venerdì 29 aprile 2022

Le foreste della vita

 “Le foreste sono la nostra più grande speranza”, titola la pagina web di Trillion Trees, una collaborazione tra World Wildlife Fund(Wwf), Birdlife International e Wildlife Conservation Society (Wcs). Il sito dell’associazione si trova all’indirizzo in calce, ed è particolarmente interessante da seguire.

Le cifre poste in evidenza sulla home page sono altrettanto interessanti: le foreste incamerano 319 Gton (miliardi di tonnellate) di CO2, sono 3.272 le specie presenti a cui si fa riferimento come indicatori della biodiversità, sono 371 milioni le persone che dalle foreste dipendono in quanto vivono accanto o in esse. Le foreste sono centrali nella ricerca delle soluzioni al problema più grande che l’umanità abbia mai affrontato, le alterazioni degli equilibri naturali a livello globale di cui il cambiamento climatico è la più evidente e grave. Le foreste infatti sequestrano il carbonio in modo naturale, agiscono come mitigatori e regolatori del clima locale e mondiale, custodiscono la maggior parte della biodiversità presente sulla Terra, forniscono sussistenza alle popolazioni che ancora vivono al loro interno o nelle vicinanze. Molte specie animali o vegetali che in esse vivono non sono ancora state scoperte. Le ultime foreste primarie rimaste vanno tutelate, mentre il rimboschimento di aree un tempo verdi può contribuire a ridurre il riscaldamento globale e a migliorare le condizioni di vita a livello locale, mitigando il cambiamento climatico, fermando l’avanzata di zone siccitose o desertiche, favorendo condizioni di naturale umidità, di ricchezza e stabilità del suolo, tutelando o recuperando ecosistemi importantissimi. 


Secondo un’analisi di Trillion Trees non ci sono solo foreste distrutte ma ci sono anche foreste che ricrescono: 59 milioni di ettari in più negli ultimi vent’anni in varie zone del pianeta. Un dato positivo. Come positiva è stata la decisione assunta per la prima volta nella storia alla Cop26 di Glasgow lo scorso anno: fermare la deforestazione al 2030. La Dichiarazione sulle foreste e l’uso del territorio, firmata da 141 Paesi,  afferma in sintesi la volontà di conservare le foreste e accelerare il loro recupero, promuovere politiche sostenibili, ridurre la vulnerabilità delle aree rurali che dalle foresta dipendono tutelando le popolazioni indigene che ancora vicino in gran parte nella natura. Gli impegni assunti devono includere gli aspetti economici e finanziari orientati allo sviluppo sostenibile.

Piantare alberi significa portare la vita.


Concludo con una breve poesia di Federico Garcia Lorca, titolo “Alberi”:


Alberi!

Frecce voi siete

Dall’azzurro cadute?

Quali tremendi guerrieri

Vi scagliarono?

Sono state le stelle?

Vengon le vostre musiche

Dall’anima degli uccelli,

Dagli occhi di Dio,

Dalla passione perfetta.

Alberi,

Riconosceranno le vostre radici 

Il mio cuore in terra?



Il sito di Trillion Trees si trova qui:


https://trilliontrees.org


La Dichiarazione della Cop26 di Glasgow è al seguente indirizzo:


https://ukcop26.org/glasgow-leaders-declaration-on-forests-and-land-use/


giovedì 14 aprile 2022

A 100 secondi dalla fine

 Siamo a 100 secondi dalla fine. Solo nel 2010 eravamo a 6 minuti dalla fine del mondo. Sarebbe meglio fermarsi e tornare indietro. 

Il Doomsday Clock (letteralmente “Orologio del Giorno del Giudizio”), l’ultima volta aggiornato nel 2020, è pericolosamente vicino alla mezzanotte. La guerra scatenata dalla Russia in Ucraina ci espone ad un rischio altissimo di distruzione collettiva per due possibili strade: una guerra nucleare, e un impulso fortissimo al cambiamento climatico che una guerra anche convenzionale porta con sé. Sono possibili anche entrambe le vie contemporaneamente. Potremo entrare nelle statistiche redatte da eventuali esseri intelligenti extraterrestri circa le possibilità che una specie razionale (ma non poi tanto) finisca con la distruzione di sé stessa e del pianeta su cui vive.


