martedì 30 maggio 2017

G7 dell'Ambiente a Bologna, fra ostacoli e indifferibilità dei temi




Una grande occasione per un confronto ad alto livello sui temi ambientali si presenterà i prossimi 11 e 12 giugno a Bologna, quando si terrà il G7 dell’Ambiente, un vertice con i Ministri dell’Ambiente voluto in città dal nostro Ministro Gian Luca Galletti. Fra essi, si annovera anche il responsabile degli Stati Uniti, Paese che intende uscire dall’accordo di Parigi a protezione del clima contro il riscaldamento globale.

E’ un’occasione importante, ed è bellissimo che si svolga a Bologna. Ne condivido la scelta e l’impostazione. La cosa più importante, però, è che non si tratti di una vetrina ma di un confronto vero, capace di portare risultati concreti.
Riguardo i temi sul tavolo, non c’è che l’imbarazzo della scelta, fra cambiamenti climatici, inquinamenti locali – che non sono più tanto “locali”, come la qualità dell’aria nella Pianura Padana o in altre grandi aree d’Europa come il bacino della Ruhr o i Paesi Bassi – grandi impianti inquinanti, fonti energetiche fossili, rifiuti nucleari e impianti nucleari obsoleti, inquinamento dell’acqua, perdita di biodiversità, taglio delle foreste, commercio di animali selvatici, etc. Temi importanti, che da molti anni si collocano fra le prime preoccupazioni dei cittadini, ma che continuano ad essere considerati in subordine rispetto ad altri dalla politica, e dalla cultura in genere. Temi sottovalutati da un vuoto innanzitutto culturale costruito da una politica chiusa a riccio sui propri schemi vetusti, che troppo spesso interviene soltanto per contenere la portata di provvedimenti di rilievo e orientarli in favore di scelte tradizionali, rinviando un processo che invece andrebbe favorito.
Si può invece fare moltissimo di quanto serve in termini sia di protezione sia di crescita e sviluppo, con la creazione di posti di lavoro utili, invece che di disoccupazione e “meccanismi flessibili” che dovrebbero favorire l’occupazione senza uno straccio di politica industriale.

A Bologna si preparano anche le contestazioni con una manifestazione per domenica 11 giugno, a cui parteciperanno numerose sigle ed associazioni. Il Ministro Galletti ha paventato l’eventualità di disordini (secondo quanto riportato da alcuni giornali).   Manifestare per ottenere risultati migliori su temi come quelli ambientali, sottovalutati dai partiti e dalla politica in genere, è un bene e un fatto molto positivo se l’espressione del proprio punto di vista viene incanalata e volta esclusivamente all’arricchimento del dibattito al fine di raggiungere obiettivi migliori. Il punto è e deve restare questo: il confronto tematico nel merito delle questioni. Il problema ambientale, per sua natura, è pieno di contenuti scientifici, tecnici, specifici, dunque non è di facile risoluzione, e non si presta ad interpretazioni semplicistiche o superficiali. Va affrontato entrando nel merito. Anche nei confronti degli Stati Uniti: non va dimenticato che un’amministrazione refrattaria alle politiche di protezione ambientale come quella attuale è stata preceduta da Obama, e soprattutto che l’America ha espresso autorevoli ambientalisti come Al Gore, Vicepresidente durante il governo di Bill Clinton, Premio Nobel per la  Pace proprio per il suo impegno ambientale, per un soffio (o forse per altro, nei mesi in cui il conteggio dei voti nella Florida governata dal fratello del suo avversario, George Bush non arrivava mai ad una conclusione accettata per poche centinaia di voti) mancato Presidente. Non va dimenticato, inoltre, che le tecnologie nuove e meno impattanti procedono nonostante tutto, nonostante presidenti recalcitranti e carbone a basso prezzo.  

