquinanti a quasi-zero nei prossimi anni per arginare le conseguenze di quanto e’ già stato emesso in atmosfera - percorso che comunque va fatto - e perciò dovremo adattarci. Il cambiamento climatico è una realtà in atto, da tempo, e senza attendere le nostre decisioni.


Lo studio citato si trova al seguente link:


https://www.nature.com/articles/s41586-021-03436-z



domenica 13 giugno 2021

Primarie del centrosinistra per la carica di Sindaco di Bologna

 Domenica 20 giugno si svolgeranno le elezioni primarie del centrosinistra a Bologna per decidere il candidato alla carica di Sindaco della città. 

Si potrà votare dalle ore 8.00 alle ore 20.00, recandosi ai seggi che verranno allestiti oppure online con l’accreditamento Spid dell’identità digitale.


I candidati sono due: Matteo Lepore e Isabella Conti. Il primo, Assessore in città, la seconda, Sindaca di San Lazzaro, paese alle porte di Bologna sulla Via Emilia. Il primo, esponente del Partito Democratico, la seconda, di Italia Viva, dopo essere uscita tempo fa dal medesimo PD. 

Ho già descritto in questo blog le criticità che emergono dalla parabola che porta a queste primarie, troppo evidenti per essere accantonate in modo spiccio. Ora si tratta di andare a votare, ma in seguito sarà tempo di occuparsi dei percorsi che portano alle candidature stesse, in un’analisi che non può più essere evitata.

Ed il voto è obiettivamente una scelta non facile fra due amministratori capaci che riescono ad incarnare entrambi sensibilità che sono ben presenti nel PD, oltre che nel centrosinistra nel suo complesso. Un primo elemento da considerare, che non può che essere positivo, è proprio questo, ovvero il fatto che si tratta di due candidature di qualità, e chi fra i due vincerà dovrà tenerne conto. Dunque, bene, ai progressisti non mancano le persone da mettere in campo, al contrario delle destre che non riescono a trovare un candidato. Se ci dicono che siamo litigiosi è un complimento al confronto del vuoto assoluto che si trova dal lato destro. 

Se votassi a Bologna (non voto più in città per ragioni di residenza), ho maturato la convinzione che voterei per Matteo Lepore. Le sue qualità di amministratore non sono in discussione, come detto, ed è fondamentale che il candidato alla carica di Sindaco sia espressione del Partito Democratico. Il PD ha il suo luogo naturale al cuore della coalizione, di cui è perno e motore. Credo che si aprano prospettive nuove in città con Lepore alla carica di Sindaco che non possono realizzarsi in altre condizioni politiche. 


La città di Bologna, già ben amministrata, ha comunque la necessità di migliorare guardando al futuro. Ed deve essere lei, la città con i suoi abitanti, il centro dell’attenzione e dell’impegno comuni.


Come si legge sul sito delle primarie, possono votare le cittadine e i cittadini italiani e dell’Unione Europea residenti nel Comune di Bologna che alla data delle Primarie di centrosinistra abbiano compiuto 16 anni di età, nonché le cittadine e i cittadini di altri Paesi in possesso di permesso di soggiorno, residenti nel Comune di Bologna. 


Per ogni ulteriore informazione, consultare i siti:


www.primariebologna.com


www.pdbologna.com





domenica 6 giugno 2021

La sfida, decisiva, di Draghi e dell’UE

 L’ultimo numero di Limes (“Il triangolo sì”, 4/2021) è dedicato a quella che viene definito il nucleo della koinè europea, ovvero il Triangolo costituito da Italia, Francia, Germania. Non c’è dubbio che siamo una comune civiltà che si trova geograficamente sul continente europeo, che invece di sentirsi “vecchia” (la “vecchia Europa”) dovrebbe saper guardare al futuro, in un quadro evolutivo.

Parto dalla fine, non della rivista ma del ragionamento, ovvero dalla necessità di dotarci di “un’amministrazione pubblica degna del nome”. Questo dovrebbe essere obiettivo prioritario, o incluso fra i prioritari, di coloro che governano per molte ragioni. Soprattutto una: il tempo. L’assunzione del problema infatti non è nuova, ma il tempo che passa rende sempre più urgente la sua soluzione. Il numero citato della rivista porta avanti una tesi, ovvero che il confronto con la Francia ci spinga a farlo - meglio prima che poi. Lo scopo è naturalmente molto elevato, ovvero che l’Italia faccia la sua parte (finalmente) nel contesto internazionale ed europeo, in altre parole, che sia in grado di farla. Un fine assolutamente condivisibile e auspicabile.

