martedì 19 luglio 2022

Non abbiamo bisogno di una crisi di governo

Nell’impossibilità di inquadrare in un contesto fatto di regole, se non scientifiche almeno razionali, la politica in generale, e ancor meno quella italiana, bisogna affidarsi spesso alla contingenza, al sentire comune, e alle necessità concrete che delineano i contorni di una situazione oggettiva. Un territorio difficile da attraversare per tutti coloro che hanno un profilo “tecnico”, incluso Mario Draghi. Trovo chiara e comprensibile la sua posizione - non da due giorni, ma da mesi - nell’ambito in cui si trova ad operare: fare il Presidente del Consiglio in un Paese, l’Italia, dove i percorsi della politica sono incomprensibili ai più, sostenuto da una maggioranza variopinta espressione di tutto un po’, con formazioni politiche in vena di scissioni (tanto per cambiare), e una predisposizione nel complesso all’agire concreto e tecnico che si avvicina alla predisposizione al caldo di un congelatore.

Si dice spesso che Mario Draghi è (quasi) insostituibile per il ruolo internazionale che ricopre e che va a beneficio dell’Italia; nessuno dice se ce lo meritiamo, ma forse è meglio soprassedere. Penso che sì, che vada a beneficio del nostro Paese, e non solo, dell’Unione Europea intera. Non è cosa da poco nella situazione attuale, con la Russia in vena di rivendicare un ruolo importante nel panorama internazionale a costo di una guerra, con la necessità di operare per rendere sempre più autonoma l’Europa, e l’Italia ovviamente, sul fronte energetico, con la sfida posta dal cambiamento climatico al nostro modello di sviluppo economico tradizionale. 

Si dice anche che non sarebbe opportuna una crisi di governo adesso. Certo che no, non lo è, abbiamo bisogno di fare meno chiacchiere e più fatti - strano che la destra non ricorra più allo slogan “del fare” - e abbiamo bisogno di migliorare la nostra credibilità internazionale, sempre traballante. Cosa pensano i governi degli Stati europei della crisi attuale? Facile immaginare “i soliti italiani”; facciano un viaggio all’estero qualche volta invece di stare inchiodati a Roma dentro i palazzi del potere o dentro il Parlamento, ne trarrebbero beneficio, magari prima di attendere di essere inviati al Parlamento Europeo a coronamento della propria personale carriera politica. 

Che non sia opportuna una crisi di governo ora, con la pandemia, la guerra, i problemi economici, il riscaldamento globale, i ghiacciai che crollano, la siccità, lo capisce chiunque. Eccetto la destra: davvero Giorgia Meloni pensa di poter essere un Premier migliore di Mario Draghi? In molti pensano di no, i motivi se li vada a cercare.

Si dice infine che oltre mille Sindaci abbiano firmato un appello rivolto a Draghi perché resti, che numerose associazioni di volontariato abbiano firmato un appello analogo, che infine numerosissimi italiani non ne possano più dei giochi politici sulle loro spalle e desiderino che Draghi resti (se non si dice, lo ipotizzo io). 

Il Movimento 5 Stelle che doveva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno si è rivelato peggiore dei partiti che contestava nell’incarnare l’italica debolezza propositiva e fattiva, e questo gli costerà caro alle prossime elezioni. Il Movimento è finito, amen. 

Per stare ai fatti, il termovalorizzatore di Roma va realizzato, nel quadro di una corretta gestione dei rifiuti, e vanno realizzate le opere per le fonti rinnovabili sul territorio: non è più accettabile che le Soprintendenze blocchino regolarmente i progetti, anche di impianti avanzati a bassissimo impatto, mentre abbiamo estremo bisogno di fare davvero concretamente la transizione ecologica sul fronte dell’energia. Altrimenti se ne assumano la responsabilità.  Occorre intervenire e togliere veti anacronistici e frutto di disinformazione - che per qualche motivo sembra che si applichino soltanto alle rinnovabili, mai che si blocchi una funivia o il taglio di un bosco.

Per tutto ciò, mi unisco (per quello che vale) agli appelli: Mario Draghi resti, per favore. Non faccia vincere i giochi di palazzo, ma per una volta faccia vincere l’impegno concreto.








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