martedì 26 gennaio 2021

Il Patto per il lavoro e per il clima della Regione Emilia Romagna

Si legge su sito della Regione Emilia-Romagna: “La Regione sottoscrive il Patto per il Lavoro e per il Clima insieme a enti locali, sindacati, imprese, scuola, atenei, associazioni ambientaliste, Terzo settore e volontariato, professioni, Camere di commercio e banche. Un progetto condiviso per il rilancio e lo sviluppo dell’Emilia-Romagna fondati sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale.” Il progetto a cui si fa riferimento, denominato Patto per il Lavoro e per il Clima, è stato presentato lo scorso dicembre.

Il tema (lo si capisce già dal nome) è altamente innovativo, le parole con cui viene presentato sono estremamente incoraggianti, la lunga lista degli organismi aderenti all’iniziativa quasi sorprende (si va dai Comuni alle Università, dai sindacati alle associazioni ambientaliste).  

Si legge nel documento “Un progetto volto prioritariamente a generare lavoro di qualità, contrastare le diseguaglianze e accompagnare l’Emilia-Romagna nella transizione ecologica, contribuendo a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.” Come dire, il fil rouge che attraversa, legandoli fra loro, tutti i principali aspetti della questione delle questioni che riguarda il nostro mondo attuale: quella ambientale-sociale. Abbiamo costruito negli ultimi due secoli un modello di sviluppo economico che ha garantito posti di lavoro e un livello di ricchezza mai visti nella storia dell’umanità, ma lo abbiamo costruito su fondamenta instabili poggiate sulla melma fatta di sfruttamento di risorse naturali e persistenza di vecchie e nuove forme di diseguaglianza sociale. Ora dobbiamo occuparci di fondare lo sviluppo su basi più solide e giuste, e lo si può fare anche a partire dal livello locale. Sulla pagina web dedicata si fa riferimento alla crisi profonda originata dalla pandemia in corso ormai da un anno e alla volontà di rinascita che decisioni come quelle assunte dall’Unione Europea, grazie alle quali l’Italia riceverà 209 miliardi di euro, rendono evidente. Un’occasione per cambiare direzione praticamente unica.


La strategia del Patto consiste nel raggiungere quattro obiettivi attraverso quattro processi: i primi, si riassumono nella conoscenza, nel lavoro e l’impresa, nella transizione ecologica, nei diritti e doveri, i secondi includono la transizione digitale, la semplificazione, la legalità e la partecipazione. Ma che cosa vuol dire tutto ciò?

Entrando nel dettaglio, il documento del Patto inizia con una presa d’atto dello status quo, di come si è formato e come è stato reso manifesto in modo inequivocabile dall’evento pandemico. 


Paradossalmente, fino ad un anno fa sembrava che le conoscenze ormai assodate non influissero se non in misura minima sul procedere degli eventi: tutti avanti come se niente fosse, pur essendo noto il rischio ambientale, e noto quello epidemico, e note le nuove iniquità frutto di uno sviluppo con troppe facce oscure. Enormi ingranaggi di una macchina in perenne movimento, separata dall’anima e dal pensiero, inarrestabile. Poi, avviene l’evento di rottura dell’equilibrio (instabile), e un microscopico virus si impossessa della macchina e ci costringe a fermarla, pena milioni di decessi senza appello a qualsiasi conoscenza medica. Ne abbiamo già parlato su questo blog. Dalla crisi però si può immaginare la rinascita. Una nuova prospettiva. Dopo averla immaginata, si può tentare di costruirla. Poi la si dovrà realizzare davvero.


Si capisce fino dall’inizio che il tentativo messo in campo dalla Regione Emilia Romagna è di vasta portata per le sfide che assume. Per raggiungere gli obiettivi che si è dato indica la necessità di “Investire in educazione, istruzione, formazione, ricerca e cultura: per non subire il cambiamento ma determinarlo; per generare lavoro di qualità e contrastare la precarietà e le diseguaglianze; per innovare la manifattura e i servizi; per accelerare la transizione ecologica e digitale”, di “Contrastare le diseguaglianze territoriali, economiche, sociali e di genere che indeboliscono la coesione e impediscono lo sviluppo equo e sostenibile”, di “Progettare una regione europea, giovane e aperta che investe in qualità, professionalità e innovazione, bellezza e sostenibilità: per attrarre imprese e talenti, sostenendo le vocazioni territoriali e aggiungendo nuovo valore alla manifattura, ai servizi e alle professioni”.  Infine, l’obiettivo ambientale: si legge di “Accelerare la transizione ecologica per raggiungere la neutralità carbonica prima del 2050 e passare alle energie pulite e rinnovabili entro il 2035; coniugare produttività, equità e sostenibilità, generando nuovo lavoro di qualità”. Non si tratta di finalità di poco conto:  neutralità carbonica al 2050, in linea con la strategia europea, e 100% di energie rinnovabili entro il 2035.  Posso solo ricordare quando, fino a poco più di una decina di anni fa, i piani energetici puntavano sulle centrali a gas, o quando alle iniziative pubbliche parlare di cento per cento rinnovabili sembrava un’eresia. Ora sembra un altro mondo, e questo è già in sé motivo di soddisfazione. 

Le linee di intervento sono molteplici e tutte condivisibili: dal sostegno alla transizione ecologica delle imprese, alla ricerca scientifica, dalle comunità energetiche alla rigenerazione urbana, dall’economia circolare all’agricoltura biologica alla mobilità sostenibile. Sappiamo che quest’ultimo è un punto dolente in regione: troppo spesso si parla di trasporti su ferro mentre si costruiscono nuove strade, esattamente come si parla di fermare i consumo di suolo e si continua ad impoverirlo o cementificarlo con progetti di cui non si vede mai la fine. 

Come la strategia del Patto diverrà pratica quotidiana è esattamente il cuore della questione, dati gli interessi contrastanti in gioco. Se coloro che governano il territorio sapranno tradurre nella pratica ciò che è scritto sulla carta e con quale tempistica, se sapranno progettare realisticamente secondo linee che ora (quasi) non ci sono, linee da definire, da realizzare. Se sapranno porre un limite alle richieste, alle inevitabili pressioni, basandosi sul valore intrinseco di una strategia necessaria e non più rinviabile, se insomma il Patto trasformerà le parole in fatti visibili e verificabili oppure no: questa è la sfida intrinseca. 

Per realizzarlo, perciò, il Patto va seguito, va valorizzato, non va assolutamente dimenticato altrimenti finirà fra i vari bellissimi documenti nel cassetto di qualche ufficio. Le associazioni ambientaliste che figurano fra gli aderenti avranno questa funzione, potranno esercitare il controllo sulla reale applicazione dei concetti espressi. 

La sfida è avviata. Buona fortuna al Patto Lavoro e Clima. 


Per saperne di più sulle 47 pagine tutte da leggere, il sito è il seguente, dove si può anche scaricare l’intero documento:


https://www.regione.emilia-romagna.it/pattolavoroeclima



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