Per contro, non va dimenticato che troppo spesso estremizzazioni poco fondate di questioni ambientali hanno portato acqua al mulino dei detrattori, che hanno trovato terreno per sostenere le loro tesi basate sugli errori degli altri. L’ambientalismo italiano ha vissuto anche questo, autocostruendosi ostacoli che si sono rivelati importanti battute d’arresto.
Insomma, che G7 sia, nel merito e senza ricette precostituite e inderogabili (che di solito si rivelano minestre riscaldate) tenendo conto che la verità in tasca non la possiede nessuno, e che proprio l’importanza dei temi ambientali, unita alla loro indifferibilità, richiede senso di responsabilità  e razionalità da parte di tutti.



martedì 23 maggio 2017

Il valore della biodiversità (e le condizioni umane)



1.

La biodiversità, ovvero la diversità biologica ricca e varia della Terra è in continuo calo per una serie di ragioni gravi e diffuse. Ogni anno la Giornata Mondiale della Biodiversità dell’ONU, che si celebra il 22 maggio con centinaia di iniziative in tutto il mondo, cerca di portare l’attenzione sul problema, ma si tratta di una questione complessa al momento di difficile soluzione.

Sono circa 13 milioni le specie, tra flora e fauna, che si stima abitino la Terra e di cui conosciamo soltanto una piccola parte, meno di due milioni.  Si tratta del patrimonio naturale del nostro pianeta, vario, unico, frutto di una lunghissima evoluzione durata oltre quattro miliardi di anni. Si tratta delle basi su cui abbiamo costruito la civiltà, creato una cultura, sostenuto l’alimentazione e la società di milioni e poi miliardi di persone per millenni. Si tratta delle risorse che servono all’industria, da quella meccanica a quella farmaceutica. Si tratta infine della bellezza di un ambiente straordinario nella sua normalità, quello terrestre.

Il valore della biodiversità non è monetizzabile, ma almeno parte di esso è stato esaminato dal punto di vista economico. L’evoluzione dell’economia umana infatti, vede oggi il capitale naturale come primo fattore limitante. Secondo uno studio dell’Unep (il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) “Dead planet, living planet”, pubblicato nel 2010, la biodiversità e gli ecosistemi in buono stato forniscono all’umanità servizi per un valore stimato in 72 mila miliardi di dollari ogni anno. Tenendo conto che nel 2010 il Pil mondiale si attestava intorno ai 64,7 mila miliardi, il valore del capitale naturale e dei servizi che fornisce supera il prodotto lordo delle attività umane.

 

La biodiversità però è gravemente minacciata, sebbene per la maggior parte sia ancora sconosciuta. Le conseguenze delle attività umane condotte in modo non sostenibile sono pesanti. Le Nazioni Unite sottolineano che l'abbondanza di specie sta diminuendo, con stime che indicano un calo di addirittura il 40% tra il 1970 e il 2000. Consumi non sostenibili stanno riducendo le risorse, anche biologiche, e superando la capacità della natura terrestre di recuperare e mantenere una condizione di equilibrio. Oggi praticamente la metà della superficie delle terre emerse del pianeta può considerarsi completamente trasformata in suolo utile alle attività umane. Solo negli ultimi 20 anni è stata convertita una superficie pari a due terzi dell'Australia. Fra le cause, il consumo di suolo per le più svariate attività, le conseguenze dei cambiamenti climatici, le invasioni di specie "aliene" in territori diversi, inquinamenti locali di aria, acqua e suolo, fenomeni capaci di trasformare interi ecosistemi senza che sia possibile alcun grado di adattamento per l’ecosistema precedente.

Tutto ciò influenza anche le condizioni umane, con il consumo delle risorse che perciò sono sempre meno disponibili, o in modo diretto, se si pensa che il 70% dei poveri del mondo vive in aree rurali e dipende direttamente dalla diversità biologica del loro territorio per la loro sopravvivenza. Proteggere natura e biodiversità è essenziale alla vita, compresa quella umana, ed ha riflessi diretti su fenomeni di grande attualità come le migrazioni di migliaia di individui che spesso fuggono da condizioni ambientali locali pessime.

Ogni mancato intervento in favore della conservazione della biodiversità può causare conseguenze gravissime sul grado di benessere dell’umanità, fino a mettere a rischio la sua stessa sussistenza. Forse, dobbiamo smettere di pensare che la Natura sia al nostro servizio, per entrare in un’ottica in cui noi stessi e la Natura siamo interdipendenti in maniera inscindibile.