Il Doomsday Clock è stato creato nel 1947 all’alba della cosiddetta Era Nucleare, quando si è compreso che, per la prima volta nella storia dell’Umanità, la specie umana aveva acquisito la capacità di autodistruggersi grazie ad armi con una potenza eccezionale e con una portata venefica di lunga durata, capaci di annientare sull’istante e negli anni a seguire la vita sulla Terra. Al rischio nucleare è stato aggiunto il rischio di cambiamento climatico nel 2007, tenendo conto delle modifiche al sistema climatico come possibili cause di instabilità su vasta scala e di alta potenza con il carattere dell’irreversibilità. La catastrofe che potrebbe portarci alla fine del mondo dipende, in entrambi i casi, da noi, a quanto ne sappiamo attualmente sulla stabilità del Sistema Solare, e siamo dunque noi i responsabili di ciò che accadrà. 

Sul sito di “The Bulletin of the Atomic Scientists”, dove si trova fra le altre cose, l’Orologio, è scritto: “I leaders del mondo devono immediatamente impegnarsi in una rinnovata cooperazione nei molti modi e luoghi designati per ridurre il rischio di una catastrofe globale. I cittadini del mondo possono e dovrebbero organizzare i modi per richiedere che ciò venga fatto velocemente. La soglia del Giorno del Giudizio non è un posto per bighellonare”.


Altro che bighellonare, il leader Vladimir Putin ha scatenato una guerra, dando un bel calcio in avanti alle lancette dell’Orologio del destino. 

Assunto che esistono - e se ci salveremo, esisteranno sempre - leaders del mondo autocrati, despoti e irresponsabili, ora si tratta di vedere come contenerli nei limiti possibili per scongiurare i peggio. Perché la Russia, pur essendo un Paese arretrato sotto ogni profilo, possiede le armi atomiche. 

Quante ne possiede ce lo dice lo stesso Bulletin in un articolo che spiega che il loro arsenale è stato rinnovato e che secondo il Ministro della Difesa ora l’89% è costituito da armi e sistemi moderni. Ad oggi, nei primi mesi del 2022, viene stimato che la Russia possieda 4.477 testate nucleari a lungo raggio strategiche e a corto raggio tattiche, schierate fra missili da terra, da sottomarino, presso le basi dei bombardieri, mentre di queste 2.889 sono stoccate in riserva. Ad esse si aggiungono circa 1.500 testate nucleari ritirate in attesa di smantellamento ma ancora intatte. Per un totale di 5.977. 

Nel corso del tempo sono stati firmati trattati fra USA e Russia per la riduzione delle armi nucleari - che in passato ammontavano a cifre molto superiori - ma non sono mai state azzerate da alcuno. L’altra parte - gli USA, che condividono nella Nato le armi atomiche - possiede cifre simili. 

Questa follia rappresenta plasticamente cosa siamo e a cosa andiamo incontro: una specie bellicosa fino dalla preistoria che ora invece delle clave possiede armi in grado di distruggere la Terra intera, e capace di scavarsi la fossa. 


Va detto che anche la Russia possiede un sistema di controllo e sicurezza per gli armamenti nucleari, e non è premendo un pulsante rosso che parte il missile. Non è nemmeno dato di sapere a chiunque pensi di ricorrere all’atomica quale sarebbe nel caso la risposta degli altri, esponendo sè stesso eil proprio Paese all’eventualità peggiore, lacuna su cui si basa il principio della deterrenza. Ma il rischio di una escalation esiste e va scongiurato in ogni modo. Senza dimenticare che già oggi la distruzione in atto in Ucraina è una spinta al cambiamento climatico (cioè all’altro mezzo di distruzione collettiva che stiamo promuovendo senza sosta) formidabile, con sostanze inquinanti sparse ovunque, composti frutto delle esplosioni diffusi in atmosfera, CO2 prodotta sul campo e come conseguenza dall’incremento di attività dell’industria bellica. Un aspetto di cui non si parla mai, ma importante nel mondo di oggi dove dovremmo misurare con la bilancia da orefice le sostanze climalteranti che vengono emesse in atmosfera. 


