mercoledì 3 novembre 2021

G20 di Roma: moderato ottimismo

 Se non ci è dato di predire il futuro, in questo caso in termini probabilistici possiamo prefigurare cosa sarà altamente probabile che accada sulla base dei dati e dei modelli climatici scientifici, e si tratta di scenari molto preoccupanti. Per evitare il peggio si deve agire ora, con tempi ridotti, in modo coerente e, come ha giustamente sottolineato il Presidente del Consiglio Mario Draghi, con un approccio multilaterale. 

Il G20 tenutosi a Roma alla fine di ottobre ha prodotto una dichiarazione di intenti e un confronto ai vertici che si possono considerare con moderato ottimismo. 

L’elenco degli impegni assunti è notevole nonostante manchino ancora posizioni nette su alcuni punti, ed il dialogo è a buon livello, a mio avviso, anche con i Paesi che non erano presenti, come Russia e Cina.

Il testo della Dichiarazione di Roma si trova all’indirizzo in calce, insieme ad una serie di informazioni sull’evento.

Riassumendo in breve i punti principali, e con particolare attenzione al tema ambientale, emerge innanzitutto l’impegno di tutti a rispettare l’Accordo di Parigi del 2015, indirizzando gli sforzi al mantenimento del limite di +1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali. Ricordo che già oggi siamo intorno a +1°C, il che significa che il margine è strettissimo. Questo è l’obiettivo-guida dei prossimi anni, e sarà cruciale attuarlo nel concreto.

A tale scopo, viene riconosciuta la rilevanza del raggiungimento della neutralità carbonica (emissioni globali nette nulle) per o intorno alla metà del secolo (“by or around mid-century”), la necessità di eliminare gradualmente e razionalizzare, a medio termine, i sussidi ai combustibili fossili inefficienti, la necessità di porre fine ai finanziamenti pubblici internazionali per la nuova produzione di energia dal carbone all'estero entro la fine del 2021, e il contributo del metano al riscaldamento globale. 

Evidentemente, viene lasciato ampio margine ai singoli Paesi per operare a seconda delle proprie caratteristiche, ma viene anche confermato l'impegno dei Paesi sviluppati di mettere in campo 100 miliardi di dollari all'anno dal 2020 al 2025 per sostenere la transizione energetica delle economie emergenti. La questione della data imprecisa “intorno alla metà del secolo” che molti hanno posto è reale, ma non insuperabile se gli altri impegni verranno soddisfatti. 

La questione della ripartizione dei ruoli fra Stati non è un dettaglio: è vero che i Paesi sviluppati, fra cui Europa e USA, hanno inquinato senza limiti fino ad ora, mentre Cina, India, per non parlare dell’Africa, subiscono le conseguenze del cambiamento climatico avendo contribuito pochissimo in passato, dunque spetta a chi ha tratto maggiori benefici dare un contributo, che vada assolutamente a buon fine, a chi non è stato della partita. Per dare un’idea, Cina e India sono tra i massimi inquinatori in termini assoluti, ma si trovano alla 15° e alla 24° posizione in classifica pro capite, che invece è guidata da Stati Uniti e Australia (trascurando gli Stati piccolissimi). La differenza oggi importante consiste nel fatto che mentre noi stiamo calando le emissioni (USA compresi), loro le stanno aumentando. L’andamento nel corso del tempo diventa centrale nell’analisi: possono i Paesi che non lo hanno fatto finora, realizzare adesso uno sviluppo analogo al nostro? Dal punto di vista scientifico la risposta è no. La Terra ed i suoi sistemi naturali non sopporterebbero un simile percorso. Qui sta il nodo politico principale: fare in modo che si passi alle tecnologie sostenibili direttamente, ora, tutti quanti. 

Il progetto di rigenerazione degli ecosistemi, e l’obiettivo di arrestare al deforestazione  al 2030 affermato alla Cop 26 in corso a Glasgow, costituiscono un contributo fondamentale al raggiungimento di tutti gli obiettivi previsti, incluso quello di prevenire future pandemie simili a quella Covid-19, riguardo il quale la Dichiarazione di Roma prevede di vaccinare il 70% della popolazione mondiale per la metà dell’anno prossimo. 


Dunque, si può dire che il bicchiere è mezzo pieno: una buona cosa se si pensa da dove veniamo (vent’anni fa a parlare di questi temi c’eravamo solo noi ambientalisti e il Principe Carlo), un problema con numerose lacune se si pensa a dove dobbiamo arrivare (azzerare le emissioni).

Sul piano politico l’incontro è stato positivo nel suo complesso e per l’Italia. Funziona il soft power di Roma? Giurerei di sì, guardando le facce mentre salivano lo scalone del Quirinale. Mario Draghi ha ottenuto un buon successo; c’è molto da fare, sarebbe bene andare avanti con il governo in carica e non interrompere ora qualcosa che sta funzionando per il bene del nostro Paese.


Il sito del G20:


https://www.g20.org/it/il-vertice-di-roma.html



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