2.

Dal 26 al 28 maggio Legambiente organizza “Spiagge e fondali puliti”, l’iniziativa volta a liberare le spiagge e i fondali dai rifiuti abbandonati. Appuntamento dal 26 al 28 maggio con oltre 300 iniziative in tutta Italia di pulizia straordinaria.

Per maggiori informazioni:


martedì 16 maggio 2017

Presentata in Parlamento la nuova Strategia Energetica Nazionale 2017



La Strategia Energetica Nazionale 2017 sta prendendo forma. Dopo l’audizione parlamentare del primo di marzo scorso, il 10 maggio, di fronte alle Commissioni riunite Ambiente e Attività Produttive della Camera, si è svolta la seconda audizione dei Ministri Carlo Calenda (Sviluppo Economico) e Gian Luca Galletti (Ambiente).
Come recita il testo delle nuove slides (scaricabili all’indirizzo in calce), assai più corposo del precedente, dalla prima audizione parlamentare ad oggi sono stati sviluppati i contenuti preliminari della SEN 2017.  La Strategia Energetica Nazionale è un fondamentale documento programmatico sull’energia che si prevede verrà aggiornato nel 2020, e poi nel 2023.
A partire da ora, saranno soltanto 30 i giorni disponibili per la consultazione.

Sono già emersi i primi commenti in proposito, da parte degli stakeholders coinvolti, o semplicemente da coloro che seguono il tema. Il fatto che si tratti di un tema a forte caratterizzazione tecnica lo rende un po’ tradizionalmente ostico perciò scarsamente diffuso, mentre in realtà si tratta di uno dei maggiori interessi che riguardano la nazione, l’Europa, e noi tutti.
Alla lettura delle slides, una premessa incoraggiante va fatta. Seguendo da vent’anni gli scenari di politica energetica delineati di volta in volta dai vari governi che se ne sono occupati nel nostro Paese – considerati nel contesto dell’Unione Europea – mi viene quasi spontaneo rilevare il cambiamento che progressivamente ha assunto il percorso riguardante l’energia: da tesi “fossili”, con impostazioni fortemente consumistiche, costruite sulla base di un’ottica che associava alti consumi energetici a sviluppo economico e civile, siamo passati lentamente ma con costanza a tesi maggiormente “rinnovabili”, fondate su criteri di promozione dell’efficienza e del risparmio a tutela dell’ambiente, in un’ottica che associa consumi efficienti e rinnovabili a sviluppo economico e civile. Un cambiamento non di poco conto, che viene spesso definito un “cambio di paradigma” rimarcandone l’importanza e la nettezza; un cambiamento che non ha ancora raggiunto l’obiettivo, ma che è sicuramente un processo in atto. Tesi un tempo sostenute da pochi “ambientalisti” oggi sono scritte sui documenti ministeriali o comunitari, e sui trattati internazionali. Il cammino è ancora lungo (si può fare di meglio? Certamente , si può sempre fare di meglio), ma la strada è stata intrapresa. Questa nuova SEN, nel complesso e per ora (visto che non è ancora definitiva), vede alcuni punti da approfondire e migliorare su un impianto sostanzialmente corretto, e sicuramente migliorativo rispetto ad altre pianificazioni in materia viste in passato.

Ad un primo esame, la nuova SEN presenta una serie di caratteristiche interessanti e alcune criticità, collocate su una linea di fondo che si può considerare positivamente.
La prima opzione che emerge con evidenza è la prospettiva di terminare il ricorso al carbone tra il 2025 e il 2030. Vengono presentati tre scenari con uscita parziale e con uscita totale dal carbone, con la seconda che ci verrebbe a costare fra i 2,3 e i 2,7 miliardi di euro in investimenti in sicurezza e adeguatezza, con investimenti sulla rete o in nuove centrali e infrastrutture energetiche necessarie. Questo punto viene ovviamente apprezzato, almeno dalle associazioni ambientaliste: smettere il ricorso al carbone per produrre energia significa eliminare la fonte energetica più inquinante.