Come fare per fermare il tutto è evidentemente molto complicato. La Russia subisce certamente gli effetti delle sanzioni, ma va ricordato ancora una volta che non si tratta di un Paese democratico e ad essa non vanno applicati gli standard dei Paesi democratici. Se Putin ha in mano il controllo del potere non lo lascerà per le sanzioni, e probabilmente non lo lascerà a qualsiasi costo, ma può essere indotto a sedersi ad un tavolo con pretese limitate. Gli sforzi devono continuare per costruire un tavolo di trattativa vera fra i contendenti, ovunque accada va bene, facendo capire a Putin e alla Russia che le pretese imperiali hanno dei confini, dei limiti, dettati anche dal resto del mondo e dagli equilibri che in esso sussistono. 


Per approfondire, di seguito gli indirizzi degli articoli citati del Bulletin of the Atomic Scientists:


https://thebulletin.org/doomsday-clock/


https://thebulletin.org/premium/2022-02/nuclear-notebook-how-many-nuclear-weapons-does-russia-have-in-2022/



sabato 2 aprile 2022

Russia, Ucraina e uno scambio di missive

Un commento sui fatti recenti e tragici della guerra in Ucraina è naturale conseguenza dell’emergere di posizioni opposte nel dibattito pubblico. C’è stato uno scambio di lettere in questi giorni fra Michele Santoro e Enrico Letta, con una lettera del primo indirizzata al secondo, ed il secondo che ha risposto oggi stesso. Le due lettere sono reperibili rispettivamente sulla pagina Facebook di Santoro e sul sito del Partito Democratico, di cui segnalo l’indirizzo in calce.
Non condivido l’assunto alla base delle considerazioni espresse nella lettera che Michele Santoro ha scritto, credo anche ingiustamente riferita al Segretario del PD e al PD stesso. L’assunto consiste sommariamente nell’accusa di fare uso di pesi diversi a fronte di situazioni diverse a seguito di una forma deleteria di sottomissione al potere prevalente in Occidente riferibile agli USA, in assenza di iniziativa dell’Unione Europea.


Credo che si tratti di una tesi semplicistica sul piano politico, dimentica del passato, ben inserita in una linea critica del presente già espressa da altri, ma soprattutto di una tesi sbagliata.
Le ragioni sono persino semplici nella loro evidenza: innanzitutto la lettera manca di logica nel momento in cui riporta eventi storici analoghi sul piano delle guerre provocate e dell’infondatezza delle ragioni addotte, ma provenienti dal mondo occidentale, o da una parte di esso, in secondo luogo, afferma l’esatto opposto riguardo l’Europa unita di ciò che sta accadendo. Il primo è un fatto certo, il secondo è mia opinione personale, oltre che di molte altre persone.
Il fatto che la logica sia carente è chiarissimo nel momento in cui non si possono sommare due errori per fare una ragione. Se sono stati aggrediti Paesi sovrani in passato commettendo grave errore, per es. la guerra in Iraq per iniziativa dell’America con il Regno Unito sulla base delle inesistenti “armi di distruzione di massa” portata da Santoro fra gli esempi, non significa che un’aggressione all’Ucraina da parte della Russia risolva l’errore precedente; anzi, evidentemente lo aggrava. Due errori non fanno una cosa giusta. Più errori aggravano gli errori precedenti creando una tendenza, e certo non risolvono il problema ma lo portano lontano dalla possibile soluzione.  
Il fatto che l’Unione Europea sia assente o carente nel contesto di crisi attuale è l’esatto opposto di ciò che sta accadendo: mai come ora si parla di procedere verso la famosa difesa comune, mai come ora gli Stati dell’Unione si sono trovati ad esprimere posizioni così condivise. La Commissione Von Der Leyen ha dato una svolta all’UE, vuoi per la pandemia, vuoi per la guerra, ma affermare il contrario è fuori dalla realtà.


