venerdì 16 settembre 2022

Per adattarci a catastrofi quotidiane: fare marcia indietro

 Immenso, profondo cordoglio per le vittime, i familiari delle vittime, l’intero disastro causato dall’alluvione che ha coinvolto una parte delle Marche. Onde di piena che hanno travolto ogni cosa, fango a fiumi, tanta pioggia in poche ore quante ne cade abitualmente in un anno. Una catastrofe.


Una delle tante, catastrofi. Perché questo è il nuovo clima, di oggi e di domani, quello che noi abbiamo generato con secoli di emissioni inquinanti che hanno alterato l’atmosfera dell’intero globo. Dopo una lunghissima estate calda, soffocante, con picchi di 39-41°C, iniziata in maggio e che ancora in settembre continua al sud, le prime perturbazioni arrivano su un territorio secco, un mare caldissimo, e scaricano tutta la loro potenza fatta di acqua e vento. Di acqua c’era bisogno, ma come i climatologi evidenziano, essa arriva sempre più concentrata, non diffusa per il bene del terreno, ma in forma di diluvio che spazza via la parte superficiale, inondando ovunque.

Se questo è il nuovo clima, domandiamoci se i nostro territorio è gestito al meglio per farvi fronte. La risposta è no, non lo è, al contrario, il Bel Paese è stato nel tempo ampiamente cementificato, sono state lottizzate ampie porzioni per farne villette a schiera, o capannoni senza criteri adeguati al terreno su cui si trovano, sono state costruite città o paesi dove passano fiumi costretti fin sotto alle case, ci sono interi villaggi costruiti dentro le aree golenali, sono stati canalizzati i fiumi, bonificate le paludi, tagliati boschi e trasformati campi arati in centri commerciali. Abbiamo bisogno di centri commerciali? Ce ne sono ovunque e ti vendono di tutto, sempre dotati di ampi parcheggi mentre se cerchi un parcheggio altrove ci passi un’ora, supermercati dove si spende, a detta loro, sempre meno, senza che nessuno si interroghi sulle ragioni del basso costo - magari facilmente individuabili nello sfruttamento della manodopera. (Poi fanno credere ai commercianti col piccolo negozio che il loro problema siano le tasse, ma questa è un’altra storia).

Cosa possiamo fare per porre rimedio? Per adattarci al nuovo, brutto, clima? Rinaturalizzare. Togliere di mezzo le cementificazioni che trasformano i fiumi in scivoli velocissimi per l’acqua, abbattere (proprio cosi) tutte le costruzioni che si trovano in aree pericolose, piantare alberi, ricreare paludi. RICREARE PALUDI: un controsenso dopo che le abbiamo distrutte per secoli e lo stesso vocabolo “bonifica” allude a qualcosa di buono. Invece va fatto, scegliendo accuratamente il luogo. Se vogliamo difenderci, dobbiamo prendere esempio dai sistemi naturali e dalla loro resilienza, flessibilità, adeguatezza. 

E infine, dobbiamo smetterla di consumare suolo. Anche in questo caso, un appunto per coloro che operano nelle istituzioni: “smettere” significa fare basta adesso, non fra dieci anni. Consumo di suolo zero significa zero adesso. Non va posto più un mattone su suolo nuovo, va invece ricostruito dove esiste già, magari con l’obiettivo del risparmio energetico.

Se non facciamo pace con la Natura, dopo esserci illusi di poterla dominare, sarà lei a distruggere noi e il nostro modo di vivere imbelle.






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