Il gas naturale resta fra le principali risorse, vista sia nell’ottica di sostegno alle rinnovabili, sia in quella della sicurezza dell’approvvigionamento.  Si prevede l’apporto dalle nuove linee di importazione, in vista anche delle scadenze di contratti a lungo termine, e si prevede un aumento delle importazioni di GNL per sfruttare l'opportunità di un mercato in oversupply fino a metà anni '20.
Le slides prendono in considerazione anche il settore trasporti, uno dei più problematici sul piano dell’adeguamento agli obiettivi ambientali, dove si parla di biocombustibili nell’attesa anche del decreto sul biometano (in verità, atteso da tempo), mentre gli obiettivi sull’elettrico sono piuttosto vaghi, in assenza di riferimenti ad eventuali incentivazioni. Questo aspetto richiede un approfondimento, visto che un’elettrizzazione spinta del parco veicolare italiano incide ovviamente sul sistema elettrico.

Riguardo le fonti rinnovabili, gli obiettivi sono in linea con quelli europei: sui consumi complessivi lordi al 2030 si prevede un 27,0% (ad oggi la stima è del 17,5%). Differenziando gli obiettivi per settore, sull’elettrico il 33,5% attuale dovrebbe diventare 48-50%, sulla climatizzazione si passerebbe dal 19,2% attuale al 28-30%, sui trasporti dal 6,4% (bassissimo dato attuale) al 17-19%.
Nella nuova SEN si parla inoltre di promuovere i grandi impianti fotovoltaici, introducendo contratti a lungo termine da attribuire tramite aste, mentre per i piccoli impianti è prevista la “promozione dell’autoconsumo”.

Il contesto in cui si opera nella produzione elettrica vede già da tempo una riduzione del parco termoelettrico, con una tendenza in atto che pone un tema di adeguatezza, anche nella gestione delle fonti rinnovabili, che sono variabili per loro natura.

Al fine di migliorare l’efficienza energetica in ogni settore, si ipotizza l’introduzione di un Fondo di garanzia a sostegno degli interventi di efficienza energetica nell’edilizia, con il coinvolgimento di istituti finanziari per un eco-prestito a tasso agevolato. Si pensa anche a stabilizzare il sistema delle detrazioni fiscali, con una revisione degli stessi. E’ chiaro che questi aspetti devono essere approfonditi, in particolare se finalizzati allo scopo di mettere in atto meccanismi capaci di smuovere gli investimenti per migliorare l’efficienza ed il risparmio energetico.

Nel documento non c’è alcun cenno alle trivellazioni.

Seguiremo gli sviluppi. Il materiale presentato alle Audizioni parlamentari si può scaricare ai seguenti indirizzi:







giovedì 11 maggio 2017

Pubblicato dal Ministero dell'Ambiente il Primo Rapporto sullo stato del Capitale Naturale



In relazione al post del 29 aprile sul lavoro del comitato istituito per studiare il Capitale Naturale del nostro Paese, segnalo che è pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente il primo Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale, consegnato a febbraio al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il documento affronta il legame tra lo stato dell’ecosistema, il benessere sociale e le prospettive economiche.

Secondo quanto si legge sul sito, il documento è frutto del lavoro del Comitato per il Capitale Naturale, cui hanno partecipato nove ministeri, cinque istituzioni di ricerca pubbliche, Regioni, Comuni e nove esperti scientifici, il Rapporto raccoglie le informazioni rilevabili sullo stato di conservazione di acqua, suolo, aria, biodiversità ed ecosistemi, avviando un modello di valutazione del Capitale Naturale. Questo viene inquadrato all'interno di cinque Ecoregioni terrestri (Alpina, Padana, Appenninica, Mediterranea Tirrenica e Mediterranea Adriatica) e le Ecoregioni marine del Mediterraneo che interessano l’Italia (Mare Adriatico, Mare Ionio e Mediterraneo Occidentale). Dall’analisi emerge che l’Italia è uno dei paesi più ricchi di biodiversità, con 6.700 specie di flora vascolare e oltre 58.000 faunistiche, ma che sono molti i fattori di pressione antropica: tra questi i cambiamenti climatici, l’inquinamento, i rifiuti, il consumo di suolo e l’abusivismo edilizio, gli incendi dei boschi e la perdita di biodiversità marina, l’invasione delle specie aliene, lo spreco di acqua, la copertura artificiale del suolo che determina distruzione del paesaggio.

