domenica 29 novembre 2020

Next Generation Italia

 Si legge quest’oggi su Il Domani che la pubblica amministrazione italiana così com’è non è in grado di gestire i fondi europei che dovrebbero servire ad uscire dalla crisi e determinare lo sviluppo futuro. Un articolo a firma di Stefano Feltri propone una corposa assunzione di giovani (500 mila, riprendendo la proposta del Forum Diseguaglianze) per evitare di affidarsi a commissari straordinari e consulenti esterni, che finiscono per entrare in conflitto con gli statali che lavorano nei pubblici uffici, e che comunque sono preposti agli stessi compiti. Non è tema di poco conto. Su Repubblica di oggi e sullo stesso argomento si leggono invece gli scenari politici dietro la strutturazione della gestione del progetto europeo per la parte che ci riguarda, con annessa giostra dei nomi che entrerebbero nel Governo a vario titolo. Di quest’ultimo aspetto non se ne può più. E’ insostenibile il continuo ciarlare di questo o di quello, abbigliamento incluso, aspirazioni personali, arredi dell’ufficio. Il nostro Paese ha bisogno di persone che si occupino dei temi concreti e lo facciano con competenza; di ciò che succede dietro le quinte non c’è alcun interesse.

Il tema sollevato da Feltri è pregnante in un Paese moderno che spesso si lamenta della qualità della pubblica amministrazione e degli aspetti eccessivamente burocratici che lo appesantiscono. La via d’uscita è una sola: assunzioni su base di reali ed effettive competenze specifiche. La proposta mi sembra condivisibile, compreso l’aspetto pratico teso ad evitare, rinunciando alle liste d’attesa in forma di graduatorie, aspettative vane e gravose per lo Stato stesso. Se si vuole alleggerire lo si faccia dove è opportuno. 

Ma va posta in primo piano assoluto una qualità: la competenza specifica. Senza di essa, il nostro Paese semplicemente non sarà in grado di gestire i fondi che questa volta avrà a disposizione e che davvero sono in grado di fare la differenza nel suo sviluppo futuro. Una caratteristica che dovrà riguardare anche gli esponenti politici che se ne occuperanno, ad ogni livello. 

E comunque non sarà facile. Non si tratta di spendere parole ad un intervento, si tratta di fare scelte concrete. Prendiamo in considerazione la svolta green, di cui tutti parlano da qualche tempo: non è una costruzione banale, al contrario richiede competenze tecniche e scientifiche. Che sia per questo che il Governo rimane fermo sui bonus verdi? Le parole più volte dedicate non stanno producendo granché, occorre un intervento più incisivo. Figuriamoci il piano con cui dovremo rispondere alle aspettative europee. 

Il rischio è quello di avvitarsi: vogliamo rinnovare l’Italia, ma non abbiamo le strutture adatte per rinnovare l’Italia. Va fatto un salto di qualità, correndo il rischio connesso. Un impegno, un investimento iniziale, una visione lungimirante. In fondo, fu - quasi - un uomo da solo a determinare la linea di viluppo del nostro Paese nel dopoguerra, possiamo unirci a farlo insieme ora (mi riferisco ad Enrico Mattei). Mentre lo Stato torna nell’ex-ILVA e nell’acciaio, abbiamo l’opportunità di studiare una linea adeguata che sia complessiva e non parziale. Non è più tempo di scelte sconnesse e limitate, ora serve un’azione sinergica ben preparata.


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