Il fatto che Erdogan, definito da Draghi tempo fa un “dittatore”, si stia adoperando per trovare una soluzione alla crisi non dipende da deficit di presenza UE ma dalla sua oggettiva posizione adatta al ruolo. Erdogan ha buoni rapporti con entrambi i contendenti, anche commerciali, e nonostante la Turchia sia membro della Nato è sufficientemente al confine del mondo occidentale da occupare una posizione accettabile dalla Russia, il Paese aggressore. Se non ci piace Erdogan, non significa che ci piaccia la guerra, e se i colloqui in Turchia servissero a fermarla sarebbe un bene. Anche in Turchia, inoltre, vale l’assunto che il popolo non è identificabile con il suo capo, e nemmeno lo Stato; la storia alle spalle ha portato l’ex-impero Ottomano sulla sponda occidentale pur restando un Paese di religione prevalentemente islamica. Non si tratta semplicemente di un Paese riguardo il quale chiudiamo un occhio per la sua appartenenza alla Nato, come molti sostengono, ma di un Paese vicino per ragioni storiche oltre che geografiche.


L’aggressione deliberata da Putin all’Ucraina è un atto criminale, fuori dal diritto internazionale, violento e moralmente inaccettabile. Se ce ne sono stati altri in passato, erano analoghi. Chi scrive, per inciso, ha a suo tempo manifestato contro le altre iniziative di attacco deliberato da qualsiasi parte provenissero. Non è vero che si era silenti. Piuttosto, viene da chiedersi dove era Michele Santoro nei mesi scorsi, prima di irrompere nel dibattito con un attacco all’Europa, al governo italiano, e al PD (quest’ultimo è uno degli sport preferiti da una parte dei sedicenti intellettuali di sinistra italiani, a volte con ragione, a volte no), prima cioè di cogliere una bella occasione di intervento pubblico.
L’Italia è un Paese libero e ognuno può dire ciò che vuole, lo dimostrano decine di dibattiti televisivi dove chiunque viene invitato a dire la propria, ormai troppo spesso con livelli bassissimi di qualità complessiva.


Infine, due parole sulla Russia. Credo che sia vero ciò che molti commentatori hanno scritto, cioè che i russi hanno il timore di aggressioni che da ovest raggiungano Mosca, con un percorso facile, libero da ostacoli. Ma non c’era un attacco in corso, e la guerra in Ucraina non può essere fatta passare per “un’operazione militare speciale”. Si tratta di un attacco deliberato che, probabilmente, nei piani russi doveva svolgersi in una settimana con il rovesciamento del governo ucraino. Non è andata così. 

Mosca è una città bellissima. Credo di non offenderla se affermo che non è “occidentale”, che il suo fascino per noi viene innanzitutto dal suo sapore già asiatico, nella luce che già ricorda le steppe, nelle cupole a cipolla, nei volti, nei modi. Anche là, così lontano, a Mosca, c’è una parte di Italia che risplende in buona parte delle architetture del Cremlino realizzate da architetti italiani. Anche a Mosca c’è un popolo che si trova da sempre a sopportare regimi autoritari e che non è identificabile con essi. L’idea della grande Russia è un conto, il dispotismo un altro. Putin ha fatto cambiare la Costituzione del suo Paese per poter restare al potere, e da lì agisce come un despota. Da lì ha scatenato una vera guerra offensiva e criminale. Questi sono fatti, i distinguo sono solo parole in libertà.
 
La risposta di Enrico Letta, che condivido, si trova al seguente link:
 
https://www.partitodemocratico.it/primo-piano/lettera-aperta-a-michele-santoro-su-pluralismo-e-guerra-in-ucraina/

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