Il Rapporto completo sullo stato del Capitale Naturale si scarica al seguente indirizzo:




lunedì 8 maggio 2017

Il nuovo pacchetto energia della Commissione Europea

La Commissione Europea ha presentato un pacchetto di misure "per mantenere l'Unione Europea competitiva mentre la transizione verso le energie pulite sta cambiando i mercati energetici globali", come si legge sul sito (gli indirizzi sono in calce).
Il nuovo pacchetto energia, denominato “Energia pulita per tutti gli europei”, delinea le nuove vie comunitarie che seguiranno le rinnovabili, l'efficienza, il mercato elettrico e i trasporti, attraverso una serie di documenti che compongono il quadro d'intervento della Commissione Europea sul tema energetico.
La Commissione afferma la volontà che l'UE sia guida del processo transitorio verso un sistema ad energia pulita, e non sia soltanto capace di adattarvisi. Da ciò consegue l'impegno di tagliare di almeno il 40% al 2030 le emissioni di CO2, accompagnandolo da un processo di modernizzazione dell'economia che consenta crescita e lavoro per tutti i cittadini dell'Unione. Gli obiettivi da raggiungere in tal quadro sono tre: porre al primo posto l'efficienza energetica, raggiungere la leadership nelle energie rinnovabili, e costruire un mercato favorevole per i consumatori.
Tra gli elementi più qualificanti del pacchetto energia, l’introduzione di un obiettivo vincolante per l’efficienza energetica: una riduzione del 30% dei consumi energetici entro il 2030.  Si tratta di un provvedimento atteso da tempo. Nessuna modifica invece per le rinnovabili, il cui traguardo rimane al  27%, nonostante l’UE possa contare fin da oggi su una percentuale intorno al 24%. La scelta sembra dunque quella di non accelerare sulle energie verdi, considerazione che appare supportata anche dalla proposta di aggiornamento della Direttiva rinnovabili, dove viene inserita una misura sulla priorità di dispaccio, che prevede che nei Paesi con una quota di rinnovabili già ampia (del 15%) i nuovi impianti eolici e fotovoltaici non abbiano più diritto di precedenza sulle fonti fossili. La disposizione continuerà a valere solo per le centrali già esistenti e su piccola scala.
In favore delle fonti fossili, invece, va l’estensione a tutti gli Stati membri del capacity payment, vincolato però a precisi limiti di emissione: gli impianti non devono emettere più di 550g di CO2 per kWh prodotto. Una misura che colpisce le centrali più vecchie ed obsolete, aprendo invece alla remunerazione della capacità impiegata per quelle più recenti.
Per raggiungere il nuovo obiettivo di efficenza energetica del 30% al 2030, il pacchetto energia richiede anche un impegno sull'efficentamento degli edifici, a partire dagli standard per gli edifici ad energia quasi zero (Near Zero Energy Buildings), che include per i nuovi edifici la generazione di elettricità sul posto, e le infrastrutture necessarie alla mobilità elettrica, oltre a sistemi per riscaldamento, produzione di acqua calda, condizionamento e raffrescamento.
Anche i trasporti sono inclusi nei nuovi provvedimenti. Per esempio, si prevede che la mobilità elettrica entri a pieno titolo nella progettazione edilizia urbana. Secondo le nuove misure, tutti gli edifici non residenziali, di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazione importante, qualora dispongano di più di dieci posti auto, devono predisporne almeno uno ogni dieci con punti di ricarica elettrica. Gli Stati membri possono a loro discrezione estendere o meno questa normativa alle PMI.
La Commissione Europea pone, infine, l'accento sulla riforma del mercato dell'energia che dovrebbe modificare il ruolo dei consumatori europei, rendendoli "protagonisti centrali sui mercati dell’energia del futuro". I consumatori, infatti, secondo le nuove norme avranno la possibilità di produrre e vendere energia autonomamente, grazie a misure di revisione del mercato elettrico, mentre maggior conoscenza e chiarezza dovrebbe giungere dalla diffusione di contatori intelligenti, bollette chiare e condizioni di commutazione più facili. Negli intenti della Commissione si rileva anche l'indicazione del passaggio alla concorrenza effettiva, rimuovendo l'intervento pubblico sui prezzi, da realizzarsi secondo un percorso graduale.
La Commissione europea prevede che il pacchetto invernale mobiliti fino a 177 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati all’anno a partire dal 2021. Se le stime venissero rispettate si produrrebbe un aumento dell’1% del PIL nel prossimo decennio.
Per quanto riguarda la transizione alle fonti rinnovabili, si delinea un quadro a luci ed ombre. Alcuni provvedimenti sono sicuramente positivi, altri più discutibili nell'ottica della decarbonizzazione del sistema energetico.
Per i dettagli, si possono consultare i seguenti siti, dove è possibile scaricare i documenti relativi:

https://ec.europa.eu/energy/en/news/clean-energy-all-europeans-top-topic-eu-energy-council


https://ec.europa.eu/energy/en/news/commission-proposes-new-rules-consumer-centred-clean-energy-transition


lunedì 1 maggio 2017

Ancora una volta, Primarie di successo per il PD - con una sinistra interna che non ha ancora scelto la strada che conduce al futuro

Quasi 2 milioni di votanti, Matteo Renzi vince con il 70,0%, segue Andrea Orlando con il 19,5%, terzo Michele Emiliano con il 10,5%. Queste sono le cifre delle elezioni primarie del Partito Democratico, e i caratteri di un'iniziativa democratica che non ha eguali nel nostro Paese, che tiene banco anche nelle fasi dove l'entusiasmo non è certo al massimo, che riesce a mobilitare milioni di persone fra elettori e militanti del partito, che offre spunti di analisi per giorni permettendo confronti politici che altrimenti non ci sarebbero, ed al confronto della quale i quattro voti grillini in rete - che dovrebbero costituire esempio e forma di democrazia diretta - spariscono nel nulla, insieme ai contenuti della loro inconsistente proposta politica.
Domenica 30 aprile è stata una bella giornata, e se le cifre della partecipazione ci ricordano che ce ne sono state di migliori, una prima ancorchè superficiale analisi politica ci mostra immediatamente che le difficoltà, a partire da una infelice scissione per passare ad un altrettanto infelice referendum, non hanno intaccato il cuore dell'iniziativa, il senso diffusamente percepito della necessità di prendervi parte, la volontà di crederci ancora. Senz'altro analisi più approfondite ci verranno proposte, ma sarà difficile contestare la tenuta dell'iniziativa.

Le percentuali ottenute dai tre candidati ci presentano, senza dubbio, un Segretario molto forte, anche se in un contesto cambiato in modo notevole. Matteo Renzi resta forte nel PD, partito che si ritrova più coeso di quanto lo sia mai stato in precedenza, a seguito di un vero e proprio processo di assestamento. Nonostante tutto - le difficoltà non sono mancate, e gli insuccessi come la prova referendaria - Renzi resta forte anche fra gli elettori, che sono diminuiti ma non in misura tale da stemperare la valenza delle primarie. Questo è indubbiamente il suo momento.
Ma il PD (ed i suoi elettori) non è un monolito: il 19,5+10,5 che fa 30, ottenuto da Orlando e da Emiliano è una quota non trascurabile che si avvicina ad un terzo di coloro che sono andati a votare e che si richiamano al partito. Si tratta di componenti del partito e degli elettori che si richiamano a valori e politiche collocabili più a sinistra di Renzi per quanto riguarda il voto ad Orlando, e con una spiccata trama territoriale unita ad una di tipo movimentista, creatasi a seguito del referendum sulle trivelle, per quanto riguarda il voto ad Emiliano. Mentre la seconda è nettamente minoritaria nel partito (e circoscrivibile se si evitassero errori conseguenza della carenza congenita di una politica energetica, senza nulla togliere all'impegno di Emiliano), la prima non lo è e non sarà riassorbibile con qualche stratagemma. Un'area politica vera che si è ritrovata nella candidatura di Orlando, che esiste ed è attiva.