Il contesto attuale di rafforzamento delle relazioni con la Francia dovrebbe aprirci gli occhi, e le capacità politiche visto che si tratta di giocare un ruolo di equilibrio, e decisivo, in Europa e nei rapporti con gli USA. La sensazione, quasi istintiva, è che ci sia spazio per noi e che l’aspettativa sia che lo riempiamo adeguatamente. Includendo il rapporto con gli USA, per noi strettissimo, si capisce in quale contesto ci troviamo e dobbiamo agire. 


Le affinità/diversità culturali ovviamente hanno la loro importanza, ma andando al sodo i conti mostrano che i legami sono intensi per noi con la Francia e con la Germania. E salta fuori persino la mia regione: l’Emilia-Romagna ha una posizione decisamente rilevante nel ragionamento se, insieme al resto del Nord Italia, presenta un interscambio commerciale con la Germania di prima categoria (si trova in terza posizione dopo Lombardia e Veneto). Non per niente il treno tedesco arriva fino a Bologna, e parte da Bologna verso Austria e Germania, la rete viaria di collegamento da Modena attraverso il Brennero (Statale 12, Autostrada, ferrovia) è la principale, e non ultimo, le spiagge romagnole sono mete consolidate del turismo germanico. Anche la Francia ovviamente ha grandi rapporti con le regioni del Nord Italia, ma la sua presenza si estende in modo più uniforme su tutto il territorio della penisola. 

Sono rapporti spesso asimmetrici sul piano della forza, ma visti da una luce positiva, sono parte del processo unificante l’Europa, che viaggia su binari suoi propri spesso indipendentemente dai tracciati della politica. 


L’analisi però non è completa se non si esamina la questione energetica. Basta dare un’occhiata a qualsiasi cartina dei condotti di gas per vedere ad occhio quale tipo di legame fisico - altro che culturale o sentimentale - ci riguardi. Il nostro Paese importa poco meno della metà del gas dalla Russia, poi dal Nord Africa, dalla Norvegia, dall’Olanda. Più o meno lo stesso per l’Unione Europea tutta, che dipende per poco meno della metà del fabbisogno di gas dalla Russia, da cui lo importa tramite gasdotti che percorrono migliaia di chilometri attraverso vari Paesi dell’Est. Quindi si dipana una matassa, sul territorio geografico e su quello politico, che verso Est ha uno dei suoi fili principali.

Ovviamente importiamo anche petrolio, ancora necessario soprattutto per i trasporti. 

Per questo la politica energetica dell’Unione sarà fondamentale. Perché non ci sarà nessuna considerazione storica, culturale, di affinità, che potrà incidere di più di una pura e semplice dipendenza energetica. Per questo la politica energetica dell’Italia sarà fondamentale. Per le stesse ragioni. 


Da qui discende la questione climatica - nei ragionamenti politici - non il clima che richiede stabilità, ma il clima che offre la porta aperta per ridurre la dipendenza energetica, che è e resta un fattore chiave. Qui si fa l’Europa, con la e maiuscola. Un continente ad emissioni zero (quasi) significa che ha ridotto in misura rilevante i suoi consumi di gas e di petrolio, e questo fattore va a cambiare le cartine con i gasdotti, i porti del petrolio o di GNL. Energia sua propria significa principalmente, per l’Europa, solare, eolica, idro, veicolata per via elettrica, e bassi consumi ottenuti con l’efficienza.

In attesa di grandi novità dalla fusione o dall’idrogeno, ad oggi significa questo.

Si tratta di una strada da percorrere senza esitazione, perché in gioco c’è il nostro futuro. Macron, Merkel, Von der Leyen lo hanno capito, noi dobbiamo fare altrettanto. 

Qui entra in gioco l’apparato statale cui abbiamo fatto cenno all’inizio. Siamo in grado di gestire i lauti fondi che avremo a disposizione? Next Generation EU è alla nostra portata? Questo è il punto cruciale che deve affrontare Draghi con il suo governo. Con tutta la volontà possibile.


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Tutte le stagioni in una settimana. E dovremo abituarci.

  Il cambiamento climatico presenta ormai con evidenza empirica praticamente tutte le caratteristiche previste da anni dai modelli climatici...

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