martedì 16 agosto 2022

Che gli eletti facciano la loro parte sulla transizione energetica

Bene, ora che conosciamo le liste elettorali per le elezioni del 25 settembre prossimo siamo a posto e possiamo passare ai problemi concreti. Con una postilla: che le rinnovabili corrono seri rischi, poiché se la sinistra è mediamente scarsa sulle politiche energetiche e ambientali, la destra è zero. Il rischio concreto se vincerà la destra, come prevedono tutti i sondaggi, è che si progettino centrali nucleari (di III Generazione, poiché la IV ancora non c’è) da sistemare sul nostro territorio, e si arresti quel poco che si sta facendo per la transizione ecologica nel campo dell’energia, e in ogni altro campo. Una prospettiva buia che spazzerebbe via le incertezze del passato, contenenti comunque aperture, scegliendo nettamente la strada del ritorno al nucleare e alle fonti fossili.

Sull’ultimo numero della rivista Qualenergia, dal titolo “Come uscire dalla crisi del gas”, sottotitolo “Sobrietà, rinnovabili ed efficienza”, a pagina 11 Sergio Ferraris scrive: “L’eolico off-shore galleggiante è una delle nuove frontiere delle rinnovabili. Le pale eoliche galleggianti offrono solo vantaggi. Sono installabili tra i 20 e i 40 km dalla costa e nonostante i loro 250 metri d’altezza appaiono all’orizzonte come una pagliuzza alta 6 millimetri a un metro di distanza, hanno un capacity load elevato del 40% e consentono delle eccellenti economie di scala viste le grandi potenze delle singole pale, oggi di 15 MWe. Oltre a ciò sono un’ottima occasione di sviluppo dei territori. Gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna, la Scozia e persino la Grecia stanno ristrutturando alcuni porti per renderli dei veri e propri hub per l’eolico off shore galleggiante, mentre sul fronte italiano tutto sembra bloccato, nonostante te siano arrivate a Terna 31 GWe di richieste d’allacciamento per quest fonte rinnovabile.(...)”.  Aggiungiamo che l’eolico off shore (sistemato cioè al largo della costa marina) non presenta evidentemente i problemi paesaggistici che spesso ostacolano lo sviluppo dei parchi eolici sulla terraferma.

Ora, come sia possibile che in Italia ancora oggi tutto sembri bloccato, come sia possibile che arriviamo sempre in ritardo, che nessuno riesca a sveltire gli iter e aprire varchi nelle selve burocratiche che frenano il nostro Paese lasciandolo sempre dov’è, rimane in gran parte un mistero. Dei meandri decisionali i cittadini non sanno nulla. Ma sarei pronta a scommettere che se qualcuno si muovesse per costruire una centrale nucleare, o una a carbone, gli iter miracolosamente velocizzerebbero il tutto, con grande soddisfazione dei portatori degli interessi in gioco. Resta il fatto oggettivo che i cittadini hanno fermato il nucleare due volte, e possono farlo anche una terza volta.

In Emilia Romagna si parla da tempo della realizzazione di impianti eolici al largo della costa ravennate e riminese. Troppo spesso però gli enti locali hanno espresso dubbi e perplessità che speriamo ora vengano superati: lo stesso Presidente Stefano Bonaccini ha più volte ribadito che l’amministrazione regionale intende andare avanti con l’eolico off shore. Sarebbe davvero una svolta notevole, un beneficio per la regione e per il nostro Paese, un segnale che si possono fare davvero cose concrete, al di là delle parole.

Nel contempo, Ravenna si è candidata ad ospitare un rigassificatore, ovvero una nave che contiene un impianto capace di riportare il gas liquefatto (condizione necessaria al trasporto via mare) allo stato aeriforme. Da tempo sostengo che sono necessari in Italia alcuni rigassificatori per diversificare i Paesi di approvvigionamento del gas, dato che 60 Mtep di gas naturale non sono sostituibili immediatamente con fonti rinnovabili. Non c’è alcun dubbio che nessun rigassificatore sostituirà mai un tubo diretto, e che rigassificare richiede energia, ma la situazione attuale non lascia altre vie d’uscita, almeno temporaneamente.

Il vero punto centrale è che le scelte vanno fatte nell’ottica della decarbonizzazione, ovvero contenendo i consumi energetici, migliorando l’efficienza e promuovendo le fonti rinnovabili. Si tratta di una prospettiva perfettamente realizzabile e a cui dobbiamo dedicarci con impegno. La crisi climatica globale richiede un cambiamento radicale e urgente che può, se ben condotto, costituire un beneficio per la nostra società. 

Dunque, se una richiesta pressante va fatta a coloro che saranno eletti in Parlamento e a coloro che costituiranno il nuovo Governo essa è che non fermino le rinnovabili, già troppe volte ostacolate, e che non arrestino la cosiddetta transizione ecologica, perché sarebbe un danno gravissimo, forse il peggiore che potrebbero fare.






 



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