mercoledì 28 ottobre 2020

Viviamo dentro ad un sistema che rischia il collasso?

 Che il governo stia affrontando un periodo particolarmente difficile è evidente a tutti. Il virus si sta diffondendo nuovamente con cifre importanti: ad oggi, quasi 15.000 ricoverati, 1.536 in terapia intensiva, 260.000 in isolamento domiciliare, ed un totale di 37.905 decessi. Credo che questi dati siano quelli che contano, molto più del totale dei positivi. Il recente decreto prova a limitare il danno, già enorme, con provvedimenti che risultano gravosi nel loro sommarsi a quelli precedenti che abbiamo stoicamente sopportato la scorsa primavera.

L’intera società italiana (e mondiale) sta affrontando un periodo gravoso. La “seconda ondata” del virus ci sta investendo tutti, ponendoci davanti ad un nemico imprevedibile, invisibile, estraneo al nostro controllo, pericoloso ma non per tutti, dunque infido. Un alieno? No, un virus terrestre, ma sconosciuto al genere umano, che di virus comunque se ne intende. Ci colpisce perché siamo andati a cercarlo, nel profondo di ciò che resta di Madre Natura, nella foresta, nel territorio ancora ignoto di ciò che non vediamo. Non tutto ci è noto del grande mistero che ci attornia: sappiamo di più della superficie della Luna (è appena giunta la notizia dalla Nasa che c’è persino abbondanza d’acqua) che dei microrganismi che popolano la Terra ed i suoi esseri viventi. Se c’è una lezione che dovremmo imparare da questa vicenda è che non tutto è sotto il nostro controllo, e ciò che non lo è può risvegliarsi all’improvviso mettendoci sotto scacco. 

Ne “La guerra dei mondi” di H.G. Wells, scritto nel 1897, gli alieni feroci fanno una brutta fine, uccisi dai batteri terrestri ai quali noi siamo immuni, abituati nei lunghi periodi dell’evoluzione. La Terra è casa nostra. 

Ma la Terra è ferita da noi stessi. Rivoltata come un calzino, seccata come un deserto assolato, resa calva, ingegnerizzate geneticamente le sue piante, i suoi animali, che vivono quotidianamente l’inferno che noi abbiamo preparato per loro. Ogni genere di animale macellato e venduto nei mercati asiatici o africani, maiali, mucche e polli che sopravvivono una breve terribile esistenza nei gironi infernali degli allevamenti intensivi (nostri e di ogni Paese del mondo), intere specie che scompaiono per sempre ogni giorno, ogni ora, e la cui scomparsa avrà una serie di conseguenze negative nella rete della vita che prospera sulla Terra. O che prosperava?

Come va il Pil? Qualcuno si sta chiedendo, o i giornali stanno scrivendo, come va il Pil? L’unico indice di cui ci importava (e di cui importava ad un’intera classe politica) fino a ieri?


Come sia possibile non vedere che stiamo segando il ramo su cui siamo seduti è in parte un mistero. Anche non ci importasse niente della splendida roccia ricoperta d’azzurro sospesa nello spazio  che ci sostiene da ere geologiche. 

Abbiamo creato la società del rischio (U. Beck) e non sappiamo farvi fronte. Ulrich Beck ha scritto il suo libro nel 1985 (!) e nessuno ha capito ancora nulla, o meglio, è stato studiato ma non applicato, interiorizzato, concretizzato. L’esposizione al rischio con tutte le sue conseguenze è strutturale nella nostra società, la cui complessità ci resta estranea. Ad oggi, è un fatto che non sappiamo rapportarci ad essa, e che il degrado ambientale ne fa parte, in modo così intricato che sembra impossibile trovare una via d’uscita. 

In termini fisici, stiamo incrementando enormemente e velocemente l’entropia del pianeta su cui viviamo. Lo stesso sistema che abbiamo costruito è fortemente entropico, instabile, pronto a collassare, che si tratti di un ordigno nucleare sfuggito al controllo (e chi può dire della certezza dei sistemi di sicurezza?), degli idrati di metano che improvvisamente sfuggono dalle profondità marine perché riscaldati dall’aumento della temperatura mondiale, o di virus ed altri microrganismi che incrociano specie diverse diffondendosi ben oltre il limite che avrebbe posto loro la Natura.

Si tratta di rischi gravi, si tratta di quelli più noti, ma non sono i soli. E’ l’intero sistema a generare un continuo stato di rischio di cui non ci sentiamo responsabili.

Essi sono parzialmente imprevedibili. Parzialmente, poiché sono decenni che sappiamo che abbiamo costruito un sistema capace di distruggere tutto in un lampo, che stiamo aumentando il calore che rimane legato alla Terra, che stiamo mescolando ciò che doveva restare separato (entropia, appunto). Il saggio di Jeremy Rifkin intitolato “Entropia” è del 1980. I sistemi sociali, economici, ambientali si stanno muovendo da uno stato ordinato ad uno stato di disordine. Il disordine è irreversibile, possiamo soltanto rallentarne la velocità.

Così come sono in molti a ricordare oggi “Spillover”, il saggio sull’eventualità di un’epidemia virale, scritto da David Quammen nel 2012, o l’intervento di Bill Gates di cinque anni fa. Cosa abbiamo imparato, certo nulla, impegnati a proseguire imperterriti sulla strada tracciata.


Certo, non eravamo preparati ad accogliere un attacco del genere dal punto di vista sanitario, comunicativo, politico, comportamentale. Ma non siamo nemmeno ora preparati a futuri eventi di grave rischio perché va cambiato il concetto di crescita che abbiamo in testa, il modello sociale, il rapporto con ciò che facciamo ogni giorno. Assumendoci la responsabilità di ciò che facciamo, a livello individuale e collettivo, perché non si tratta di fatti esterni al mondo, come siamo abituati a percepire le nostre azioni e persino noi stessi, ma di azioni che incidono sul mondo, modificandone le caratteristiche spesso per sempre.

Se non ne usciremo cambiati, allora il prossimo futuro sarà soltanto un’attesa irresponsabile del prossimo evento (pandemico, ambientale, sociale, tecnologico,...). Cambiati in profondità. Non basterà un sistema sanitario più adatto a questo tipo di emergenze, anche se ovviamente sarebbe utile. 

Certo, come si legge sul sito “Scienza in rete”: “L’imprevedibilità trova le sue radici non solo nella biologia di un virus, ma è anche il frutto dell’assenza di un sistema epidemiologico finalizzato a cogliere precocemente i segnali di situazioni di allarme.” (La statistica medica lancia una proposta per le prossime pandemie - Carle, Corrado, Montomoli)

Ecco. Cogliamo le situazioni di allarme, riguardo i virus, e riguardo ogni altra causa di grave pericolo. Questo è un primo passo necessario, ma sarà solo un primo passo.


Per avere informazioni in più, scientificamente fondate, suggerisco di seguire il sito “Scienza in rete”, in questi giorni ricco di articoli legati all’epidemia Covid-19. Il link è il seguente:


https://www.scienzainrete.it

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