venerdì 20 agosto 2021

Afganistan in frantumi

 Ciò che sta succedendo in Afganistan è qualcosa di grave, che colpisce con forza l’animo di chi segue la vicenda, in buona parte inaspettato ma non imprevedibile, frutto, forse, di mire troppo alte: ricostruire una nazione non è uno scherzo.

Il fallimento ha riguardato infatti lo scopo più pregnante, dopo la sconfitta delle basi del terrorismo mondiale, mostrando ancora una volta che la democrazia “non si esporta con le armi”, come molti hanno sottolineato, e che vent’anni non bastano a porre le basi di una nazione nuova. Dunque, ha fallito la strategia di lungo termine messa in campo dagli Stati Uniti con gli alleati occidentali, e la ritirata precipitosa di questi giorni - male organizzata o forse mai organizzata - ha lasciato un Paese diviso, frantumato, povero, a cui i Talebani vogliono imporre la propria legge. In assenza di strutture statali e di una normativa adeguata si impongono coloro che fanno riferimento a leggi di natura religiosa, che esistono da secoli e probabilmente a molti sembrano credibili. Altrimenti non si spiegherebbe come mai i Talebani non siano scomparsi in questi venti anni, e si siano invece rinnovati con nuove leve di giovani che vent’anni fa erano bambini. Il processo culturale che porta ad uno Stato laico è lungo, e lo sappiamo bene anche noi in Italia dove lo Stato della Chiesa ha governato mezzo Paese per secoli - non faccio alcun parallelo nei contenuti, naturalmente, ma considero solo il piano della laicità, o meno. 

Una parte dell’Afganistan (che in italiano si scrive senza “h”) evidentemente ha creduto in noi, e soprattutto negli USA che guidavano la missione, ha collaborato, si è sentita libera di decidere il proprio futuro, e questi sono semi piantati che non spariranno semplicemente. Queste persone hanno dimostrato di essere disposte a rischiare la vita, e a morire, all’aeroporto di Kabul per fuggire. Abbiamo visto scene drammatiche. Queste persone vanno aiutate in ogni modo possibile, per loro e per non perdere davvero tutto ciò che si è fatto in questi anni.

Sul piano internazionale, molti sostengono che ora il Paese sarà terra di conquista commerciale per Cina e Russia. Dopo il “fallimento dell’Occidente”, o il “tramonto dell’Occidente”, e altri titoli simili, si faranno avanti le potenze asiatiche. Può essere, naturalmente, ma vedrei in questa vicenda più un fallimento degli USA, e della Nato, che non un fallimento dell’Occidente tutto, il che significa che se l’Unione Europea avesse una politica estera adeguata lo spazio si aprirebbe anche per lei, senza buttare nel cestino tutto ciò che si è fatto. La UE ha la potenzialità di rappresentare sulla scena mondiale qualcosa di diverso rispetto a quanto comunemente viene inteso con l’espressione “gli occidentali” e questo frangente sarebbe un bel banco di prova. 

Dopo aver definito quanto sta accadendo in Afganistan “una catastrofe” Josep Borrell si domanda “dov’è la nostra intelligence?” e se se lo chiede lui, figuriamoci se lo sappiamo noi, in un gioco continuo a simulare che l’Unione abbia un ruolo in politica estera. Lo deve costruire. Invece, si procede nel solito modo, USA e Nato, e noi al rimorchio, divisi e in ordine sparso. Se finalmente si muovesse qualcosa in Europa lo scenario mondiale potrebbe vedere cambiamenti interessanti capaci di cambiare radicalmente quanto siamo stati abituati fino ad oggi.






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