giovedì 11 marzo 2021

2020: il Covid non può farci dimenticare il clima

Ancora una volta dobbiamo porre ai primi posti della poco invidiabile classifica dei periodi più caldi l'anno appena trascorso. Come riporta il sito del Noaa (ente statunitense di ricerca su atmosfera e oceani; indirizzo in calce) il 2020 è stato il secondo anno più caldo, dopo il 2016. Al terzo posto, il 2019. I dieci anni più caldi sono occorsi tutti a partire dal 2005. Ci preoccupavamo del fenomeno negli anni '90, a pensarci ora fa sorridere: era ancora niente rispetto a ciò che sarebbe arrivato dopo. (Altre classifiche simili danno risultati che si discostano di pochissimo, confermando la tendenza generale).

Come accade ormai da molti anni, il tempo che trascorre è caratterizzato da temperature sempre più elevate del nostro pianeta, ed ogni anno supera il precedente, o quelli limitrofi, indicando una tendenza inequivocabile al riscaldamento globale. Questo andamento sembra non fermarsi mai: anche di fronte alla chiusura generalizzata delle attività, comprese quelle più inquinanti, dello scorso anno dovuta all'epidemia di Covid le modifiche alla tendenza media sembrano davvero trascurabili. Evidentemente, ridurre temporaneamente le emissioni inquinanti non toglie le (enormi) quantità già emesse in precedenza; è necessario cambiare il modello di sviluppo in modo tale da ridurre notevolmente le emissioni stesse in modo continuo e duraturo.

Si legge sul sito del Noaa che la temperatura media sugli oceani e sulle terre emerse è stata lo scorso anno superiore di 0,98 °C rispetto alla media calcolata sul periodo 1981-2010 - quindi già alterata dal fenomeno del riscaldamento globale. Se il calcolo venisse svolto rispetto ad un periodo antecedente l'incremento sarebbe ormai superiore al grado Celsius. Nell'immagine a colori che pone sulla superficie del globo gli scostamenti della temperatura verso l'alto (gradazioni di rosso) o verso il basso (gradazioni di azzurro) si vede che il fenomeno non è omogeneo: alcune zone si riscaldano più di altre, altre subiscono un raffreddamento locale (in realtà, sono pochissime e in calo rispetto agli anni scorsi). Come sempre emerge con evidenza il riscaldamento che caratterizza il nord della Siberia, un fenomeno noto da anni in quanto persistente, e ancora oggi spiegato con difficoltà. Esso comporta conseguenze preoccupanti: lo scioglimento del permafrost innanzitutto, che in alcuni casi può essere accompagnato da liberazione in atmosfera di metano, aggiungendo un gas fortemente riscaldante a quanto già emettiamo normalmente, e la notevole alterazione dell'ecosistema che mette a rischio la fauna locale in ambienti poco abitati e ancora dotati di biodiversità e specificità importanti per l'intero pianeta. 

Anche l'Europa non se la passa bene, il 2020 è stato il suo anno più caldo, nonostante il nostro Paese lo scorso anno sia stato un po' risparmiato, pur nel trend di generale incremento. 

Altri eventi vengono elencati: dai cicloni tropicali al calore degli oceani, dallo scioglimento dei ghiacciai artici, antartici e montani alla riduzione della copertura nevosa. Tutti questi fenomeni sono conseguenza del fatto che il bilancio energetico del pianeta Terra sta variando in relazione alla diversa composizione dell'atmosfera: in breve, viene trattenuta una quantità maggiore di energia termica rispetto al passato. La conseguenza sarà (ed è già oggi) un'alterazione del sistema climatico, e con esso della struttura e distribuzione degli ecosistemi, che interessa tutto il pianeta. E' indispensabile fermare il processo in atto ed orientarlo verso una posizione di equilibrio il più presto possibile. 




Maggiori informazioni si trovano al link del Noaa:

https://www.noaa.gov/news/2020-was-earth-s-2nd-hottest-year-just-behind-2016


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