Le prossime considerazioni vorrei farle proprio su quest'area politica, che si richiama alla sinistra. Si tratta di un'area che può costituire nel partito un elemento di valenza politica e culturale significativo. Si tratta però di un'area politica che ha subito una scissione di non poco conto, e che da tempo risulta minoritaria e alquanto circoscritta. Aggiungo che in Emilia-Romagna, dove da sempre la partecipazione è alta e di solito il sostegno alla sinistra lo è altrettanto, i votanti sono stati circa la metà, un segnale che si somma a quello delle scorse elezioni regionali, praticamente disertate dall'elettorato. Se è in atto, come molti ritengono, una "scissione silenziosa,", credo che ne vadano indagate le cause, che non possono essere individuabili soltanto nella linea politica maggioritaria del PD, ma nell'insieme del partito. Se si desidera una linea politica diversa, evidentemente si deve lavorare per essa.

Non penso, come sostiene qualcuno, che la sinistra esista come fatto di natura, penso invece che essa sia una costruzione della cultura umana. Una elevata costruzione della cultura umana. Come la democrazia, per esempio. Come tale, essa attraversa difficoltà di ogni sorta, presenta errori, inciampi, ostacoli, ed è naturale che sia così. Ogni volta andrebbero ripensati, e se questo non avviene, è comprensibile. Ma quando si sommano per anni, arrivando ad una effettiva riduzione dell'attività che investe ogni profilo, senza che si trovi mai un momento di riflessione, senza che si tracci una linea di demarcazione, senza che si effettuino analisi sui percorsi effettuati, e una volta fatto tutto questo, si piantino i semi che in futuro possano germogliare, si arriva ad un punto fermo che è destinato ad essere, forzatamente, asfittico e improduttivo. La sinistra, con i sentimenti e con la cultura che si porta dietro, va coltivata come una pianta. Altrimenti muore.
La rigenerazione comporta però una rottura, un momento di stasi, che nessuno è stato ancora in grado di compiere. Tracciare una linea rossa fra passato e presente, e si ricomincia. Mai questa necessità è stata più pressante. La sinistra delle chiusure - quando non delle espulsioni - delle correnti gestite in proprio, la sinistra fondata esclusivamente su logiche di potere non ha futuro per almeno due motivi: il primo, che con tali modalità si chiude il recinto impedendo ad idee nuove di entrarvi, togliendo acqua alla sorgente più importante, il secondo, che si tratta di metodi e procedure che nell'era di Internet, ovvero della comunicazione in libera circolazione, nessuno è più disposto ad accettare, e non saranno nemmeno più inseribili nella stessa struttura mentale dei più giovani. 

Questa operazione di apertura, di analisi, di esame degli errori, di elaborazione, di proposta, di svecchiamento dei metodi non l'ha ancora fatta nessuno, almeno non nei termini netti in cui andrebbe fatta. Purtroppo, in questo modo con l'acqua sporca se ne va anche il bambino, ovvero un enorme patrimonio culturale, di idee, di valori su cui sarebbe utile costruire, invece di lasciare ammuffire per tenere in piedi la terzultima sottocorrente che dice di richiamarsi a quei valori senza che nessuno si ricordi perché.

Questa sinistra (con i suoi leaders) ha bisogno di aprire gli occhi sul mondo di oggi, e incominciare a fare i conti con la società attuale e non con quella dei propri desideri. Tenendo conto che siamo ancora un ragionevole ed apprezzabile numero di militanti disposti a collaborare.

In evidenza

Tutte le stagioni in una settimana. E dovremo abituarci.

  Il cambiamento climatico presenta ormai con evidenza empirica praticamente tutte le caratteristiche previste da anni dai modelli climatici...

Più letti